Verbali Bce: cosa hanno svelato le minute sulla decisione di tagliare i tassi nella riunione di ottobre?
La pubblicazione dei verbali Bce relativi alla riunione dello scorso 17 ottobre ha riacceso i riflettori sulle dinamiche economiche e monetarie dell’Eurozona.
Le minute hanno innanzitutto chiarito che la decisione di abbassare il costo del denaro è stata unanime: “tutti i membri hanno sostenuto la proposta del signor Lane di ridurre il grado di restrizione della politica monetaria attraverso un terzo taglio dei tassi di 25 punti base”, si legge nei verbali.
Nella discussione tra i funzionari, comunque, non sono mancate opinioni più scettiche nei confronti di un approccio accomodante così continuativo. Le minute, infatti, hanno svelato che alcuni membri “avrebbero preferito accumulare più informazioni e attendere fino a dicembre, quando fosse disponibile una valutazione completa delle prospettive di medio termine per l’inflazione.”
Alla fine, comunque, tutti hanno votato a favore della sforbiciata ai tassi, valutando la scelta come la meno rischiosa anche in attesa dei prossimi sviluppi macroeconomici e di eventi globali pieni di incertezza.
Cosa hanno svelato le minute Bce sui rischi che corre l’Eurozona
Mentre si inizia a discutere della prossima decisione di dicembre, con la nuova variabile “dazi di Trump” che potrebbe innescare dubbi sulla traiettoria dei prezzi e della crescita in Eurozona, i verbali Bce hanno confermato almeno due tendenze: prezzi in generale calo, con il target del 2% visto ormai vicino e raggiungibile nel 2025 e cautela ai massimi livelli sulle prossime mosse Bce.
La tendenza disinflazionistica, innegabile in Eurozona e osservata da tutti i membri, non esenta ancora la regione da potenziali brutte sorprese sul fronte dei prezzi al consumo, soprattutto a causa di shock geopolitici, andamento altalenante dell’inflazione dei servizi e quindi dei salari e del fattore Trump con eventuali dazi.
C’era una crescente fiducia che l’inflazione avrebbe convergente verso l’obiettivo di inflazione a medio termine del 2% in modo tempestivo. La tendenza disinflazionistica si stava rafforzando, diventando più solida e guadagnando slancio...Allo stesso tempo, era ancora troppo presto per dichiarare vittoria nella lotta all’inflazione, soprattutto perché il principale calo dell’inflazione dei servizi e della crescita salariale non si era ancora materializzato.
Prudenza sul lato inflazione, ma anche su quello della crescita: i verbali Bce hanno sottolineato che “i rischi al ribasso per le prospettive di crescita nella baseline di settembre, con l’associato indebolimento delle pressioni inflazionistiche, erano diventati più evidenti”.
Con un’inflazione nella giusta direzione e una crescita quindi più lenta e debole, il taglio dei tassi di 25 punti base è stato quindi considerato appropriato. Una mossa del genere, infatti, è stata valutata prudente e bilanciata nei rischi:
se il rallentamento segnalato dagli indicatori dell’attività economica e la sorpresa al ribasso per l’inflazione si fossero rivelati temporanei, una decisione di tagliare i tassi ora potrebbe, ex post, rivelarsi semplicemente come un anticipo di un taglio a dicembre. In quanto tale, vi era poco rischio associato al taglio, soprattutto dato che i tassi di interesse sarebbero rimasti in territorio restrittivo e avrebbero continuato a sostenere il processo disinflazionistico.
Allo stesso tempo, una riduzione di un quarto di punto percentuale del costo del denaro a ottobre sarebbe stato giustificato come “un tempestivo adeguamento della politica alle mutevoli condizioni macroeconomiche” in caso di “debolezza più persistente, che confermasse un processo disinflazionistico più forte”.
Tagliare adesso, a ottobre, è stata la scelta più saggia e prudente rispetto a quella di temporeggiare in attesa di nuovi dati a dicembre, con il rischio di agire troppo tardi. Soprattutto sul lato della spinta a domanda e investimenti.
© RIPRODUZIONE RISERVATA