2.000 euro di rimborso per utenze domestiche, a chi spetta per luce e gas?

Patrizia Del Pidio

23 Marzo 2025 - 11:13

I lavoratori dipendenti possono avere diritto a un rimborso variabile da 1.000 a 2.000 euro per le utenze domestiche. A chi spettano indietro i soldi di luce e gas?

2.000 euro di rimborso per utenze domestiche, a chi spetta per luce e gas?

Il rimborso per le utenze domestiche può arrivare fino a 2.000 euro. Ad alcuni lavoratori dipendenti arriva direttamente in busta paga, e spetta per le spese sostenute per le bollette di luce, acqua e gas. In molti lo chiamano “bonus bollette in busta paga”, ma si tratta di fringe benefit riconosciuti dal datore di lavoro che sono esentasse per i dipendenti fino a un certo importo. Il limite massimo dell’importo che non concorre alla formazione di reddito imponibile, poi, è più alto per i nuclei familiari in cui ci sono figli a carico.

Il rimborso delle utenze domestiche è una misura che rientra, come abbiamo detto, nei fringe benefit riconosciuti ai dipendenti, in aggiunta allo stipendio.

I fringe benefit, con i quali il datore di lavoro può rimborsare le bollette, sono uno strumento che consente di aiutare in modo concreto il dipendente. Andiamo a vedere nel dettaglio cosa bisogna fare per avere il rimborso delle utenze domestiche.

Rimborso bollette fino a 2.000 euro

Tra i fringe benefit che l’azienda può riconoscere ai propri dipendenti c’è anche il rimborso delle bollette di luce, acqua e gas, così come possono ricomprendere anche un contributo per l’affitto o gli interessi sul mutuo per l’acquisto della casa di residenza. Si tratta di agevolazioni che l’azienda riconosce ai lavoratori (a propria discrezione, visto che non si tratta di un obbligo) senza aumentare loro il reddito imponibile.

Per non andare a incidere sul reddito imponibile, però, i fringe benefit che il datore di lavoro decide di dare non possono superare determinati importi previsti dalla Legge che, per il 2025 sono:

  • 1.000 euro per i lavoratori senza figli a carico;
  • 2.000 euro per i lavoratori che hanno figli a carico.

I tetti in questione non rappresentano il limite massimo di fringe benefit che possa essere riconosciuto dal datore di lavoro, ma il limite entro il quale le somme restano esentasse. Se questi limiti vengono superati l’intero importo dei fringe benefit riconosciuti sarà soggetto a tassazione (non solo ciò che eccede i limiti, quindi, ma tutto l’importo erogato) e a concorrere alla formazione di reddito imponibile.

Facciamo un esempio. Se un lavoratore riceve un fringe benefit di 1.000 euro non ci pagherà le tasse, se il fringe benefit ha un importo di 1.005 euro e il dipendente non ha figli a carico le tasse saranno dovute su ulteriori 1.005 euro (e non solo sui 5 euro che eccedono il limite esentasse).

Per quali bollette si può chiedere il rimborso?

Il datore di lavoro può rimborsare al dipendente, fino a un massimo di 2.000 euro se ha figli a carico e se non gli sono riconosciuti altri beni o servizi in natura, le bollette di luce, acqua e gas dell’abitazione di residenza propria, del coniuge e di altri familiari, a patto che i costi siano sostenuti effettivamente dal lavoratore o dai familiari.

Inoltre il rimborso può essere richiesto anche per le utenze condominiali, nel caso che acqua o riscaldamento siano intestate al condominio, per la quota spettante al lavoratore. Nel caso, invece, si viva in affitto il rimborso può essere chiesto anche se le bollette sono intestate al proprietario dell’immobile a patto che nel contratto di affitto sia specificato che la spesa delle utenze domestiche deve essere sostenuta dal lavoratore.

Come si richiede il rimborso delle bollette?

Il rimborso delle bollette, come abbiamo già anticipato, è a discrezione del datore di lavoro (non si tratta, quindi, di una cosa che deve riconoscere obbligatoriamente al dipendente, ma può scegliere se erogare o meno questa tipologia di fringe benefit). A richiedere il rimborso, in ogni caso, deve essere il dipendente con l’apposita documentazione che dimostri la spesa sostenuta (bollette pagate, ad esempio, o una dichiarazione sostitutiva che riporti la tipologia di utenza, il numero di fattura, l’importo pagato).

Il lavoratore, inoltre, deve fornire al datore di lavoro un’altra dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà con la quale affermi che le stesse bollette per le quali si chiede il rimborso, non siano state già rimborsate da altri datori di lavoro.

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