Fringe benefit in busta paga 2025, quali sono, importi e novità

Simone Micocci

12 Dicembre 2024 - 11:34

Nel 2025 entrano in vigore nuove regole per i fringe benefit. Ecco cosa cambia con l’approvazione della legge di Bilancio.

Fringe benefit in busta paga 2025, quali sono, importi e novità

Con la legge di Bilancio 2025 vengono confermate, e rinnovate, le regole per la fruizione dei cosiddetti fringe benefit in busta paga, quei beni e servizi che fanno parte del welfare aziendale e che alcuni datori di lavoro riconoscono in aggiunta allo stipendio.

Piuttosto che procedere con dei veri e propri aumenti di stipendio, ma spesso impegnativi anche perché vincolanti, ecco che i datori di lavoro possono ricorrere a soluzioni più articolate per rendere maggiormente attrattiva la propria proposta di impiego o anche solo per premiare i dipendenti più meritevoli. Una sorta di alternativa ai premi di risultato quindi.

Con l’ultima manovra (qui il testo) vengono prorogate le regole per quanto riguarda le nuove soglie di esenzione per i fringe benefit, ossia il limite entro il quale il valore economico di questi benefit non costituisce reddito e pertanto non viene tassato. Ma non solo: viene anche prevista un’agevolazione ad hoc per quei lavoratori che una volta assunti si trasferiscono, per i quali viene data all’azienda l’opportunità di farsi carico dei costi per l’alloggio entro un limite annuo di 5.000 euro.

Questa soglia si aggiunge a quelle già previste nel 2024 che vengono confermate senza modifiche anche per il prossimo anno. Permane quindi la differenziazione tra lavoratori con figli e senza: per i primi la soglia entro cui i fringe benefit sono detassati resta pari a 2.000 euro, mentre per i secondi si riduce a 1.000 euro.

A tal proposito, vediamo cosa cambia per il 2025 per quanto riguarda i fringe benefit, partendo però dal fare chiarezza su quali sono i beni e i servizi che rientrano in questa fattispecie.

Quali sono i fringe benefit

Prima di occuparci degli aspetti più tecnici dei fringe benefit, vediamo in sintesi quali sono quelli più diffusi e utilizzati nei rapporti di lavoro dipendente. Ebbene tra essi non mancano di certo i seguenti:

  • telefono aziendale;
  • Pc aziendale;
  • auto aziendale a uso promiscuo (usata cioè nel tempo libero e per ragioni lavorative). Su questa ci sono però delle novità nel 2025, che potete approfondire qui, rispetto a come calcolare la soglia di esenzione;
  • buoni pasto;
  • abitazione in affitto;
  • acquisti di azioni societarie;
  • assicurazione sanitaria;
  • assistenza per le persone non autosufficienti;
  • agevolazioni per tasse scolastiche e borse di studio.

Da qualche anno rientrano nei fringe benefit, e nei limiti di esenzione previsti, anche i rimborsi per le spese sostenute dal lavoratore per la fornitura elettrica, di gas e acqua presso la propria abitazione. Nel 2024 si è aggiunto anche il rimborso per affitto e mutuo, mentre come anticipato la novità assoluta per il prossimo è l’introduzione di un bonus affitto riservato ai lavoratori trasferiti.

Non rientra più tra i fringe benefit, invece, il bonus benzina di 200 euro.

Nuovo bonus affitto nei fringe benefit 2025

Come anticipato, novità assoluta per i fringe benefit nel 2025 è l’introduzione di una norma ad hoc per coloro che una volta ottenuto il nuovo lavoro sono “costretti” a trasferirsi.

Nel dettaglio, la nuova norma stabilisce che per 2 anni non concorrono a formare reddito ai fini fiscali, entro il limite di 5.000 euro (ben più alto rispetto agli altri fringe benefit) le somme erogate o rimborsate dai datori di lavoro per il pagamento dei canoni di locazione, o in alternativa per le spese di manutenzione dei fabbricati locati dai dipendenti assunti con contratto a tempo indeterminato che soddisfa i seguenti requisiti:

  • deve essere assunto nel periodo compreso tra l’1° gennaio e il 31 dicembre 2025;
  • deve avere un reddito da lavoro dipendente non superiore a 35.000 euro nell’anno precedente l’assunzione;
  • deve aver trasferito la residenza oltre un raggio di 100 chilometri (calcolato tra il precedente luogo di residenza e la nuova sede di lavoro contrattuale).

Attenzione, come sottolineato l’esenzione è solo ai fini fiscali. Ciò significa che il valore economico previsto è comunque soggetto al versamento dei contributi previdenziali.

A chi spettano

In linea generale, ricordiamo che è l’azienda a scegliere quali e quanti dipendenti hanno diritto a un certo fringe benefit. Anzi il beneficio può essere riconosciuto al singolo lavoratore in accordo con il datore di lavoro, all’interno del contratto individuale.

Attenzione: sono da considerare fringe benefit solamente quelli riconosciuti in favore dei prestatori di lavoro subordinato. Non spettano quindi ai lavoratori autonomi né a coloro che hanno una collaborazione coordinata e continuativa.

Perché l’azienda ricorre ai fringe benefit?

