Cinque sole aziende sono in grado di raggiungere i PIL di due importanti Paesi come Germania e Giappone: le Big Five statunitensi.
Le “Big Five” statunitensi sono ufficialmente in competizione con la terza e la quarta potenza mondiale, rispettivamente Giappone e Germania.
A dichiarare aperta questa emblematica competizione stato-azienda sono i quasi 10mila miliardi raggiunti in borsa da queste mostruose società, che si avvicinano sempre più al PIL dei due stati sopracitati.
Il risultato di questa feroce lotta tra titani, è la corsa di Wall Street alla conquista di utili 21 volte superiori rispetto a quelli attesi per il prossimo anno. Per quanto riguarda il mercato azionario europeo il multiplo si ferma a 16, esito che per gli investitori lascia spazio a due visioni della situazione attuale:
- Considerare la borsa americana come più prestigiosa e cara, ma allo stesso tempo ad alto rischio;
- Valutare la borsa Europea come meno conveniente ed invitante.
Considerando l’andamento dei mercati finanziari negli ultimi dieci anni, si rivela nel caso americano un trend costante e non è quindi azzardato considerare la seconda visione come quella dominante nel settore.
Il motivo per cui gli investitori favoriscono il mercato americano è evidente: la presenza delle “Big Five” è sicuramente il fattore più attraente, e come sappiamo in Europa non esistono aziende che raggiungano tali valori sull’azionario.
Quali sono le aziende che si nascondono dietro al nome Famag?
Quali sono questi famosi colossi? Spesso vengono aggregati sotto l’acronimo Famag:
- Apple, dal valore di oltre 2.400 miliardi di dollari seppur reduce da un importante prelievo di 85 miliardi in seguito all’ordine di allentamento delle restrizioni sull’App store da parte di un giudice;
- Microsoft a 2.220 miliardi;
- Google a circa 1.900 miliardi;
- Amazon 1.756 miliardi;
- Facebook (quasi 1.100).
Per comprendere la velocità impressionante di ripresa e corsa di queste società basta ricordare i dati di marzo 2020, quando capitalizzando il loro valore si arrivava a un totale di 4mila miliardi, nonostante le borse mondiali ridotte al minimo. A inizio 2021 il loro valore è salito a 7500mila miliardi, arrivando nelle ultime settimane quasi a 10mila.
Il fatto impressionante, però, è che le potenze Famag capitalizzino quanto Giappone e Germania messe insieme e quindi non stupisce che vengano ormai considerate dagli investitori, “all’altezza” di queste ultime.
Dati a dir poco sbalorditivi, che ogni trimestre vengono rafforzati da nuovi utili e fatturati.
Occorre tenere conto dell’aumento dei prezzi rispetto alle medie storiche, anche a seguito della continua iniezione di liquidità da parte delle banche centrali come la Federal Reserve nei flussi di mercato, nel tentativo di controllare tassi e inflazione.
Un’altra caratteristica a favore delle Famag è la loro classificazione nei titoli growth, (ad alta crescita) una categoria che beneficia di bassi tassi d’interesse (come quello corrente) e che risente meno del ciclo economico al contrario dei titoli Value.
Gli USA verso la “teoria dei tre picchi”.
In questa fase della corsa in borsa è proprio quest’ultima classificazione che viene considerata decisiva dagli esperti che reputano gli Stati Uniti sempre più vicini alla “Teoria dei tre picchi”. In altre parole sembra che l’America abbia ormai raggiunto i massimi livelli:
- di espansione monetaria (tapering);
- in campo fiscale;
- in termini di crescita economica.
Il mondo della finanza globale resta quindi con il fiato sospeso in attesa di nuovi sviluppi da Wall Street data la situazione in continua evoluzione e tutt’altro che prevedibile. Paolo Belvederesi, direttore generale di Zeygos suggerisce che le “Big Five” rappresentano una boa a cui gli investitori possono aggrapparsi nello scenario turbolento e incerto dei tre picchi in cui gli USA si stanno certamente incanalando.
A questo punto il dilemma nel quale l’investitore può ritrovarsi è chiaro:
- conviene scegliere titoli a prezzi più bassi ma più suscettibili all’andamento del ciclo macro (titoli Value);
- oppure è meglio optare per titoli più cari ma che possono potenzialmente mantenere elevati tassi di crescita anche in momenti di recessione del ciclo macro, come ad esempio la situazione corrente?
Le previsioni degli esperti.
Secondo la valutazione di Belvederesi gli investitori tendono a favorire la seconda opzione, dato che in caso di rallentamento macro i multipli a cui trattano le value stocks sono destinati a scontrarsi perché tenderebbero a scontare minori profili di crescita.
Al contrario, i titoli growth manterrebbero i multipli invariati proprio perché beneficerebbero di questo travaso guidato dalla necessità di posizionarsi su titoli con visibilità futura degli utili.
Il direttore generale di Zeygos tiene anche conto dell’imprevedibilità di questo settore, affermando che i titoli Famag non sono certo senza rischi.
I loro multipli elevati potrebbero essere messi in discussione da un momento all’altro, o meglio, ad essere più precisi, non appena Jerome Powell inizierà a dare segnali più precisi sul timing del tapering e del rialzo dei tassi. È quindi sempre più importante guardare il mercato con l’ottica del Bond Investor che monitora continuamente l’andamento dei tassi sulla curva e l’andamento del ciclo macro.
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