Una manovra di austerità. Colpa dei bilanci restrittivi voluti dalle nuove regole fiscali europee.
Come ogni anno, entro la fine di ottobre il governo presenta la legge di bilancio.
Quest’anno però si tratta della prima legge di bilancio con le nuove regole fiscali europee, quelle partorite durante il covid con tutti i problemi del momento e che in principio dovevano rivedere le assurdità dell’austerità del passato. Nella realtà dei fatti, queste regole fiscali stanno costringendo non solo il nostro Paese ma anche altri, penso ad esempio alla manovra lacrime e sangue della Francia, a bilanci restrittivi.
Un dato che si può leggere nella spesa pubblica, che appunto, secondo le regole europee diventa il benchmark da tenere in considerazione, in calo di oltre il 2,5% tra il 2024 ed il 2025.
A farne le spese saranno in generale un po’ tutti i ministeri ma in particolare gli enti pubblici locali, comuni, province e regioni per un totale di oltre 4 miliardi nei prossimi tre anni. Solo per il prossimo anno, si stima un impatto di 570 milioni, di cui 140 a carico di Comuni e Province. E poi ci chiediamo puntualmente, ad ogni alluvione, perché i comuni non riescano a fare manutenzione.
Inoltre, nel campo delle assunzioni le pubbliche amministrazioni potranno sostituire, nel 2025, solo il 75% del personale che andrà in pensione nel 2024.
Ma i tagli riguardano anche altri ministeri, al ministero dell’Economia e a quello delle Imprese e Made in Italy spettano infatti riduzioni di spesa da 3,3 miliardi.
Per non parlare della riduzione dei bonus edilizi: i crediti d’imposta per ristrutturare la seconda casa scendono l’anno prossimo dal 50% della spesa al 36%. Sempre in tema detrazioni un’altra questione clamorosa riguarda un nuovo tetto alle detrazioni fiscali di ogni genere. Il tetto varia in base al reddito ed alla numerosità del nucleo familiare, ma per dare un esempio per un nucleo senza figli e 75 mila euro di reddito il tetto massimo agli sconti fiscali sarà di appena 7 mila euro.
Dunque, se da un lato abbiamo questi grossi tagli di spesa: solo il tetto agli sconti fiscali vale circa 1 miliardo di euro. Dall’altro vi sono invece degli aumenti di tassazione che per lo stato generano entrate ridicole ma rischiano di colpire duramente alcuni settori. Per esempio, l’estensione della “digital tax” anche alle piccole e medie imprese digitali per raccogliere 51 milioni di gettito o lo stratosferico aumento del capital gain su tutte le criptovalute dal 26 al 42% per recuperare solo 16 milioni.
A fronte di tutte queste note dolenti possiamo commentare anche le poche cose positive: l’aumento di circa 3 euro al mese per le pensioni minime, oppure l’aumento del bonus nido per gli ISEE sotto i 40 mila euro, e sempre per chi è sotto questa soglia di reddito il bonus di 1000 euro per i nuovi nati. O ancora, la conferma della (piccola) riduzione del cuneo fiscale per i lavoratori.
Infine, da segnalare come la solita finta lotta alla burocrazia sbandierata in campagna elettorale si tramuti in legge di bilancio nel suo esatto opposto.
Un bell’esempio a questo proposito riguarda l’articolo 122 il quale stabilisce che qualsiasi società, ente, organismo o fondazione che riceva, anche in modo indiretto e sotto qualsiasi forma, un contributo di almeno 100.000 euro annui sarà obbligato a integrare nei collegi sindacali o di revisione un rappresentante del Ministero dell’economia e delle finanze.
Una follia non solo inattuabile, dato che un limite del genere, esteso a ogni tipo di contributo, ricomprende quasi tutte le imprese dotate di un collegio di revisori. Un controllo, tutt’altro che liberale, forse sovietico delle imprese a cui verrebbe di fatto imposto da Roma un membro dell’organismo societario di controllo. Fortunatamente a questi deliri il parlamento potrebbe ancora porre rimedio.
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