Le università italiane rischiano la crisi, soprattutto al Sud. Ecco perché

Teresa Maddonni

22/06/2020

Le università italiane rischiano una crisi come quella di dodici anni fa soprattutto al Sud. Un’indagine Svimez ipotizza 10.000 iscrizioni in meno quest’anno, ma fa anche proposte di intervento.

Le università italiane rischiano la crisi, soprattutto al Sud. Ecco perché

Università: quelle italiane, soprattutto al Sud, rischiano una grave crisi specie al Sud del Paese.

Una crisi che si traduce in perdita di almeno 10.000 nuove immatricolazioni secondo quanto emerge dall’ultima indagine Svimez (Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno) come effetto dell’emergenza COVID-19.

Già dodici anni fa le università italiane hanno vissuto la crisi in periodo di crisi economica, e non si tratta di un gioco di parole, ma di una realtà drammatica per gli atenei del Mezzogiorno che non si sono totalmente ripresi da quell’ondata a differenza del Nord.

L’epidemia di COVID-19, secondo l’indagine, potrebbe portare ad un calo di 10mila iscritti nelle università italiane di cui due terzi proprio al Sud.

Le università Italiane in crisi al Sud secondo Svimez

Per le università italiane si avvicina la crisi nera; secondo l’indagine Svimez le iscrizioni a causa dell’emergenza COVID-19 saranno 10.000 in meno, di cui due terzi al Sud.

Previsioni valutata anche sulla base di una precedente crisi delle università italiane quella del 2008-2009. Attraverso una nota di Luca Bianchi e Gaetano Vecchione, Svimez evidenzia come la crisi economica di dodici anni fa si è trascinata fino al 2013 e ha determinato un impoverimento delle famiglie italiane con il conseguente crollo delle iscrizioni all’Università, soprattutto al Sud.

Tra il 2008 e il 2013 il tasso di passaggio Scuola-Università nel Mezzogiorno è crollato di 8,3 punti percentuali, quattro volte la diminuzione del Centro-Nord (1,6 punti).

In cinque anni al Sud gli iscritti in meno all’università sono stati 10.000, lo stesso al Nord, ma mentre qui si è tornati ai valori precrisi il Meridione ancora arranca, con un recupero parziale.

Quest’anno si stimano 292.000 diplomati al Centro Nord e circa 197.000 al Sud. Analizzando la situazione attuale della crisi COVID-19 con la precedente si stimano 10.000 iscritti in meno. Si legge nella nota Svimez:

“La precedente crisi ha evidenziato una elevata elasticità di tale tasso all’indebolimento dei redditi delle famiglie soprattutto nel Mezzogiorno. Alla luce di ciò si stima una riduzione del tasso di proseguimento di 3,6 punti nel Mezzogiorno e di 1,5 nel Centro-Nord.”

Già penalizzate, le università del Sud rischiano ancora una volta di restare indietro. Ma Bianchi e Vecchione forniscono anche delle proposte di intervento.

Università verso la crisi: come intervenire

Se le università si dirigono verso una crisi degli iscritti ci sono tuttavia delle possibilità di intervento per evitare che la situazione precipiti. Nel report di Vecchione e Bianchi di Svimez ci sono anche delle proposte per evitare il peggio in particolare nel Mezzogiorno e che riportiamo, come da nota, qui di seguito. Tra le proposte per le università troviamo:

  1. rendere sistematica la proposta di estendere la no tax area da 13.000 a 20.000 euro in tutto il Paese, con innalzamento a 30.000.;
  2. prevedere una borsa di studio statale che copra l’intera retta 2020 nelle università pubbliche, vincolata al raggiungimento degli obiettivi previsti dal piano di studi nel primo anno di corso;
  3. considerare l’Università come fondamentale infrastruttura pubblica dello sviluppo destinando risorse specifiche del piano europeo Next Generation per rafforzare il diritto allo studio nelle regioni a più basso livello di reddito così da evitare che la crisi anche questa volta finisca per aumentare le diseguaglianze;
  4. valorizzare le infrastrutture della ricerca, sostenendo le esperienze positive esistenti nel Mezzogiorno attraverso il rafforzamento di 4-5 poli di formazione, ricerca e innovazione che possano diventare attrattori di capitale umano qualificato e imprese innovative;
  5. garantire un investimento sulle infrastrutture digitali che colmi il divario esistenti tra atenei del Nord e atenei del Sud;
  6. definire un piano organico di interventi per l’Università che coinvolga anche altri livelli istituzionali. Regioni o altri ministeri possono prevedere ulteriori misure a sostegno dei giovani che intendono intraprendere la carriera universitaria anche in termini di servizi agli studenti, trasporti pubblici, diritto allo studio. La Campania, la Sicilia, la Puglia hanno già dato ottimi segnali in questo senso.

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