Investimenti pubblici: il dibattito si concentra tutto su quelli ferroviari
La spesa per investimenti pubblici è passata dai 54.163 milioni del 2009 ai 35.541 del 2017 con una contrazione del 34%.
Il dibattito sugli investimenti appare quasi tutto concentrato su quelli ferroviari (130 mld di investimenti) e in particolar modo sull’alta velocità.
Incredibile che l’impostazione politica poggi su convinzioni economiche dove ogni euro investito in qualsivoglia impiego determina un effetto moltiplicativo del reddito, però nello stesso tempo gli euro investiti non sono considerati tutti di uguale “importanza”, per cui investire in azioni contro il dissesto idrogeologico, verificare lo stato di conservazione delle infrastrutture, gli impianti di depurazione e valutare come poter raggiungere i cogenti obiettivi del “PNIEC 2030” (piano energia clima), pari a 172 mld di euro diventa quasi un lusso.
Io vorrei evidenziare uno struzzismo ancora più inaccettabile. Un assurdo, in un paese disposto a sperperare 108 milioni di euro a Km per il progetto alta velocità di Vicenza o per quello Verona/Brescia o i 280 milioni sempre a Km del tunnel in Val di Susa. Oggi con grande amaro in bocca apprendiamo che il battage mediatico lobbystico sugli investimenti pubblici in infrastrutture classificate prioritarie sembra aver generato i suoi effetti.
Brescia/Verona/Padova: un via libera discrezionale
Fonti informali e dichiarazioni danno il disco verde per la Brescia/Verona/Padova. Almeno 10 miliardi di investimento deliberati con scelta discrezionale. Infatti prescindere dall’analisi economica significa scegliere discrezionalmente.
Prescindere dalla analisi a valore aggiunto comparativa vuol dire che dei famigerati investimenti che generano più sviluppo vale solo come slogan. In tutta sincerità soprattutto per la Brescia/Padova un segnale di trasparenza, di prevalenza delle scelte della buona politica sull’attività delle lobby a cui si legano in maniera organica interessi di società dello Stato lo aspettavamo.
Brescia uno dei siti industriali più inquinati d’Italia. Nel 2002 il Governo ha riconosciuto lo stato di emergenza ambientale e il sito “Caffaro” è tra i siti di interesse nazionale (SIN). Una “Caffaro” che si legge nel libro “Un secolo di cloro e PCB. Storia delle industrie Caffaro di Brescia” ha disperso una quantità pari a 100 tonnellate di Pcb (policlorobifenile classificato cancerogeno dallo IARC di Lione) e diossine.
Sul sito dell’Arpa Lombardia si legge:
“Nell’area dello stabilimento gli inquinanti - quali policlorobifenili (PCB), policlorobenzodiossine e dibenzofurani (PCDD/F), mercurio, arsenico, solventi si sono spinti nel sottosuolo fino a una profondità di oltre 40 mt, determinando di conseguenza anche la contaminazione della risorsa idrica sotterranea”.
(https://www.arpalombardia.it/Pages/Bonifica/Brescia.aspx).
Un SIN quello Caffaro di 260 ettari di terreni e 2100 ettari di falda! Chi paga questo immane disastro? Lo Stato perché l’azienda che ha inquinato è in procedura fallimentare. Quanti soldi? 3,4 miliardi di euro (art 304 Dlgs 152/2006). Soldi per la vita, per disinquinare acqua, aria e suolo da sostanze pericolosissime invece si privilegia l’alta velocità, che ha un costo quasi uguale alla bonifica. Business contro vita! Questa è la politica del terzo millennio. Una biopolitica.
I dati
Qualche dato quantitativo aiuta più di tanti discorsi. La spesa complessiva del settore trasporti è pari a 28,7 mld di euro distinta nel 71% in spesa corrente e 29% in investimenti. La parte da leone è fatta proprio dalle ferrovie con 10,5 miliardi a cui si sommano 4,48 mld di fondo pensioni.
