Cos’è il bail in, il sistema di salvataggio delle banche imposto dalla direttiva BRRD dal 1° gennaio 2016 in Italia? Ecco cosa cambia e i rischi per i risparmiatori.
Il bail in è il salvataggio di un istituto finanziario sull’orlo del fallimento facendo ricadere le perdite sui suoi obbligazionisti e correntisti.
Si torna a parlare di bail in e del salvataggio delle banche italiane in crisi con i soldi dei risparmiatori data la vicenda delle banche venete: Veneto Banca e Popolare di Vicenza, infatti, stanno rischiando il bail in.
Il termine bail in si contrappone al bail out, che prevede il salvataggio di una banca ad opera di terze parti, in genere il Governo del Paese di residenza dell’istituzione finanziaria che utilizza i soldi dei contribuenti.
Ecco tutte le risposte per i risparmiatori italiani da cos’è il bail in e cosa cambia per chi possiede azioni, obbligazioni o semplicemente ha un conto corrente presso una banca in crisi che viene salvata tramite il bail in, normativa sviluppata in ambito europeo.
Bail in: sommario
Cos’è il bail in?
Il bail in prevede che in caso di gravi difficoltà finanziarie delle banche siano gli azionisti, obbligazionisti e correntisti della banca stessa a contribuire al salvataggio della propria banca e con i propri soldi.
Eccezione solo per i clienti delle banche che detengono un deposito inferiore a 100 mila euro, che viene integralmente protetto dal Fondo di Garanzia dei Depositi.
Bail in in Italia
Il bail in è ormai un realtà anche in Italia: dal 1° gennaio 2016 in Italia e nei paesi dell’eurozona sono cambiate le regole di salvataggio delle banche in crisi.
Con il recepimento della BRRD (Banking Recovery and Resolution Directive), la direttiva europea per il salvataggio e la risoluzione del dissesto degli istituti di credito, viene introdotto lo strumento ormai a molti noto del bail in.
Ti interesserà anche: Banche a rischio 2017: chi rischia bail in e fallimento in Italia?
Come funziona il bail in
Con l’adozione dell’ultima normativa europea si passa da un meccanismo di risanamento esterno (bail out) - che prevedeva un intervento diretto da parte dello Stato nel piano di salvataggio delle banche attraverso i soldi di tutti i contribuenti - ad uno strumento interno (bail in) - che vede il gli investitori della banca stessa pagare di propria tasca per il fallimento dell’istituto.
Il funzionamento del bail in segue degli obiettivi semplici, per alcuni discutibili:
- risolvere il problema delle banche “dal di dentro” («in»), senza ricorrere agli aiuti di Stato,
- evitare il fallimento di una banca in gravi difficoltà economiche,
- garantire alla banca stessa di continuare ad erogare i propri servizi finanziari ritenuti essenziali per la collettività.
Bail in: cosa e quanto rischiano i risparmiatori?
Non tutti i correntisti contribuiranno al salvataggio della banca con lo stesso grado di rischio. Secondo la gerarchia del bail in è previsto prima il contributo dei soggetti creditori più rischiosi e poi, nel caso in cui le loro risorse risultassero insufficienti, si passa a quelle delle categorie successive.
Ad esempio, in caso di bail in, chi possiede un’obbligazione bancaria potrebbe veder convertito in azioni e/o ridotto il proprio credito solo se le risorse degli azionisti e di coloro che hanno titoli di debito subordinati (le categorie più rischiose)si sono rivelate insufficienti a coprire le perdite e ricapitalizzare la banca.
Sono invece esplicitamente esclusi i risparmiatori che hanno depositi fino a 100 mila euro cioè quelli protetti dal Fondo di garanzia dei depositi.
In particolare questa protezione riguarda:
- le somme detenute sul conto corrente,
- le somme detenute in un libretto di deposito,
- i certificati di deposito coperti dal fondo di garanzia.
Sono inoltre esclusi dal bail in:
- le passività garantite: i covered bond e altri strumenti garantiti,
- i contenuti delle cassette di sicurezza o i titoli detenuti in un conto apposito,
- i debiti verso i dipendenti, i debiti commerciali e quelli fiscali.
