USA e coronavirus: cosa ha mostrato (davvero) al mondo la potenza americana?

Violetta Silvestri

28/05/2020

Negli Stati Uniti il coronavirus ha raggiunto numeri da record. La potenza mondiale è stata sotto i riflettori più che mai in questo tempo dominato dalla pandemia. Ma cosa hanno svelato davvero gli USA sul loro sistema-nazione?

USA e coronavirus: cosa ha mostrato (davvero) al mondo la potenza americana?

Il coronavirus sta mettendo a nudo punti di forza e fragilità di ogni singola nazione e Governo.

Anche la potenza mondiale numero uno, gli Stati Uniti, ha mostrato diversi volti della sua società. L’impatto della pandemia, infatti, ha messo a nudo più che mai la struttura politica, culturale, sociale della tanto ammirata e ricca nazione.

Sebbene non sia ancora maturo il tempo del bilancio sulla gestione del virus da parte del’amministrazione Trump, sono comunque emerse alcune caratteristiche - non proprio esaltanti - degli Stati Uniti. Un’analisi de The Guardian le ha messe in evidenza.

USA: se il disastro coronavirus è razziale

Il coronavirus dovrebbe essere, sulla carta, un’infezione all’insegna dell’uguaglianza: colpisce chiunque, senza distinzioni di razza.

Eppure, le differenze ci sono state, e molto evidenti anche negli Stati Uniti.

Ora che la nazione ha superato le 100.000 vittime, è diventato chiaro che la pandemia equivale a un disastro razziale di proporzioni sbalorditive. I dati raccolti da APM Research Lab da 40 Stati hanno mostrato che gli afroamericani vengono uccisi dall’epidemia quasi tre volte di più rispetto ai bianchi.

Nel Kansas, i neri hanno sette volte più probabilità di morire di virus rispetto agli statunitensi bianchi. Nel Missouri, Wisconsin e Washington DC il rapporto è sei volte.

Tali distorsioni molto visibili anche a New York City, considerato quasi un laboratorio sulla virulenta disuguaglianza razziale USA.

I dati rilasciati hanno mostrato che quando i codici postali della città sono classificati in base al più alto tasso di mortalità, otto dei primi 10 hanno la maggioranza delle popolazioni nere o latine. Nessuno dei 10 è nella ricca Manhattan, in gran parte bianca.

Come spiegare questo impatto? L’amministrazione Trump ha affermato che l’alto tasso di mortalità degli americani neri è dovuto al fatto che erano già “insalubri”. Ma proprio questo motivo andrebbe approfondito, perché spesso la trascuratezza delle malattie è dovuta alla povertà endemica di questa parte di popolazione, afflitta da una sanità inesistente.

Decenni di segregazione, alloggi decrepiti, disoccupazione, brutalità della polizia, ospedali poveri, mancanza di assicurazione sanitaria, scuole in rovina hanno segnato il destino di molti cittadini neri negli USA da decenni.

Lo stesso vale per la discriminazione nell’accesso ai test e alle cure per il virus, che ha aumentato le possibilità che i neri si contagino e poi muoiano per la malattia.

Come ha suggerito un filosofo dell’università di Harvard, Cornel West: “Il virus incontra strutture e istituzioni profondamente razziste”.

Un quadro desolante per gli Stati Uniti.

Coronavirus: negli USA è la malattia dei poveri?

Il coronavirus in America è una malattia dei poveri. Questa è l’opinione del Rev. William Barber, co-presidente della Campagna dei poveri.

La disuguaglianza sociale è una piaga negli USA, a prescindere dalla pandemia. 41 milioni di persone vivono ufficialmente in povertà. La teoria di Barber è che i miliardari hanno guadagnato quasi 500 milioni di dollari in questo periodo di blocco, mentre i “lavoratori essenziali” non hanno nemmeno ricevuto cure sanitarie garantite, un salario di sussistenza o un approvvigionamento idrico sufficiente.

In più, molti indigenti sono stati costretti a lavorare per sussistenza, piuttosto che restare a casa in protezione.

I dati sulla reale mortalità tra gli americani a basso reddito sia conosciuta non sono ancora ufficiali, ma è chiaro che le contee più povere sono state colpite duramente.

Ciò è evidente negli Stati del Sud come la Louisiana e l’Alabama, dove le persone a basso reddito stanno morendo in proporzioni elevate a causa di una combinazione di mancanza di assicurazione sanitaria, chiusure ospedaliere e politiche perseguite dai governatori che hanno esposto i cittadini vulnerabili al pericolo.

Il coronavirus ha reso di nuovo visibile una vecchia storia negli USA, secondo l’analisi di The Guardian, come attestano le code infinite alle mense per i poveri.

La disinformazione ai tempi del virus: USA nel mirino

Dall’inizio della crisi, il presidente USA ha mostrato un certo disprezzo per i fatti. Il 27 febbraio, il giorno in cui il Paese ha registrato la prima vittima di coronavirus, ha predetto che l’infezione sarebbe sparita con un miracolo.

Ha continuato a diffondere affermazioni infondate secondo cui il coronavirus è iniziato in un laboratorio cinese. Ha anche promosso trattamenti non testati e potenzialmente pericolosi per la vita, tra cui disinfettante e idrossiclorochina, farmaco anti-malaria, che ha rivelato di prendere. La cura, intanto, è stata ritirata a libello mondiale perché non accertata.

Con l’esempio di Trump, la disinformazione si è diffusa in modo ampio, inaspettato e pericoloso tra la gente statunitense. Nelle ultime sei settimane, per esempio, c’è stata un’esplosione di teorie della cospirazione sui social media riguardo lo scoppio dell’epidemia.

Una serie sconcertante di notizie infondate ha inondato gli USA, generando ancora più incertezza e allarmismo.

Sono queste alcune facce dell’America ai tempi del coronavirus. Una crisi senza precedenti, questa della pandemia, che sta facendo scoprire i lati oscuri di ogni nazione, anche la più potente del mondo.

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