200mila posti di lavoro in tre anni con la digitalizzazione delle Pmi

Niccolò Ellena

24/06/2022

La stima è in un report di The European House - Ambrosetti per Meta. Con il digitale i ricavi aumentano circa del 20%

200mila posti di lavoro in tre anni con la digitalizzazione delle Pmi

Il percorso verso la digitalizzazione delle piccole-medie imprese è lungo e tortuoso ma necessario per sfruttare al meglio i fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).

Ancora oggi molte aziende si mostrano refrattarie a un cambio di paradigma, il che le mette spesso in difficoltà, dal momento che i loro competitor sono molto più agguerriti da questo punto di vista.

Per ripartire dopo la pandemia di Covid-19 non bastano però solo i fondi, ma sono anche necessarie prima e soprattutto le competenze. Il governo e le aziende lo sanno, ed è perciò che si stanno preparando a lavorare in questa direzione.

La realizzazione degli Istituti Tecnici Superiori (ITS), ossia di scuole accessibili al termine dell’istruzione secondaria, che formano personale altamente qualificato per le professioni del futuro e progetti come Binario F ne sono la perfetta riprova.

Grazie a quest’ultimo progetto, ad esempio, ha affermato Luca Colombo, Country manager di Meta, “l’azienda ha formato più di 4000 imprese dal 2020 al 2022 grazie e soprattutto grazie all’aiuto dei nostri partner”.

Ha poi continuato ampliando il discorso all’ambito del digitale, “nei prossimi dieci anni il 70% delle aziende che creeranno valore saranno basate sul digitale”. Questo lascia ben comprendere quanto sarà fondamentale mettere a disposizione delle Pmi tutte le risorse possibili per digitalizzarsi.

Il punto di partenza non è però di conforto, secondo quanto è emerso da un report redatto per conto di Meta da The European House - Ambrosetti, la situazione italiana segue un trend in ascesa, ma parte ben svantaggiata rispetto ai competitor.

Il report ha offerto uno spaccato della realtà attuale per certi versi molto preoccupante: attualmente secondo i dati Eurostat analizzati dal centro di ricerca, l’Italia è 18esima in Europa per digitalizzazione delle proprie Pmi.

Questo rappresenta un problema enorme dal momento che in Italia ci sono attualmente quasi 380.000 Pmi, quasi quante la somma di Germania e Francia messe insieme, circa 400.000. Come può dunque un Paese con un tessuto imprenditoriale come questo rimanere inerme a fronte di una tale situazione?

La digitalizzazione come ascensore per l’imprenditoria

Secondo i dati elaborati da The European House - Ambrosetti emerge che il potenziale dell’Italia è immenso, infatti, se raggiungesse un livello di digitalizzazione medio pari a quello delle tre migliori performer (Danimarca, Finlandia e Svezia), le Pmi del nostro Paese potrebbero aumentare del 9,2% la loro produttività, portando anche un aumento di 24 miliardi di euro in tre anni.

Ma non solo, il dato che più rende l’idea delle potenzialità del digitale è quello relativo ai posti di lavoro che si potrebbero creare, 208.000, oltre un terzo di quelli che sono stati creati nel triennio pre-covid (2016-2019), 600.000.

È quindi giunto il momento di avvalersi di ogni mezzo possibile per riuscire ad arrivare a questo obiettivo.

Anna Ascani: conta il fattore culturale

Secondo Anna Ascani, Vicesegretario del Ministero dello Sviluppo Economico e Deputata del Partito Democratico è intervenuta sulla necessità di nuove competenze digitali per andare a ricoprire quelle posizioni lavorative che andranno ad aprirsi con il PNRR.

La deputata ha spiegato che le infrastrutture e le competenze saranno due dei pilastri centrali per accompagnare il Paese verso la digitalizzazione. “Uno dei maggiori ostacoli che separano le aziende dalla digitalizzazione è il fattore culturale, dal quale è necessario partire”, Ascani sostiene infatti che ci sia ancora molta chiusura nei confronti di strumenti il cui uso è stato spesso frainteso.

A sostegno della sua tesi sono intervenuti nuovamente i dati di The European House - Ambrosetti, che hanno confermato, attraverso uno studio condotto su 30 Pmi, che i social network, se usati in maniera consapevole hanno un impatto estremamente positivo.

I ricavi delle realtà esaminate sono aumentati circa del 20% grazie ai social media; hanno inoltre consentito alle aziende di conservare i propri introiti fino al 60% nel momento di massimo picco della pandemia grazie alla promozione e alle vendite online; e infine hanno impattato positivamente sulla clientela (+30%) e sulle visite nei negozi fisici (+50%), una volta riaperti.

Nell’ambito del PNRR, la rivoluzione delle Pmi interessa in maniera trasversale tutti settori. Nel corso del dialogo tra Eleonora Faina, di Anitec Assinform e Angelo Mazzetti, Head of Public Policy di Italia, Grecia, Malta e Cipro di Meta, entrambi hanno affermato che le vie di applicazione di queste nuove tecnologie sono numerose e che è necessario promuovere l’innovazione per poter stare al passo degli altri Paesi.

Di comune accordo è emersa l’importanza di applicare queste nuove tecnologie al settore agroalimentare, anche alla luce dell’emergenza nel settore dettata dall’attuale crisi geopolitica, a quello ambientale, sempre più al centro della cronaca; e quello sanitario, che è uno di quelli maggiormente propenso all’innovazione.

Mazzetti ha infine affermato che Meta è attivamente attiva lungo tutta la filiera: «le imprese stanno usando Meta in molti modi, 200 milioni di loro usano i nostri servizi per promuoversi a livello nazionale e internazionale, è inoltre emerso recentemente un nuovo trend che vede l’uso di Whatsapp business per offrire un servizio ancora più a stretto contatto con il cliente per agevolarne l’assistenza».

Servono maggiori tutele per le Pmi

Raggiungere la consapevolezza della necessità di digitalizzarsi non è una cosa che avviene in maniera automatica, ma è frutto di un percorso. Per portare a termine questo obiettivo, Paola Generali, Presidente Digital Innovation Hub di Confcommercio, ha affermato che la stessa Confcommerciosi sta mobilitando per mostrare alle aziende restie ad intraprendere questo percorso quali sono i vantaggi che questo porta”.

La presidente ha inoltre ricordato l’importanza dell’implementazione di una strategia a breve e a lungo termine, poiché spesso capita, specialmente con le aziende più radicate a un paradigma tradizionale, che i social media non siano solo un medium di intrattenimento, ma anche un potente strumento di promozione, cosa che talvolta non viene compresa.

Mauro Minenna, Capo Dipartimento per la Trasformazione Digitale della Presidenza del Consiglio dei Ministri ha affermato che, oltre all’importanza di spingere verso la giusta e necessaria digitalizzazione, è necessario anche tutelare legalmente quelle piccole medie aziende che si aprono al mondo dell’online.

Questo perché, come talvolta capita, il rischio è che i giganti tecnologici divorino in maniera esclusiva tutto il mercato disponibile, escludendo di fatto queste piccole imprese. È perciò necessario che il governo lavori anche per garantire a questa realtà un’equa fetta di mercato.

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