Ci si potrebbe chiedere del perché di questa voce addizionale allo stipendio del lavoratore, ovvero: per quale motivo un datore dovrebbe optare per i fringe benefit? Ebbene, la risposta è molto semplice, dato che le aziende se ne servono per:

  • diminuire il carico contributivo e fiscale che altrimenti avrebbero con l’attribuzione ai lavoratori di compensi monetari;
  • fidelizzare i dipendenti, che si sentiranno maggiormente motivati a restare in azienda (e a non accettare eventuali offerte di lavoro di aziende concorrenti) e conseguentemente saranno incentivati a migliori performance.

In estrema sintesi, grazie ai fringe benefit un dipendente è dunque agevolato nello svolgimento della propria mansione lavorativa perché viene sgravato di alcune spese e, al contempo, dette agevolazioni rappresentano uno strumento di supporto contro l’inflazione e il carovita.

Come quantificarli

A questo punto ci si potrebbe chiedere come viene quantificato un fringe benefit: ebbene, il principio generale di riferimento è quello dell’onnicomprensività del reddito da lavoro subordinato, di cui si trova traccia nel Testo unico delle imposte sui redditi (art. 51. TUIR) e in base a cui si ritengono incluse nel reddito da lavoro dipendente tutte le somme e i valori in generale, a ogni titolo incassati nel periodo d’imposta - anche sotto forma di erogazioni liberali - in relazione al rapporto di lavoro.

Pertanto anche i fringe benefit si intendono compresi nel reddito del dipendente.

Non solo. Il principio di onnicomprensività implica la totale imponibilità di tutto ciò che il dipendente riceve, che sia in qualsiasi maniera riconducibile all’esistenza di rapporto di lavoro subordinato. Degli aspetti fiscali dei fringe benefit parleremo tra poco.

Ciò premesso, la regola chiave sulla quantificazione dei fringe benefit è che detto beneficio in natura deve essere quantificato - e indicato in busta paga - al valore normale, inteso come:

il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati, e, in mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi.

Per la determinazione del valore normale si fa riferimento, in quanto possibile, ai listini o alle tariffe del soggetto che ha fornito i beni o i servizi e, in mancanza, alle mercuriali e ai listini delle camere di commercio e alle tariffe professionali, tenendo conto degli sconti d’uso.

La tassazione dei fringe benefit e il rilievo del TUIR

I compensi in natura o fringe benefit, essendo erogati sempre e comunque come corrispettivo della prestazione lavorativa, hanno natura retributiva con la conseguente applicazione dei principi in ambito di retribuzione. D’altronde lo stesso art. 2099 del Codice Civile indica espressamente che il lavoratore può anche essere retribuito in tutto o in parte con partecipazione agli utili o ai prodotti, con provvigione o, appunto, con prestazioni in natura.

Non a caso, anche i fringe benefit - proprio come il compenso monetario classico del lavoratore - sono sottoposti a tassazione, ma soltanto oltre un certo limite. Ciò vuol dire che si può parlare di non imponibilità dei fringe benefit, ovvero di esclusione alla formazione del reddito del lavoratore se complessivamente al di sotto del valore di 258,23 euro nel periodo di imposta di riferimento - come indicato dal TUIR.

Pertanto, al suddetto principio generale dell’onnicomprensività del reddito da lavoro subordinato deroga quanto indicato dall’art. 51, comma 3 TUIR, in base a cui sono esclusi dal concorso nella formazione del reddito del lavoratore tutti i fringe benefit erogati, se nel complesso al di sotto del valore di 258,23 euro nel periodo d’imposta di riferimento.

Nel 2024, e confermato nel 2025, però, questo limite è stato innalzato e portato a:

  • 2.000 euro l’anno per i lavoratori dipendenti con figli a carico;
  • 1.000 euro l’anno per tutti gli altri.

Limite che nel solo caso del bonus affitto per lavoratori trasferiti è pari a 5.000 euro.

Torna quindi una soglia di esenzione più elevata per i lavoratori senza figli, ma è bene prestare attenzione a non superarla altrimenti si perde l’agevolazione per intero.

Superamento del limite di non imponibilità

La domanda sorge spontanea: che cosa succede se il limite di esenzione fiscale e contributiva viene superato? Semplicemente, in ipotesi di superamento di detto livello il valore del bene deve ritenersi integralmente imponibile.

Parecchi anni fa l’Agenzia delle Entrate ha emanato una circolare ad hoc, con cui ha dato utilissimi chiarimenti circa gli aspetti fiscali dei fringe benefit, precisando in particolare che:

  • se il citato limite pari a 258,23 euro viene superato nel corso del periodo di imposta, l’ammontare del valore concorre totalmente alla formazione del reddito. Ciò vuol dire che il valore di 258,23 euro non deve essere inteso come una sorta di ’franchigia’ esente da imposizione fiscale, ma da vero e proprio limite assoluto oltre il quale tutto il fringe benefit viene di fatto tassato;
  • il limite di esenzione fiscale e contributiva in oggetto è sempre applicabile e, anzi, in caso di più fringe benefit determinati con criteri diversi, è necessario dare luogo alla somma dei valori ottenuti e verificare l’eventuale superamento di detta soglia nel periodo d’imposta di riferimento.

Lo stesso trattamento si applica anche sui nuovi limiti: superando la soglia di 5.000, 2.000 o 1.000 euro si perde l’agevolazione per intero. Le tasse si pagano quindi sull’intero importo e non sulla parte che eccede il limite.

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