Regole e dettagli poco noti sul regime forfettario. Una guida con consigli pratici per evitare errori e fare la scelta migliore tra forfettario e regime ordinario.
Aprire una partita Iva in regime forfettario è spesso considerata la soluzione ideale per chi vuole semplificare la gestione fiscale e ridurre le imposte. Con un’aliquota che varia dal 5% al 15%, il regime agevolato offre numerosi vantaggi, ma non è privo di insidie.
Molti contribuenti, infatti, non sfruttano appieno tutte le opportunità offerte o, peggio, commettono errori che potrebbero costare caro, spesso per mancanza di informazioni chiare, esatte, complete e accessibili.
Nel 2025, inoltre, sono entrate in vigore nuove norme che modificano alcune caratteristiche del regime è che è bene sapere, sempre nell’ottica di rispettare le regole ed evitare problemi.
Per mantenere il controllo della propria attività, evitando brutte sorprese e cogliendo tutte le opportunità disponibili, è fondamentale avere gli strumenti giusti. Fatture in Cloud, per esempio, offre funzionalità dedicate ai forfettari, che permettono loro di monitorare in tempo reale i ricavi e compensi, avvisando se il valore sta per superare il limite e avere una stima delle tasse da versare, oltre che semplificare la fatturazione elettronica e la gestione amministrativa.
In questo articolo andiamo dritti al punto, spiegando anche gli aspetti meno conosciuti del forfettario: informazioni pratiche, novità 2025 e consigli per evitare errori e gestire meglio l’attività.
1) Regime forfettario e reddito da lavoro dipendente
Dal 2025, i lavoratori dipendenti che vogliono aprire o mantenere una partita IVA in regime forfettario potranno farlo se il loro reddito lordo da lavoro subordinato non supera i 35.000 euro. Fino al 2024, il limite era di 30.000 euro, quindi questa modifica apre nuove opportunità, ma è importante fare attenzione ai calcoli per evitare sorprese.
Il limite dei 35.000 euro si riferisce al reddito lordo, non al netto che arriva in busta paga. Per verificare se si rientra in questa soglia, è necessario controllare la Certificazione Unica (CU) o l’ultima busta paga di dicembre, dove si trova la voce “reddito progressivo imponibile Irpef”. È importante considerare anche eventuali premi di produzione, straordinari o tredicesima, che potrebbero far superare la soglia senza che il lavoratore se ne accorga.
Cosa cambia concretamente?
Se nel 2024 il reddito da lavoro dipendente è stato inferiore ai 35.000 euro, nel 2025 il lavoratore potrà mantenere o aprire una partita IVA in regime forfettario. Se, invece, il reddito ha superato questa soglia, dovrà passare al regime ordinario e pagare le imposte in base agli scaglioni IRPEF.
2) Aliquota del 5 o del 15%?
L’aliquota che determina la tassazione in regime forfettario varia dal 5% al 15%, ma quale si applica?
L’aliquota sostitutiva per il regime forfettario è generalmente del 15%, tuttavia esistono delle eccezioni, come nel caso delle nuove attività che rispettano determinati requisiti, per le quali è possibile applicare un’aliquota ridotta al 5%.
Una partita IVA può beneficiare dell’aliquota del 5% se si tratta veramente di una nuova attività, senza che ci sia alcuna esperienza pregressa nei tre anni precedenti. Inoltre, non deve trattarsi di una prosecuzione di un lavoro dipendente precedente. Un ulteriore vincolo è che i ricavi non superino 85.000 euro.
Non tutti sanno, però, che l’aliquota ridotta al 5%è riservata solo a chi avvia un’attività direttamente in regime forfettario. Chi proviene dal regime ordinario, invece, non può accedere a questa agevolazione. Di conseguenza, se nei primi 5 anni si passa al regime ordinario anche solo per un anno, ad esempio perché non si rispettano più i requisiti richiesti, al rientro successivo nel forfettario l’aliquota applicata sarà del 15%.
3) Spese deducibili per i forfettari
Nel regime forfettario, le spese sostenute per svolgere l’attività non sono deducibili. Tuttavia, dal 2025 è vigore un’importante novità: i rimborsi per spese di rappresentanza e omaggi effettuati per conto dei clienti potranno essere dedotti.
Rientrano in questa categoria i rimborsi per trasferte, le spese anticipate, i regali aziendali, gli eventi promozionali e altre iniziative di marketing legate all’incarico professionale.
