La Commissione propone di estendere le misure anti-crisi per gli aiuti pubblici alle imprese, con occhio di riguardo verso le start-up nel settore digitale e high-tech.
La direzione generale per la concorrenza della Commissione europea ha inoltrato agli Stati Membri una proposta per estendere il quadro di riferimento temporaneo sugli aiuti di Stato a favore di alcune tipologie di piccole e micro-imprese nel settore tecnologico, start-up incluse, che fossero già in difficoltà finanziarie prima dello scoppio della pandemia.
In una lettera congiunta alla commissaria Vestager, una coalizione di oltre quaranta associazioni rappresentative di start-up nel settore digitale e high-tech aveva chiesto con forza di concedere maggiore flessibilità ai governi europei nel sostenere le piccole imprese innovative già in perdita prima della crisi, quale settore strategico per l’Unione.
Superare il divieto di sostegno pubblico alle start-up in difficoltà
Come denunciato alla lettera di Allied for Start-ups alla Commissione, molte piccole e micro-imprese tech sostenute da capitali di rischio risultavano in “difficoltà finanziaria” prima della crisi secondo la classificazione UE per gli aiuti di Stato e quindi non ammissibili al sostegno pubblico.
Tali difficoltà rispondono però a un modello di business tipico di queste imprese in rapida crescita, che spesso operano in perdita o vendono parte delle loro società agli investitori.
Secondo la normativa europea, che appunto impedisce ai governi di sostenere aziende a rischio di fallimento, molte start-up innovative non hanno potuto beneficiare quindi di alcun aiuto di Stato, a differenza di quanto avvenuto per altri settori più tradizionali.
Come sostiene la lettera delle associazioni di start-up, “considerare solo il flusso di cassa corrente sminuisce il potenziale economico di queste imprese e impedisce loro di ricevere quel sostegno che è oggi indispensabile”.
La commissaria alla concorrenza, Vestager, ha proposto quindi ai governi europei di allentare i criteri del quadro temporaneo per gli aiuti di Stato, introdotto lo scorso marzo in risposta alla crisi da coronavirus, in modo da farvi rientrare anche le start-up tecnologiche che avessero registrato perdite prima del dicembre 2019.
Secondo Benedikt Blomeyer, rappresentante di Allied for Start-ups, la Commissione si sta “muovendo nella giusta direzione” per “assicurare che l’eco-sistema delle start-up possa ricevere lo stesso sostegno finanziario di cui stanno beneficiando altro aziende nel contesto dell’epidemia di COVID-19”.
La misura si rivolge anche ad “altre piccole e micro-imprese”, la cui esatta definizione sarà cruciale, che sono state particolarmente colpite da una carenza di liquidità nel contesto della crisi che si è aggiunta ai maggiori vincoli di accesso al credito rispetto alle medie e grandi aziende esistenti anche prima della pandemia. Come dichiarato dalla commissaria Vestager:
“Le micro, piccole imprese e start-up stanno affrontando problemi specifici causati dalla crisi da coronavirus. Esse sono fondamentali per la ripresa economica dell’Unione”.
Il quadro normativo temporaneo della Commissione per gli aiuti di Stato
Fra le misure di emergenza adottate in risposta alla crisi pandemica, la Commissione europea ha adottato lo scorso 19 marzo un quadro temporaneo di riferimento tale da garantire la massima flessibilità nelle regole europee che disciplinano gli aiuti di Stato.
Le tipologie di intervento pubblico a sostegno delle aziende prevedono:
- l’erogazione di sovvenzioni dirette ed esenzioni fiscali per un massimo di 800 mila euro per le singole aziende con problemi di liquidità;
- garanzie statali su prestiti bancari;
- prestiti pubblici a tassi agevolati;
- assicurazioni dei crediti all’esportazione a breve termine.
Il quadro temporaneo è stato successivamente emendato nei mesi scorsi. Una prima volta, il 3 aprile, per ampliare le possibilità di supporto pubblico alla ricerca e ai prodotti necessari nella lotta al coronavirus. Un secondo emendamento, a maggio, ha concesso ai governi di europei di implementare piani di ricapitalizzazione delle aziende in difficoltà, quale soluzione estrema e da realizzare a condizioni precise, quale la predisposizione di piani certi per la futura uscita dello Stato dal capitale dell’impresa, e il divieto di pagamento dei dividendi e di riacquisto delle azioni.
Inoltre il nuovo quadro ha introdotto la possibilità per gli Stati di acquisire crediti subordinati a condizioni agevolate. Con la proposta attuale, la Commissione si propone di allargare ulteriormente le maglie dei vincoli europei agli aiuti di Stato, in via temporanea, rivolgendosi questa volta nello specifico al settore delle piccole imprese, in primo luogo quelle ad alto impatto tecnologico, secondo le priorità strategiche di politica industriale dell’Unione.
Possibilità per gli investitori privati di sostenere le aziende insieme allo Stato
Infine, i nuovi emendamenti si propongono di consentire alle aziende con partecipazioni statali di poter procedere ad aumenti di capitale da parte degli investitori privati, allentando quindi i rigidi vincoli stabiliti nel quadro normativo ordinario, e fornendo al contrario incentivi specifici per attrarre nuove iniezioni di capitali privati.
La Commissione assicura che simili concessioni preserveranno allo stesso tempo condizioni concorrenziali uniformi nel mercato comune. In che modo e misura l’esecutivo europeo potrà effettivamente prevenire distorsioni competitive dipenderà soprattutto dalla risposta di medio e lungo termine che l’Unione saprà dare per ridurre le asimmetrie nella capacità fiscale effettiva dei singoli governi europei, legate alle prospettive di ripresa e alla sostenibilità dei rispettivi debiti pubblici.
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