L’Argentina ha trovato in extremis un accordo con il Club di Parigi: scongiurata la bancarotta sui pagamenti in scadenza a luglio. Ma i guai, per il Governo Fernandez, non sono finiti.
L’Argentina è riuscita a scongiurare (per ora, e di un soffio) il decimo default della sua storia, il quarto solo nel terzo millennio. Il Club di Parigi, gruppo che riunisce le organizzazioni finanziarie dei 22 Paesi più ricchi al mondo, ha concesso al Governo Fernandez un haircut del capitale da rimborsare, unitamente ad un rinvio della scadenza per i pagamenti.
Decisione, quella dei creditori, che sembra allontanare l’incubo dell’ennesima bancarotta, ma su Buenos Aires pesa anche la rinegoziazione dei prestiti elargiti dal Fondo monetario internazionale (Fmi), sui quali non sono previste sforbiciate.
Argentina (di nuovo) a rischio default? Ecco cosa sta succedendo
Ma riavvolgiamo il nastro. Lo scorso maggio l’Argentina aveva saltato l’ultima scadenza da 2,4 miliardi di dollari di un maxi-debito contratto in passato con il Club di Parigi (c’è anche l’Italia), e rinegoziato nel 2014. I creditori internazionali, allora, avevano deciso di concedere al Paese un periodo di grazia di 30 giorni, al termine del quale sarebbe scattato automaticamente il default.
A pochi giorni da questa nuova scadenza, tuttavia, il ministro delle Finanze argentino Martin Guzman ha ottenuto un considerevole taglio del debito, passato da 2,4 miliardi a 430 milioni, e anche un altro rinvio del termine ultimo per i pagamenti, ora fissato a marzo 2022. Già a luglio, da quanto si apprende, il Governo Fernandez dovrebbe però provvedere a versare una prima tranche.
Il nodo dei prestiti dell’Fmi
Solo che, per l’Argentina, i guai non finiscono qui. Al momento infatti l’esecutivo sta rinegoziando i 44 miliardi di dollari di prestiti ottenuti dall’Fmi tra il 2018 e il 2019. Di questi, 18 miliardi dovrebbero essere restituiti già il prossimo anno, e circa 40 miliardi nel biennio 2022-2023.
La cancellazione del debito, anche solo parziale, non sembra tuttavia una strada percorribile, ed è probabile che l’Argentina dovrà accontentarsi di cedole più basse e scadenze allungate.
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