Tommaso Buscetta è stato il primo boss mafioso ad aver collaborato con la giustizia italiana. Ecco chi è, cosa ha fatto e il suo ruolo nel maxiprocesso.
Da “boss dei due mondi” a collaboratore di giustizia. Tommaso Buscetta, gregario, killer e boss mafioso, è stato uno dei criminali più efferati di Cosa Nostra, noto per aver costruito un vero e proprio impero della droga tra Europa e Sud America e per essere stato uno dei primi mafiosi a parlare, infrangendo il muro di silenzio e omertà che da sempre avvolge la mafia siciliana.
La scelta presa da Buscetta di incontrare il giudice Giovanni Falcone e di collaborare con la giustizia italiana è stata di portata epocale, una decisione che ha segnato profondamente alcune pagine della storia italiana. Per la prima volta, grazie alle confessioni e rivelazioni dell’ex boss di mafia, fu possibile per i magistrati italiani ricostruire e comprendere a fondo l’organizzazione e la struttura della criminalità siciliana. A Buscetta è stato dedicato il film Il Traditore di Marco Bellocchio - in onda in prima serata il 25 maggio su Rai 1 - interpretato magistralmente da Pierfrancesco Favino.
Buscetta ricoprì quindi un ruolo chiave all’interno del maxiprocesso e fu anche il primo mafioso a parlare dei rapporti tra Stato e mafia. Per tale motivo è opportuno approfondire chi è e cosa ha fatto Tommaso Buscetta. Ecco tutto quello che c’è da sapere.
Chi era Tommaso Buscetta: da mafioso a collaboratore di giustizia
Nato a Palermo nel 1928 da famiglia povera, Tommaso Buscetta, ultimo di 17 figli, iniziò ben presto la sua attività criminale con piccoli furti e con la falsificazione delle tessere del razionamento della farina in epoca fascista, che gli valse l’appellativo di don Masino.
Nel 1945, ormai diciassettenne, Buscetta si affilia alla cosca di Porta Nuova e nel 1949 si trasferì in Argentina e poi in Brasile, dove aprì una vetreria; ma a causa degli scarsi risultati economici, don Masino ritornò a Palermo nel 1956, associandosi ai mafiosi Angelo La Barbera, Salvatore Greco e Gaetano Badalamenti, con il quale si occupò del traffico di stupefacenti.
Negli anni ’60, durante la prima guerra di mafia, Buscetta si schierò dalla parte di Greco, ed è insieme a lui che nel ’70 partecipò agli incontri per riorganizzare la Commissione, struttura organizzativa di Cosa Nostra, e il tentato golpe Borghese.
Buscetta, mai pentitosi di aver fatto parte della cupola mafiosa, pagò caro l’essere affiliato alle famiglie Badalamenti, Bontate e Inzerillo, durante la seconda guerra mafiosa (’81-’84) contro Totò Riina, il quale ne ordinò l’eliminazione. Trovandosi in Brasile, Buscetta dovette assistere impotente alle vendette trasversali dei corleonesi: l’omicidio dei suoi due figli, del fratello e di altri otto parenti.
È in questo periodo che Buscetta fu arrestato dalla polizia brasiliana, alla quale seguì l’invito di Giovanni Falcone a collaborare con la giustizia. Al suo rifiuto, seguì poi l’estradizione in Italia e il tentato suicidio dell’ex boss mafioso. Una volta giunto in Italia, il magistrato Falcone riuscì a convincere Buscetta a collaborare.
Perché Tommaso Buscetta tradì Cosa Nostra e collaborò con la giustizia?
Buscetta ha sempre rifiutato la definizione di “pentito”, piuttosto dichiarò di non condividere le azioni e la nuova identità di Cosa Nostra, ormai degenerata.
Secondo l’ex boss mafioso Cosa Nostra non avrebbe mai ammesso alcuna violenza su donne e bambini, mentre la nuova cupola mafiosa accettava e autorizzava lo sterminio delle famiglie rivali, senza limiti di età e di sesso, come aveva autorizzato l’uccisione di due suoi figli e del fratello.
Cosa ha fatto Tommaso Buscetta: ruolo nel maxiprocesso
Come spiegò poi Falcone, è stato solo grazie alle dichiarazioni di Buscetta, che sono state portate alla luce le strutture gerarchiche, il codice d’onore e il vocabolario di Cosa Nostra. L’unico tema su cui Buscetta tacque furono i legami tra Stato e mafia, perché riteneva lo Stato «non ancora pronto» per notizie di tale portata.
È così che, sulla base delle dichiarazioni di Buscetta, nel 1984 scattò la maxiretata conosciuta come “operazione San Michele” con 366 mandati di arresto eseguiti e un centinaio di comunicazioni giudiziarie (una delle quali raggiunse l’ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino). Nel 1986, Buscetta fu quindi testimone chiave al maxiprocesso di Palermo, fu messo sotto protezione e trasferito a New York sotto falso nome, dove rimase fino alla sua morte a causa di un tumore nel 2000.
Tommaso Buscetta: le accuse allo Stato e ad Andreotti
Fu solo dopo gli attentati a Falcone e Borsellino nel 1992, che Buscetta rivelò i legami tra Cosa Nostra e Democrazia Cristiana, accusando Salvo Lima, ucciso pochi mesi prima della strage di Capaci, e Giulio Andreotti di essere i principali referenti politici dell’organizzazione.
Per tale motivo, Buscetta fu anche uno dei principali testimoni dei processi a carico di Andreotti per associazione mafiosa, che si concluderà dopo l’accertamento della connivenza del politico con la mafia per i fatti anteriori al 1980, ormai caduti in prescrizione.
Ecco, quindi, chi è stato e cosa ha fatto Tommaso Buscetta. Tutt’oggi il suo contributo viene considerato fondamentale per aver dato via al processo che indebolì fortemente Cosa Nostra.
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