Il nuovo presidente dell’Argentina, Mauricio Macri, inizia il suo mandato presidenziale, senza maggioranza parlamentare e con la forte opposizione del “kirchnerismo”.
Con il giuramento prestato il 10 dicembre davanti al Parlamento argentino Mauricio Macri , vincitore del ballottaggio dello scorso 22 novembre contro il candidato peronista Daniel Scioli, inizia il suo mandato come presidente dell’Argentina.
Così, dopo dodici anni di «kirchnerismo» - iniziato nel 2003 con la vittoria delle presidenziali da parte di Nestor Kirchner e proseguito con i due mandati di sua moglie Cristina) - l’Argentina prova a voltare pagina affrancandosi dal peronismo.
Infatti, per la prima volta in 99 anni dalla prima elezione presidenziale democratica, arriva alla “Casa Rosada” un politico che non appartiene né al partito di centro UCR, né al PJ (Partido Justicialista, Partito Giustizialista), fondato nel 1947 da Juan Domingo Perón come Partito Peronista. Macri, invece, è il leader del partito “liberale” Proposta Repubblicana (PRO).
Un incarico che si prospetta tutto in salita per l’ex sindaco di Buenos Aires di origini calabresi. Oltre a dover fare i conti con l’ostruzionismo del kirchnerismo, di cui già si è avuto un assaggio con il mancato passaggio del testimone, cosa che non succedeva dalla fine del regime militare nel 1983 dovuto al boicottaggio della cerimonia di investitura da parte di Cristina Fernandez de Kirchner, Macri non potrà fare affidamento nemmeno su una maggioranza parlamentare.
Infatti, quest’ultimo ha sconfitto il suo avversario Scioli con meno di tre punti percentuali di differenza (51,4% a 48,6%), pari a poco più di 700.000 voti in un paese con 32 milioni di aventi diritto al voto. Ecco perché, nel suo primo discorso ufficiale dai toni pacati, ha fatto leva sui valori di unità nazionale e di riconciliazione.
Chi è Mauricio Macri?
Insieme a voi costruirò l’Argentina che sogniamo
La nuova Argentina di Mauricio Macri inizia con una cerimonia di insediamento sobria, concisa (circa 30 minuti) e fedele al protocollo. Uno stile differente da quello che ha caratterizzato gli otto anni di mandato di Cristina Fernandez de Kirchner. Dopo aver ricevuto i simboli del potere presidenziale - il bastone e la fascia con i colori della bandiera argentina - dal presidente provvisorio del Senato, Federico Pinedo, giusto il tempo di concludere il cerimoniale, gli applausi e gli abbracci di rito, Macri si è diretto verso la Casa Rosada, il palazzo presidenziale argentino in Plaza de Mayo (in Buenos Aires), gremita di gente. Una volta qui, insieme alla moglie Juliana Awada e alla figlia, il neo presidente – affacciandosi allo storico balcone, reso famoso anche per il ’Don’t Cry for Me, Argentina’ di Eva (Evita) Peron – ha ringraziato il popolo argentino.
«Siamo qui, appunto, per dare inizio ad un tappa meravigliosa del nostro Paese»
ha esordito un euforico Macri, il quale – ricollegandosi al “Sì, se pudo” urlato dalla folla presente – ha puntualizzato che adesso tutti potranno esprimersi liberamente nella Repubblica Argentina. Adesso, sempre secondo Macri, sarà possibile pensare differente e lavorare congiuntamente: «Dobbiamo continuare ad essere uniti, questa Argentina la costruiremo tutti insieme».
Tuttavia, nonostante nel suo discorso il presidente argentino abbia sostenuto che occorre essere ottimisti riguardo al futuro della nazione, c’è tanto lavoro da fare.
Macri, Argentina: il programma elettorale
Con una crisi economica che si sta rafforzando, Macri – stando al suo programma elettorale – invertirà la tendenza del modello isolazionista e nazionalista voluta da Cristina Kirchner, aprendo agli investimenti stranieri. Cercherà di effettuare un cambio nella politica economica e monetaria, rispetto al controllo dell’inflazione, in tema di salari e della spesa pubblica. Inoltre, in merito alla politica estera, le sue posizioni liberiste potrebbero portarlo ad un riavvicinamento agli Stati Uniti e a prendere le distanze da alcuni leader sudamericani. Questo anche per porre un freno all’insicurezza generata dal narcotraffico.
Nello specifico, nel corso della sua campagna elettorale, Macrì ha promesso che chiederà la sospensione del Venezuela dal Mercosur per il mancato rispetto della clausola democratica, a seguito della censura e dell’arresto ai danni degli oppositori del governo di Maduro (come accaduto nel caso di Leopoldo Lopez). Non è un caso, a tal proposito, che il presidente venezuelano ha disertato la cerimonia ufficiale di insediamento. Tuttavia, la recente sconfitta di Maduro potrebbe aprire nuovi spiragli di collaborazione, nel caso in cui l’opposizione riuscisse a spodestare l’attuale presidente in carica.
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Invece l’Unione europea si auspica che – con questo cambio al vertice alla Casa Rosada – possano riprendere le negoziazioni riguardo ad un trattato di libero scambio con il Mercosur (composto da Argentina, Brasile, Uruguay, Paraguay e Venezuela).
Possibilità, quest’ultima, che non è da escludere se si pensa al messaggio inviato ai paesi dell’America Latina e al resto del mondo – sulla falsariga del discorso fatto alla nazione –, in cui Macri ha invitato tutti a trovare dei punti di contatto al fine di poter lavorare in un clima di cooperazione, senza pregiudizi e rancori. Sottolineando, altresì, che il rafforzamento della democrazia è l’unica via percorribile per poter superare le difficoltà.
(Foto: El Paìs)
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