Gli investimenti di Fs ammontano 4,3 miliardi di euro. Gli investimenti per strade e autostrade ammontano a 3,8 mld di euro. Relativamente alle entrate per lo Stato sono pari a 55,5 mld al netto di iva (con iva diventano 72 mld!) per il trasporto su strada e 6,3 mld di euro per le ferrovie (2,3 da contratti con le Regioni e 1,28 dallo Stato per servizi infrastrutture).
Quasi 57 euro su 100 di ricavi delle ferrovie derivano da soldi pubblici. La sindrome “a spendere”, che in particolare si concentra sul settore delle autostrade, superstrade e alta velocità, utilizza come strumento di pressione i media e il presunto grave deficit infrastrutturale.
Bufala smentita dalla ricerca della Banca d’Italia “Le infrastrutture in Italia: dotazione, programmazione, realizzazione”. Ma quali “numeri” misurano i trasporti e la ripartizione secondo la modalità (ferro o gomma)? Le ferrovie nel trasporto merci hanno perso in termini di tonnellate più del 55% di quanto trasportavano nel 2001 (ultimo dato CNT 38,9 milioni di tonnellate) con una percorrenza media di 306 Km. Traffico merci su strada 901 milioni di tonnellate!
Ferrovie che hanno emesso un bond per 1,75 mld sulla Borsa di Dublino e dove la vera motivazione è il completamento del finanziamento della Bs/Vr! Il segnale del cambiamento doveva partire proprio dalla “riscrittura” degli investimenti pubblici, che sul versante dell’alta velocità hanno sempre rappresentato un costo abnorme per la collettività.
Il segnale non è ancora pervenuto e sembra quindi che nel campo degli investimenti pubblici tutto continua come prima. Il prof. Pellegrino, Direttore del Dipartimento di Ingegneria civile, edile e ambientale dell’università di Padova, ha affermato:
“Dopo i recenti terremoti è emerso il problema della gestione e della vulnerabilità del patrimonio edilizio infrastrutturale italiano. La maggior parte degli edifici sono stati realizzati prima del 1974, anno in cui è stata pubblicata per la prima volta una legge sismica che prevede delle regole di progettazione specifiche per le costruzioni in zona sismica”.
Nel 2018 sono state pubblicate nuove norme tecniche per le costruzioni che prevedono una serie di regole e dettagli costruttivi specifici per le costruzioni in zona sismica. Al progredire delle conoscenze sismiche è stato riclassificato il livello di pericolosità sismica di molte zone del territorio nazionale.
La questione sismica riguarda proprio l’incredibile vicenda del progetto av Brescia/Verona dove nella progettazione si sono usate le Norme Costruttive del 1996, quindi non considerando quelle del 2008 e ancor meno quelle del 2018.
Il decreto sblocca cantieri
Ora con il decreto cosiddetto sblocca cantieri si ritorna a usare la figura del commissario straordinario con poteri speciali (assumere ogni determinazione ritenuta necessaria per l’avvio ovvero la prosecuzione dei lavori; l’approvazione dei progetti da parte dei Commissari straordinari, d’intesa con i Presidenti delle regioni e delle province autonome territorialmente competenti, è sostitutiva di ogni autorizzazione, parere, visto e nulla-osta occorrenti per l’avvio o la prosecuzione dei lavori, fatta eccezione per quelli relativi alla tutela di beni culturali e paesaggistici e per quelli di tutela ambientale.
In materia di tutela di beni culturali e paesaggistici viene peraltro stabilito il principio del silenzio-assenso; In materia di tutela ambientale i termini dei relativi procedimenti sono dimezzati!; La valutazione d’impatto ambientale (artt. 19/29), che per i progetti presenti nell’allegato II è di competenza statale e per i progetti indicati nell’allegato III è di competenza regionale o delle Province autonome, prevede in via ordinaria un termine di 15 giorni - presentazione istanza, avvio procedimento - un termine di 60 giorni).
La questione ambientale appare palesemente subordinata al “fare presto se no il pil non cresce”. Un dogma costoso, devastante e privo di fondamento logico, razionale e scientifico.
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