La vera storia di Giulia Spizzichino. Ecco chi era la «farfalla impazzita», cos’ha fatto e perché dobbiamo ricordarla.
Questa sera, mercoledì 29 gennaio, va in onda il film “La farfalla impazzita”, la vera storia di Giulia Spizzichino, ebrea romana sopravvissuta all’Olocausto che ha incanalato le proprie sofferenze in un instancabile lotta per la verità e la giustizia. Nella riproduzione, tratta a sua volta dall’omonimo libro autobiografico, è Elena Sofia Ricci a dare il volto alla protagonista. Un ruolo delicato e struggente anche per un’attrice di grande esperienza e professionalità, che ha raccontato l’ammirazione per questa donna e il “dovere della memoria”.
Chi è Giulia Spizzichino
Giulia Spizzichino nasce a Roma il 4 dicembre 1926 da una famiglia ebraica, entrando fin dalla più giovane età a contatto con gli orrori delle persecuzioni nazi-fasciste. L’allontanamento da scuola e le lacrime della madre Ester sono il vivido ricordo delle leggi razziali che ha accompagnato Giulia. Lo sterminio della sua famiglia e dei suoi affetti, il dolore per la perdita e la paura per il futuro non ne hanno spento lo spirito combattivo.
Fino alla sua morte il 15 dicembre 2016, Giulia Spizzichino si è dedicata con coraggio e dedizione alla memoria storica, alla lotta per la giustizia e la verità. Proprio a lei si deve un ruolo fondamentale nel processo (e nell’estradizione che lo ha permesso) dell’ex capitano delle SS Erich Priebke, al comando dell’unità responsabile dell’eccidio delle Fosse Ardeatine.
L’impegno per la verità di Giulia è stato continuo e inarrestabile, un percorso interiore profondo per venire a patti con le sofferenze, ma anche una battaglia per scongiurare il ripetersi della Shoah. Una lotta per smuovere soprattutto l’opinione pubblica, invitare a informarsi e confrontarsi con la storia, imparare dagli errori per riconoscere e fermare sul nascere simili atrocità. In tal proposito c’è una celebre citazione che richiama perfettamente il monito lasciato da Giulia:
Le vittime sono vittime e i carnefici sono carnefici, ovunque e sempre.
La vera storia de “La farfalla impazzita”
Il titolo del libro autobiografico di Giulia Spizzichino, che a sua volta dà il nome al film, è ripreso dal nomignolo affettuoso di un caro amico della protagonista, Stefano Persiani. Una metafora in cui i continui spostamenti di Giulia, in fuga prima dai nazisti e poi dalle sofferenze, fino alla ricerca di giustizia, diventano il frenetico battito d’ali di una farfalla che non ha dove posarsi. Tutto comincia con il rastrellamento del ghetto di Roma, il 16 ottobre 1943.
Nel sabato nero più di 2.000 persone vengono arrestate, ma non Giulia. Il padre Cesare, senza cadere nell’inganno dell’oro, la porta insieme ad altri familiari in rifugi di fortuna. Così, sfugge alla deportazione, passando poi la sua giovinezza a nascondersi e scappare. C’è però un altro momento che ha segnato indelebilmente la vita di Giulia, ovvero l’eccidio delle Fosse Ardeatine, solo qualche giorno dopo l’arresto di tutti i familiari del ramo materno (famiglia Di Consiglio), tra cui i nonni. Sono 7 i familiari di Giulia Spizzichino che perdono la vita quel giorno (tra cui il padre), mentre altri 19 non faranno ritorno da Auschwitz.
Perde molti familiari durante la guerra e quando finalmente non deve più nascondersi sceglie di dedicarsi con determinazione alla memoria. Come ha raccontato in passato la stessa protagonista, la morte della mamma Ester le ha dato la spinta, il “dovere di essere testimone”. Così, quando scopre del ritrovamento di Erich Priebke in Argentina vola a Buenos Aires insieme all’avvocato Franco Restelli, dove si stringe alle Abuelas di Plaza de Mayo, l’associazione dedicata ai desaparecidos.
Sofferenze e desiderio di giustizia, ma non di vendetta, ispirano Giulia, che lotta con ancora più ardore per combattere il negazionismo e farsi ascoltare dall’opinione pubblica. Alla fine, Erich Priebke viene estradato in Italia e condannato all’ergastolo per i crimini di guerra, non senza un lungo e doloroso processo in cui la testimonianza di Giulia si è rivelata cruciale. Pur costretta a riaprire le proprie ferite non si è mai tirata indietro, all’insegna della memoria.
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