La vera storia dei coniugi Żabińska raccontata da Niki Caro nella pellicola “La signora dello zoo di Varsavia”.
Antonina Żabińska, interpretata da Jessica Chastain, ne “La signora dello zoo di Varsavia”, insieme al marito, rappresenta un chiaro esempio di umanità che non si piegò all’orrore del Terzo Reich.
La coppia è stata proclamata “Giusti tra le nazioni” per la missione umanitaria che ha caratterizzato la loro storia. Jan e Antonina Żabińska approfittarono della loro posizione a Varsavia per aiutare gli altri, in particolare gli ebrei.
Jan fu il direttore dello zoo di Varsavia: le gabbie vuote dello zoo si trasformarono in rifugi temporanei per quegli ebrei che non trovavano altro luogo dove nascondersi. Oltre a nascondere le persone nello zoo, i coniugi Żabińska usarono anche la loro dimora come rifugio per i perseguitati dell’epoca: Antonina, per avvisare gli ospiti di un pericolo, suonava al pianoforte una musica di Offenbach, al suono di “Vai, vai a Creta” i clandestini correvano a nascondersi in soffitta, o in un piano interrato sotto il giardino di casa Żabińska, attraverso un tunnel segreto.
La storia di Jan e Antonina Żabińska
La storia di Antonina ha ispirato sia la letteratura sia la cinematografia internazionale:
- “La signora dello zoo di Varsavia”, film del 2017 diretto dalla regista neozelandese Niki Caro con Jessica Chastain e Daniel Bruhl nel cast, pellicola ispirata alla storia dei coniugi;
- “Gli ebrei dello zoo di Varsavia”, era a sua volta basato sul diario della scrittrice polacca Antonina Żabińska in cui racconta come, durante la Seconda Guerra Mondiale, lei e suoi marito si siano opposti alla furia nazista verso i confronti degli ebrei polacchi.
Antonina Żabińska era un’insegnante amante dell’arte e della musica, cattolica e aveva perso i suoi genitori durante la Rivoluzione russa. Donna piena di ansie e timori, ma con una grande nobiltà d’animo, decise di aiutare gli ebrei perseguitati dal Reich mettendo a rischio la sua stessa vita. Antonina, nei suoi diari, ha raccontato di aver agito in questa maniera perché non poteva sopportare il fatto di restare inerme di fronte una tale brutalità come la persecuzione degli ebrei.
Il marito di Antonina, Jan Żabińska, zoologo e zootecnico, nonché direttore dello zoo di Varsavia e, nel periodo che va dal 1939 al 1945, anche sovrintendente dei parchi della città, oltre ad aiutare gli ebrei a nascondersi si dedicava anche al furto di armi e al sabotaggio dei nazisti durante l’occupazione della Polonia: Jan fece parte della resistenza antitedesca, il movimento polacco che costruì una città sotterranea per far fronte all’avanzata del Reich.
In che modo Jan e Antonina salvarono 300 ebrei
Costretti a sgomberare gli animali dallo zoo, Jan e Antonina proposero agli occupanti di convertirlo in un allevamento per bovini, così da utilizzare la scusa del trasporto di cibo per animali per poter nascondere tutte quelle persone perseguitate dalla follia nazista. Oltretutto le gabbie dello zoo vennero utilizzate per nascondere gli ebrei nei sotterranei di Varsavia.
La pellicola di Caro ci mostra come Jan e Antonina utilizzavano l’allevamento come escamotage per caricare, oltre al cibo per gli animali, anche gli ebrei del ghetto ebraico sito in Varsavia: i rifugiati venivano nascosti in botole oppure sotto l’immondizia, portati nella propria dimora, fatti nascondere nei sotterranei per poi lasciarli fuggire verso luoghi più sicuri. Alla loro impresa partecipò anche il figlio Ryszard che, nonostante la giovane età, si prodigò insieme alla madre e al padre per coprire e accudire i rifugiati.
Antonina, per comunicare con gli ebrei che si nascondevano, utilizzava la musica: una sinfonia veloce e caotica per indicare situazioni di pericolo, e quindi indurli a fare silenzio; una musica soft per far capire loro che era il momento di uscire dalle gabbie e salire al piano di sopra. Oltre al rischio di ripercussioni da parte dei nazisti, i coniugi Żabińska, attinsero alle loro risorse per mantenere i rifugiati.
Con la loro umanità e forza d’animo, Jan e Antonina riuscirono a salvare 300 tra ebrei e partigiani nel corso di tre anni. Una storia che ha molto da insegnare, specialmente a chi, specie nel mondo di oggi, non crede più nella giustizia e nel bene umano.
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