È legale emettere assegni postdatati? Cosa si rischia? Quali sono le sanzioni irrogate e quali sono le conseguenze?
Emettere un assegno postdatato costituisce sempre un reato? Quale tipo di illecito si commette? Quali sono le sanzioni che vengono irrogate e quali sono le conseguenze derivanti?
Un punto fermo è il seguente: non si commette alcun reato nell’emettere un assegno postdatato, salvo che il debitore non metta in atto comportamenti fraudolenti. Infatti, l’unica fattispecie che si può ricondurre ad un illecito penale insorge quando il soggetto debitore, nella traditio del titolo di credito, convince il creditore che il conto è coperto o che lo sarà per la data riportata sull’assegno.
In tale caso, con raggiri e comportamenti fraudolenti, il debitore finge una situazione non veritiera, facendo ritenere a colui che deve incassare l’assegno che il titolo di credito verrà puntualmente onorato alla scadenza. Questa fattispecie costituisce quello che in giurisprudenza viene denominato “reato di insolvenza fraudolenta”.
Quali sono le sanzioni e le conseguenze derivanti da questa condotta fraudolenta? La normativa vuole che il debitore per essere punito penalmente non tenga una semplice condotta passiva, ma vi sia una dichiarazione espressa o una condotta attiva, tali da trarre in inganno il creditore facendogli ritenere che l’assegno postdatato sarà pagato.
Vediamo in questa guida quale disciplina normativa regola l’assegno bancario, quando l’assegno postdatato è considerato illegale secondo i vari profili (compreso quello penale), quali sono le sanzioni comminate dal Legislatore e le conseguenze derivanti.
Assegno postdatato: normativa legislativa
L’assegno bancario è disciplinato ancora oggi da una legge entrata in vigore con il Regio Decreto del 21 dicembre 1933, che ebbe l’intento riformistico di individuare e di regolamentare le problematiche connesse all’emissione e alla circolazione di questi titoli di credito che, con l’evoluzione temporale, ha subito una serie di nuovi interventi legislativi.
Secondo il Regio Decreto del 1933 emettere un assegno postdatato è considerato illegale secondo vari profili, compreso quello penale.
Con l’entrata in vigore del decreto Legge 507/99, non si può configurare come fattispecie di reato trattandosi solo di un comportamento sanzionabile per evasione dell’imposta di bollo, a norma del D.P.R. 642/72.
Emettere un assegno postdatato: illeciti, sanzioni e conseguenze
Un assegno si può definire postdatato nel momento in cui il titolo di credito presenta una data di emissione differente e postuma rispetto a quella reale. In questo modo, l’assegno viene a trasformarsi in una sorta di documento cambiario.
In tale caso, tale comportamento è sanzionabile in quanto comporta evasione dell’imposta di bollo relativa al mancato rispetto delle normative che impongono per i titoli postdatati di assolverla regolarmente.
Allora, costituisce un illecito amministrativo emettere un assegno postdatato? Non si rischia alcuna sanzione amministrativa ad emettere assegni postdatati; l’unica sanzione che viene irrogata scatta nel caso in cui lo stesso titolo di credito, al momento della presentazione al creditore, risulti scoperto.
In questa fattispecie scatta il protesto ed il Prefetto irroga la sanzione pecuniaria per il soggetto debitore che ha emesso un assegno a vuoto. Tuttavia, onorando l’obbligazione assunta immediatamente, questi può evitare anche la sanzione amministrativa. Si ricorda che chi emette un assegno postdatato rischia di dover pagare una sanzione pari al 2,4% del valore del titolo di credito.
Emettere un assegno postdatato costituisce un’azione illecita dal punto di vista tributario. Quali sono le conseguenze derivanti da questo comportamento? Si deve ricordare che l’assegno postdatato altro non è che un accordo siglato tra il soggetto debitore e il creditore: il primo rilascia al secondo una garanzia, un titolo di credito per assolvere un’obbligazione futura.
L’assegno postdatato viene ad espletare la stessa identica funzione della cambiale: una promessa di pagamento futura per un’obbligazione attuale.
La buona prassi commerciale vuole che all’acquisto del titolo cambiario si paghi l’imposta di bollo, che non viene onorata nel caso in cui si emetta l’assegno postdatato.
Ne deriva come conseguenza che utilizzare l’assegno, in funzione di garanzia di un futuro pagamento, costituisce un modo per evadere l’imposta di bollo che deve essere assolta con la cambiale.
Emettere un assegno postdatato costituisce un’evasione fiscale che può essere sanata attraverso la c.d. regolarizzazione del titolo ovvero mediante regolare adempimento dell’imposta e delle relative sanzioni.
Una volta effettuata la regolarizzazione, l’assegno può essere portato alla cassa di un istituto bancario e pagato anche prima della scadenza della data riportata sul titolo di credito stesso.
Tuttavia, il creditore può continuare a conservare l’assegno e portarlo all’incasso solo alla data indicata sul titolo di credito: in tal caso, nessuno si accorgerà dell’evasione fiscale e sarà onorato regolarmente.
Ci sono alternative all’assegno postdatato?
È valido l’accordo tra creditore e debitore per il rilascio dell’assegno postdatato? La normativa civilistica è concorde con il ritenere non valido l’accordo siglato tra creditore e debitore in virtù del quale il soggetto creditore si impegna a non presentare l’assegno all’incasso prima della data indicata.
Si deve ricordare che l’assegno è un titolo pagabile a vista, ossia in qualsiasi momento e a favore di chiunque se ne trovi in possesso. L’accordo di postdatazione è nullo da un punto di vista civilistico e deve considerarsi come se non fosse mai stato siglato tra creditore e debitore.
Inoltre, l’assegno postdatato non può essere utilizzato dal creditore per una eventuale esecuzione forzata o per chiedere un decreto ingiuntivo al tribunale.
Per evitare tutte le conseguenze derivanti dall’emissione dell’assegno postdato, in alternativa si può emettere una cambiale.
Il titolo cambiario è un titolo di credito che consente al creditore di agire direttamente con un’azione di pignoramento, senza dover fare una causa o richiedere un decreto ingiuntivo.
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