Il trading è un’attività rischiosa ma facilmente paragonabile ad ogni altra professione. Vediamo insieme se possiamo definirlo “lavoro”
Il trading è un’attività rischiosa e vista in modo molto “ludica” dalla maggior parte delle persone, le quali affermano che i mercati sono imprevedibili e che essere profittevoli nel trading è praticamente impossibile. Questa convinzione abbastanza approssimativa, è dovuta principalmente a un bias cognitivo dovuto alla malsana idea che il trading sia una sorta di “casino” o paragonabile alle scommesse che si fanno su eventi sportivi, ma non c’è nulla di più sbagliato. Come dimostreremo nell’articolo, il trading è un’attività che se fatta in modo professionale può portare a ottimi risultati, così come avviene in altre professioni.
Trading come “scommessa”?
In moltissimi accostano il trading al gioco d’azzardo, come se si stesse giocando alla roulette in un casino, ma non c’è nulla di più sbagliato e squalificante che accostare una professione riconosciuta a un “gioco” o a qualcosa addirittura paragonabile a un’attività che può addirittura condurre alla ludopatia vera e propria. Effettivamente, se andiamo a vedere alcuni casi, il trading può portare a una sorta di intossicazione dovuta al fatto di voler “battere il mercato”, ma a cosa è dovuto tutto ciò?
Analizzando come i media parlano di mercati e come alcuni film abbiano fatto intendere questo mondo, quello degli investimenti, come un continuo assumersi rischi assurdi per ottenere grandi guadagni, possiamo tranquillamente affermare che il trading sia un continuo correre continuamente lungo il bordo di un precipizio. Il messaggio è “tanti soldi, molto rischio e tanta adrenalina”. Una vera e propria favola da raccontare al nostro bambino interiore che alla parola “soldi” e alla parola “rischio” si illumina e tira fuori il suo peggio assumendo comportamenti che risultano palesemente irrazionali.
Il primo di tutti è quello dovuto al fatto che, presi da una voglia di fare cose grandi, alla prima notizia su una azienda (vedi fusioni, acquisizioni e così via) si vuole investire una somma ingente del proprio capitale per “scommettere” sul rialzo del titolo di quell’azienda. Magari, chi assume questo atteggiamento, è proprio colui che per comprare la sua nuova Tv o un nuovo elettrodomestico, spende ore e ore a cercare il prezzo più basso per risparmiare qualche euro. In sostanza, un comportamento del tutto irrazionale, fuori dallo standard e pertanto riconducibile più all’emozionalità. Non sono pochi coloro che assumono queste decisioni e, il caso vuole, sono proprio queste persone che diranno che “il trading è una scommessa”, oppure “i mercati sono un grande centro scommesse”. Diciamo che chi fa la predica non è proprio nella condizione di farla.
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Trading come professione?
Non serve molta teoria o esplicare concetti contorti per spiegare che il trading è una vera e propria professione. Basta scrivere la parola “trader” in un portale di lavoro finanziario su base internazionale per trovare migliaia di posti di lavoro riguardanti il trading. Dal sales trader al quant trader fino all’algo trader per poi passare alle diverse differenziazioni per comparti, equity, derivatives, forex, options ecc.
Tutti questi posti di lavoro sono solitamente offerti da grandi banche d’affari, recruiter di alto profilo internazionale o piccoli fondi di investimento e società di prop trading in crescita. In sostanza, se usciamo fuori dalla “piazza” dove si parla tanto e si fa poco, possiamo notare, senza grandi sforzi, come il trading sia un lavoro ben pagato e dove la formazione richiesta per questi ruoli ha un livello elevatissimo. Solitamente si richiedono capacità di linguaggi di programmazione, forti abilità di problem solving, abilità matematiche e allo stesso tempo relazionali (soprattutto per i sales trader).
In sostanza, il trading è un lavoro vero e proprio che richiede molta professionalità e la cui paga è proporzionata, oltre alle capacità di generare profitto (che costituisce il bonus per il trader), anche alla preparazione pratica e accademica. Solo questo aspetto dovrebbe farci riflettere su come viene concepito il mondo del trading all’interno di contesti dove persone di quel livello professionale sono totalmente assenti per ovvi motivi.
La preparazione e la formazione in questo lavoro sono essenziali e ogni tipo di preparazione è specifica per un ruolo di trading in particolare. Chi ha ottime abilità nei linguaggi di programmazione di tipo matematico è sicuramente portato a svolgere attività di quant, algo o hft trader. Chi ha doti relazionali più spiccate, unite a una formazione econometrica o statistica importante è più portato per il sales trading o il prop trading. Chi possiede queste competenze, oltre a lavorare per grandi banche d’affari, può lavorare per fondi di investimento e società di trading, oppure mettersi in proprio e fondare il proprio business.
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In conclusione: la gestione del rischio
Nel trading e sui mercati in generale, il professionista si differenzia dal novizio dalla sola componente della gestione del rischio delle proprie posizioni. Il professionista sa rischiare, sa quando deve rischiare e quanto rischiare in base alla situazione di mercato che ha davanti.
Il novizio non ha l’esperienza e la competenza necessaria per affrontare i mercati e pertanto dovrà affrontare una lunga fase di sperimentazione dove, chi veramente vuole imparare riesce a entrare nell’ottica del miglioramento della gestione del rischio, mentre chi vuole “tanti soldi, subito e con tante emozioni” è destinato al fallimento in quanto il suo mindset di base è incentrato su qualcosa che non di certo è legato allo svolgere con successo quella determinata professione.
Il tutto e subito non esiste, nemmeno nel mondo del trading dove si possono veramente avere enormi risultati, ma al prezzo di una disciplina e di una mentalità di base fuori dal comune schema sociale che vede l’impazienza e la velocità come unico motore motivazionale in ambito professionale. La pazienza, in questo lavoro, così come in tutte le professioni di stampo indipendente, richiede tempo e pazienza, pertanto evitiamo di definire il trading come un «non lavoro» o un passatempo.
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