Fino al 2024, questi costi venivano inclusi nel reddito imponibile, facendo aumentare l’imposta dovuta. Con la nuova normativa, invece, potranno essere dedotti, riducendo il reddito tassabile e alleggerendo il carico fiscale.
Per evitare errori, è essenziale rispettare alcune regole precise. Le spese devono essere sostenute con strumenti di pagamento tracciabili (bonifico, carta di credito, bancomat) e corredate da una documentazione dettagliata.
Inoltre, è importante separare chiaramente i rimborsi in fattura e riportare i riferimenti normativi corretti (“Rimborso spese anticipate in nome e per conto del cliente ai sensi dell’art. 15, comma 1, n. 3, DPR 633/72”).
Poiché queste spese non concorrono alla formazione del reddito imponibile, non incidono sul limite massimo di ricavi annui (85.000 euro per il 2025). Tuttavia, il rispetto dei requisiti formali è fondamentale per evitare contestazioni da parte dell’Agenzia delle Entrate.
4) Fatture semplificate senza limiti per i forfettari
Tra le novità introdotte dal regime forfettario 2025, vi è la possibilità per i contribuenti forfettari di emettere fatture semplificate senza alcun limite di importo. La legge di Bilancio ha infatti eliminato il tetto dei 400 euro, che invece resta valido per tutti gli altri soggetti IVA. Questo cambiamento rende la gestione amministrativa ancora più snella, perché permette di usare un documento fiscale con meno dettagli rispetto alla fattura ordinaria.
Come funziona in pratica?
Un consulente informatico in regime forfettario che fattura 800 euro per un servizio di assistenza software, con la normativa precedente, sarebbe stato obbligato a emettere una fattura ordinaria, inserendo tutti i dettagli dell’operazione. Dal 2025, invece, può emettere una fattura semplificata, indicando semplicemente:
- Data e numero del documento
- Dati del venditore (ragione sociale, sede legale, partita IVA, codice fiscale)
- Dati del cliente (basta la partita IVA o il codice fiscale, senza nome o ragione sociale)
- Descrizione generica del servizio (ad esempio, “Consulenza finanziaria”)
- Totale fattura (senza dover indicare quantità o dettagli specifici)
Esempio:
- Fattura n. 10 del 15/03/2025
- Fornitore: Mario Rossi, P.IVA 12345678901
- Cliente: P.IVA 98765432109
- Descrizione: «Consulenza informatica»
- Totale: 800 euro.
Quando conviene il regime forfettario e quando passare al regime ordinario?
Il regime forfettario è ideale per chi ha un reddito annuo inferiore agli 85.000 euro e desidera semplificare la gestione fiscale, riducendo il carico fiscale. È particolarmente vantaggioso per chi ha pochi costi da dedurre, come i liberi professionisti con margini elevati, ad esempio avvocati o ingegneri.
In questi casi, l’imposta sostitutiva ridotta (del 5% o del 15%) rende il regime ancora più conveniente.
Inoltre, con il forfettario, si applica una percentuale fissa sui ricavi, senza bisogno di documentare ogni singola spesa, semplificando notevolmente gli adempimenti fiscali.
Il passaggio al regime ordinario può diventare necessario quando i costi per l’acquisto di merci o servizi sono elevati, come nel caso di commercianti o artigiani. Nonostante un basso coefficiente di redditività, questi soggetti subiscono il peso dell’IVA non detraibile.
In pratica, queste attività pagano l’IVA sulle fatture che ricevono dai fornitori (le fatture passive), ma non possono recuperarla, come invece accade nel regime ordinario. Questo significa che l’IVA che pagano diventa un costo che riduce il reddito netto, portando a un maggiore peso fiscale. In questo scenario, il regime ordinario, dove l’IVA è detraibile, può risultare più vantaggioso, perché permette di abbattere una parte significativa dei costi, migliorando così la redditività dell’attività.
Inoltre, dal 2025, alcune novità potrebbero rendere più interessante il passaggio al regime ordinario. Ad esempio, l’esonero parziale dai contributi previdenziali per le libere professioniste con almeno due figli, che non si applica invece a chi è nel regime forfettario.
Altre agevolazioni, come l’aumento dell’assegno per il nido e l’incremento della retribuzione per il congedo parentale all’80% per tre mesi, potrebbero incentivare il passaggio al regime ordinario per le famiglie con ISEE sotto i 40.000 euro.
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