Politiche divergenti tra BCE e FED influenzano i portafogli. Ecco le scelte strategiche da fare per proteggere gli investimenti e gestire la volatilità del mercato.
Ieri la BCE ha tagliato i tassi di 25 punti base e si prevedono altri tre tagli nel 2025, mentre il giorno precedente la FED ha lasciato i tassi invariati. Powell ha ribadito l’impegno della banca centrale a monitorare i dati economici per raggiungere la massima occupazione e la stabilità dei prezzi.
Dal 18 settembre la FED ha abbassato i tassi dell’1%. I rendimenti a 10 anni sono però oggi più alti dello 0,80% dopo aver toccato addirittura +1,10% rispetto ai minimi. Del resto, la parte lunga della curva – ma noi qui lo sappiamo, avendolo spiegato più volte almeno dal 2022 – non è controllata dalla banca centrale, ma dipende dalle aspettative di crescita e di inflazione.
Questo non deve sorprendere, perché il taglio dei tassi in una fase di stagnazione o di recessione ha effetti completamente differenti rispetto a quando avviene in una fase di crescita, con il rischio di diminuire la presa sull’inflazione. E, come sapete, io dell’inflazione non mi fido per nulla, tanto da ritenere un errore abbassare i tassi negli USA in questa fase di economia solida, anche se piena di incognite, molte delle quali dovute alle “sparate” (consentitemi il termine) di Trump: dai dazi alle politiche fiscali e migratorie, sino a ipotesi di rivedere persino alcuni confini geografici. Certo, le cose sembrano impossibili e assurde, poi arriva qualcuno e le fa davvero, e in quel nuovo scenario si deve poi vivere. [...]
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