3 motivi per cui l’arrivo di una recessione in Italia è ormai certo

Raphael Raduzzi

03/03/2023

Tra inflazione, tassi d’interesse sempre più altri e politiche fiscali restrittive gli stati dell’Eurozona rischiano seriamente di finire in recessione entro pochi mesi.

3 motivi per cui l’arrivo di una recessione in Italia è ormai certo

La scorsa settimana si è chiusa con una brusca frenata per l’economia tedesca: il PIL è diminuito su base trimestrale dello 0,4% battendo al ribasso la previsione degli analisti che temevano un calo dello 0,2%. Questa settimana si chiude invece con un report dettagliato dell’agenzia di rating Fitch, secondo cui non solo la Germania ma anche l’Italia entro la fine del 2023 andranno in recessione.

Negli ultimi mesi l’economia del nostro Paese e dell’intera Eurozona si è dimostrata molto più resiliente di quanto non ci si aspettasse, superando l’inverno senza particolari contraccolpi grazie al combinato disposto di un calo inaspettato dei prezzi dell’energia e di una spesa pubblica post-pandemia ancora piuttosto sostenuta. E così il 2022 è stato archiviato con una crescita del 3,7%, la disoccupazione è diminuita sensibilmente e nei primi mesi dell’anno la Borsa Italiana si è pure dimostrata la migliore d’Europa. Ma a quanto pare questo trend si sta invertendo.

Perché una recessione in Italia nel 2023 è ormai certa

Quelli citati sono solo i primi segnali di una recessione che sicuramente colpirà l’Italia e l’Europa, per almeno tre motivi.

1) L’inflazione

Il primo riguarda l’inflazione: in Italia, seppur in calo, l’inflazione rimane ancora sopra il 9% con l’inflazione di fondo (cioè l’inflazione al netto dei beni energetici ed alimentari) che invece continua a salire ed è ormai al 6,4%. In altri Paesi europei invece, la situazione è addirittura peggiore. In Francia e Spagna l’inflazione a febbraio è aumentata rispetto a gennaio, in Germania è rimasta stabile. Ciò vuol dire che anche il 2023 sarà caratterizzato da un’alta inflazione che ha già iniziato a far frenare i consumi delle famiglie. Infatti, l’ultimo dato disponibile, quello di dicembre, sulle vendite al dettaglio nell’Eurozona ci riporta un calo annuale del 2,8%: un dato che, ad esclusione delle chiusure per i lockdown, possiamo riscontrare solo nelle gravissime recessioni del 2008 e del 2011.

2) I tassi di interesse BCE

Ad accelerare la dinamica appena descritta vi sono le scelte della Banca Centrale Europea, che, proprio per combattere un’inflazione più resistente del previsto, secondo molti analisti, alzerà i tassi d’interesse oltre il 4%. Questo vuol dire mutui, finanziamenti e prestiti sempre più cari per famiglie ed imprese. Ed anche qui, un dato su tutti rende evidente come nei prossimi mesi assisteremo ad un’ulteriore contrazione dei consumi e degli investimenti: i debiti delle famiglie europee valgono in media più del 100% del reddito disponibile.

Debiti delle famiglie in relazione al reddito disponibile Debiti delle famiglie in relazione al reddito disponibile I debiti delle famiglie europee superano in media il loro reddito disponibile

3) La politica fiscale

Infine, la politica fiscale dei governi, complice il rientro in pompa magna del patto di stabilità e crescita per il prossimo anno, ha dismesso la sua caratteristica espansiva degli anni della pandemia a favore di politiche sempre più restrittive. E così anche in Italia nel 2023 il ricorso al deficit è stato timido, misurando gli adeguamenti degli stipendi nella PA, rivedendo al ribasso le rivalutazioni delle pensioni e lasciando aumentare le accise su diesel e benzina. Ci mancava solo la ciliegina sulla torta del blocco della cessione dei crediti d’imposta e, di fatto, del superebonus, che avevano fatto registrare al settore delle costruzioni degli aumenti record in termini di valore aggiunto sul Pil: +20,7% nel 2021 e +10,2% nel 2022. Ora anche questo settore subirà il contraccolpo.

Quindi senza prendere in considerazione i rischi di una nuova fiammata dei prezzi energetici dato da una guerra in Ucraina che non sembra aver fine, le prospettive economiche non sembrano per nulla promettenti. Chissà se l’Eurozona potrà permettersi l’ennesima recessione senza subire un contraccolpo politico o se i vari governi prenderanno contezza di dove spira il vento.

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