Vaccino spray Covid: funziona davvero?

Chiara Esposito

11/09/2022

Al via i trial clinici per il vaccino spray. Come viene valutata l’efficacia dell’immunizzazione per via nasale e perché è così complesso fare passi avanti.

Vaccino spray Covid: funziona davvero?

Continua la sperimentazione per i sieri anti-Covid e si parla con crescente interesse dei cosiddetti vaccini spray. L’ambizione di questi tipi di vaccini sarebbe quella di bloccare l’infezione direttamente dal canale di ingresso del virus; la cavità orale e quella nasale.

Queste formulazioni spray soluzioni intranasali e orali in alcuni casi hanno portato allo sviluppo di veri e propri prodotti, come nel caso di Cina e India. Le proposte avanzate da queste nuove frontiere dell’immunizzazione però fanno registrare tanto fermento da parte della comunità scientifica internazionale quanto un generale senso di perplessità sulla loro efficacia.

A sollevare dubbi di rilievo è anche la rivista Nature. In un lungo articolo a riguardo gli esperti della testata si chiedono infatti se questo innovativo strumento possa davvero rappresentare la svolta nella lotta alla pandemia o, contrariamente, deludere le aspettative con risultati troppo blandi.

Prima di tirare le somme però capiamo come funzionano e quali sono le difficoltà che gli scienziati incontrano eseguendo test sull’uomo.

Perché un vaccino spray?

Lo sviluppo di soluzioni alternative al vaccino che comunemente conosciamo è dovuto alla volontà di raggiungere l’immunità sterilizzante. Con questo termine si intende un grado di copertura che non solo protegge da casi gravi e ricoveri, come stanno già facendo i sieri attualmente in uso, ma anche dall’infezione. In poche parole potremmo dire che (idealmente) scongiurerebbero la possibilità di trasmettere il virus ad altre persone,

Le soluzioni orali e nasali sono peraltro già state adottate in altri contesti di cura: sono almeno nove quelli approvati per uso umano contro diverse malattie. Per via aerea, ad esempio, si somministra quello antinfluenzale come nel caso dello spray Flu Mist, un vaccino intranasale con virus vivo attenuato utilizzato anche in Italia e piuttosto efficace per curare il malanno nei bambini.

L’assunzione per via orale invece è prevista nei casi di trattamento preventivo per la poliomielite per indurre l’immunità nell’intestino. In quest’ultimo caso sono stati certificati ottimi risultati e un buon livello di immunità sterilizzante.

A che punto siamo con i test sull’uomo

Sul fronte Covid invece si registrano una ventina di prodotti in esame, di cui quattro hanno completato la fase 3 di sperimentazione.

Stiamo parlando quindi di studi ancora in corso dobbiamo citare come i primi report ci arrivino da laboratori attivi in India e in Cina. Le tecniche messe in campo per potenziare la vaccinazione senza aghi in questi Paesi però sono differenti tra loro: entrambi i sieri sono somministrati per via inalatoria, ma il primo attraverso il naso e il secondo per via orale.

Secondo i resoconti fino a ora disponibili, il vaccino indiano sviluppato da Bharat Biontech è utilizzabile anche da chi non è mai stato vaccinato mentre il prodotto cinese, promosso da CanSino Biologics, deve essere somministrato via bocca tramite aerosol, ma solo come dose di richiamo.

Il focus dell’indagine di Nature è però verificare l’efficacia di questi trattamenti. Il problema? Non abbiamo una risposta chiara a riguardo.

Nel caso di Bharat Biontech sono stati condotti ben due studi clinici su 3.100 persone non vaccinate e su 875 volontari che avevano già ricevuto una doppia dose di vaccino, ma l’azienda farmaceutica non ha ancora rilasciato dati sul prodotto. Si sa solo che viene utilizzato come vettore un adenovirus di scimmia (come nel caso di AstraZeneca).

I risultati della soluzione orale cinese di CanSino invece avevano trovato spazio su Lancet Respiratory Medicine. Nell’articolo in questione si dimostrava come il prodotto via aerosol, somministrato al posto della terza dose, sviluppasse molti più anticorpi di una comune terza dose iniettabile. Dobbiamo sottolineare tuttavia che il parametro di riferimento usato all’epoca era proprio il siero della stessa CanSino, notoriamente d’efficacia modesta. Altro dato che rende meno attendibile l’esito dello studio è il suo «scarso» aggiornamento; il lavoro pubblicato relazionava studi condotti durante la circolazione della solo variante Delta, senza quindi un confronto con la potenza di Omicron.

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