Abbiamo dimenticato perché abbiamo iniziato a limitare la nostra libertà

Dimitri Stagnitto

05/07/2020

Proseguono le misure restrittive e le notizie allarmanti su nuovi focolai (di asintomatici). Il lockdown è ormai la nuova normalità, tanto da farci dimenticare la situazione eccezionale per cui l’abbiamo iniziato.

Abbiamo dimenticato perché abbiamo iniziato a limitare la nostra libertà

Il lockdown dell’Italia prosegue ormai da quasi 4 mesi, per quanto le misure restrittive siano state ridotte le scuole sono rimaste chiuse così come chiusi sono molti servizi legati ai bambini, tra cui aree giochi al coperto e asili nido con ovvie ripercussioni sulla vita delle famiglie.

Non solo, siamo ancora costretti a indossare mascherine (con il caldo di luglio) generando situazioni che valuteremmo tutto come ridicole se non fossero ormai per noi quotidiane: al ristorante va indossata fino al raggiungimento del tavolo, poi si può togliere. Come se l’aria non circolasse. Nel raggiungere la cassa per pagare il conto va di nuovo diligentemente indossata.
Lo stesso al bar secondo un copione tragicomico fatto di norme assurde, pressione sociale, paura legata alla delazione e nessuna reale efficacia dato che da mesi abbiamo appurato che le mascherine chirurgiche o in tessuto non sono in grado di fermare il virus ma solo le goccioline di saliva più grandi in caso di tosse o starnuti.

Perché lo facciamo? Negozianti e professionisti temono le sanzioni, i clienti certo non vogliono fargli passare guai e poi trasgredire alle regole significa attirare come minimo sguardi di biasimo.

I dati sulla mortalità generale del Ministero della Salute (pdf qui) mostrano come la mortalità sia tornata ormai da settimane a valori normali e anche al culmine della crisi abbiamo sì avuto un picco di decessi ma nulla di veramente fuori scala. Il picco fuori scala supera infatti di poco quello di inizio 2017 e rientra molto velocemente.

Il problema è che di fronte a un evento che a posteriori non appare essere stato assolutamente eccezionale abbiamo preso misure del tutto eccezionali e continuiamo a portarle avanti contro ogni dato ed evidenza. Di nuovo: perché lo stiamo facendo?
La domanda è in fin dei conti retorica e rischieremmo di porcela e risponderci all’infinito con spiegazioni più o meno solide per giustificare prima di tutto di fronte a noi stessi il fatto che, comunque, lo stiamo effettivamente ancora facendo.

Credo sia però importante sottolineare un punto su cui ormai ci si sofferma poco ovvero perché abbiamo accettato in prima istanza di iniziare a farlo, cosa è stato a farci accettare le prime e più dure misure di contenimento che ci hanno tenuti chiusi in casa per mesi.

La risposta credo possa essere per tutti la seria paura di morire, paura che nelle prime settimane ci è stata posta come razionale e fondata per un motivo logico e consistente: con il coronavirus si finisce in terapia intensiva e non abbiamo abbastanza posti per tutti, la frase del terrore è stata per settimane «i medici dovranno decidere chi salvare». Inoltre non disponiamo di un vaccino efficace.

Ebbene, il picco relativo alle terapie intensive è terminato da un pezzo e nel frattempo sono stati testati protocolli, spesso usati informalmente dai medici contro (o per meglio dire nonostante) le mutevoli e contraddittorie fino a far pensar male linee guida ufficiali, per gestire la gran parte i casi sintomatici ed altri come l’uso del plasma da donatore per i casi che arrivano alle fasi più avanzate della malattia.

Insomma, i motivi fondanti della paura sono svaniti ma continuiamo a comportarci come se l’avessimo o peggio continuiamo ad averla contro ogni razionalità: il coronavirus è ormai uno dei tanti patogeni con cui potremmo venire a contatto ma non certo peggiore di molti altri con cui rischiamo quotidianamente di entrare in contatto senza per questo aver mai preso nessuna seria precauzione.

In questo teatrino di incoerenza e assurdità il Ministro della Salute ci ricorda che dovremo continuare a recitare la nostra parte fino alla scena, evidentemente già prevista dal copione, in cui sarà disponibile un vaccino.
Ciò che il Ministro non tiene in nessuna considerazione, e anche questo onestamente porta a pensar male, è che un vaccino esiste già, è potenzialmente disponibile per tutti e una fetta importantissima della popolazione, consapevole o no, ha già avuto la sua dose.

Il vaccino a cui faccio riferimento è quello originale da sempre previsto dalla natura che noi umani abbiamo semplicemente copiato e ingegnerizzato: entrare in contatto con il virus e sviluppare i relativi anticorpi.

Ora, in uno scenario in cui la maggior parte delle persone che risultano positive ai tamponi o agli esami sierologici sono o sono state asintomatiche mentre al contempo le terapie intensive sono a livelli di carico del tutto fisiologici viene da chiedersi seriamente perché non si porti la società a tornare alle normali abitudini salvo essere pronti a tornare in lockdown nel caso in cui iniziassero ad esserci nuovamente seri segnali di rischio di collasso delle terapie intensive ottenendo nel frattempo la graduale immunizzazione della gran parte della popolazione.

Posto che probabilmente stiamo già ottenendo lo stesso effetto di immunizzazione diffusa grazie al fatto che misure come distanziamento e mascherine sono sostanzialmente inefficaci, l’unica spiegazione logicamente sostenibile della posizione attuale del Ministro della Salute è che nella sua logica sia molto importante arrivare almeno al punto in cui ci sarà un acquisto massiccio di dosi di vaccino. Abbiamo del resto il precedente dell’H1N1, altra pandemia targata OMS che fu definita a posteriori una truffa colossale.

Questa volta il costo delle dosi di vaccino, che si finisca o no per usarle, sarà un costo marginale rispetto a quelli che sono stati i costi della gestione di questa crisi: costi fatti di distruzione deliberata di interi settori economici a partire ovviamente dal turismo con un impatto sul PIL stimato tra il 5 e il 10% ma che sarà alla fine molto probabilmente a 2 cifre.

Non dimentichiamo inoltre che le misure eccezionali legate all’allarme covid-19 hanno portato per forza di cose a peggiorare significativamente i livelli di servizio del sistema sanitario nazionale su tutte le altre patologie.
Pensiamo a quante morti abbiamo avuto o avremo per interventi annullati o rimandati o mancate diagnosi dovute al fatto che «andare in ospedale è pericoloso» che porteranno inevitabilmente a diagnosi tardive rispetto a una situazione normale per molte patologie gravi.

Ci rimane la seconda metà dell’anno da vivere con la prospettiva di scuole che apriranno, ad oggi per nessun motivo, con classi che frequenteranno a turni e non si sa che genere di regole e limitazioni per i bambini che potrebbero rimanere segnati a vita dall’esperienza di essere educati a percepire i propri compagni come una minaccia all propria salute e non un prezioso elemento della propria vita. Per gli adulti l’aspettativa è quella di affrontare altri mesi di crisi economica, forse i più duri con la fine del blocco dei licenziamenti, i risparmi che vanno inevitabilmente a ridursi e nessun segnale concreto che per il nostro Paese si possa pensare a una veloce ripresa economica.

Iscriviti a Money.it