È utile sapere che la copertura del fondo di garanzia opera per singolo correntista e per istituto. Questo significa che nel caso di un conto cointestato a due persone il fondo copre fino a 200 mila euro. Chi possiede una pluralità di conti presso la stessa banca il totale garantito rimane sempre 100 mila euro. Se invece un correntista ha più conti ma in banche diverse, è chiamato a contribuire solo per la somma eccedente i 100 mila euro presso la banca in difficoltà.
Tuttavia anche per la parte eccedente i 100 mila euro i depositi delle persone fisiche e delle piccole e medie imprese ricevono un trattamento preferenziale: subirebbero un piccolo sacrificio solo nel caso in cui il bail in di tutti gli altri strumenti (con un grado di protezione minore) non fossero sufficienti a coprire le perdite e a ricapitalizzare la banca.
I contenuti della direttiva BRRD
La lunga crisi finanziaria di questi ultimi anni, e in ultimo gli effetti del referendum Brexit, hanno evidenziato in molti paesi dell’Unione Europea l’inefficacia della vigilanza bancaria europea, degli strumenti di prevenzione e di gestione della crisi soprattutto di fronte a complesse realtà bancarie operanti in più paesi sempre più finanziariamente interconnessi.
In un mercato finanziario integrato, l’attuale sistema di controllo sulle banche non è riuscito a spezzare il circolo vizioso che vede connessi da una parte il rischio sovrano di uno Stato (ossia il rischio d’insolvenza di un paese che si riflette sul valore dei titolo del debito pubblico) e dall’altra il rischio associato alle banche che operano in quel paese.
La direttiva europea BRRD, il cui decreto attuativo è stato approvato dal Consiglio dei Ministri in Italia il 10 settembre 2015, introduce in tutti i paesi europei regole armonizzate per prevenire e gestire le crisi delle banche e delle imprese di investimento.
Secondo la direttiva le banche sono tenute a preparare piani di recupero per superare le difficoltà economiche e alle autorità europee e nazionali di controllo, chiamate autorità di risoluzione, saranno riconosciuti ampi poteri e strumenti per:
- pianificare la gestione della crisi,
- intervenire in tempo, prima del dissesto finanziario e bancario ,
- gestire la fase di risoluzione attribuendo le perdite, secondo una gerarchia ben definita attraverso lo strumento del bail in, agli azionisti e ai creditori che subiranno la riduzione del valore delle loro azioni o di alcuni crediti o la loro conversione in azioni per assorbire le perdite e ricapitalizzare la banca.
Già in una fase di normale operatività della banca, saranno proprio le autorità di risoluzione ad individuare le strategie migliori da intraprendere in caso di crisi e sarà loro compito supervisionare e approvare i piani di risanamento predisposti dalle banche ai primi segnali di crisi finanziaria.
In Italia, l’autorità di risoluzione competente a livello nazionale è la Banca d’Italia. La direttiva consente alle autorità di risoluzione, in casi di eccezionale difficoltà di una banca, di poter disporre di strumenti di intervento tempestivi che nei casi più gravi consente la rimozione dell’intero organo di amministrazione e dell’alta dirigenza.
Bail in, direttiva BRRD: il Meccanismo Unico di Risoluzione
La nuova cornice europea della BRRD si inserisce all’interno di un progetto in corso ben più ampio e ambizioso, che è quello dell’Unione Bancaria Europea: dal novembre del 2014 è partito infatti il primo pilastro dell’Unione bancaria con l’istituzione del Meccanismo di vigilanza unico nell’area dell’euro, che fa capo alla BCE ed è responsabile della vigilanza dei più significativi gruppi bancari europei, ossia di quelli che, per dimensione, rilevanza economica e attività transfrontaliere, potrebbero pregiudicare la stabilità del sistema finanziario europeo.
Dal 1° gennaio 2016 è operativo anche il Meccanismo unico di risoluzione (Single resolution Mechanism), il 2° pilastro dell’Unione bancaria e complemento del Meccanismo di vigilanza unico.
Compito di quest’organo è la gestione accentrata delle crisi bancarie nell’area dell’euro adottando di volta in volta i piani di risoluzione per le banche in grave dissesto finanziario e disponendo di un Fondo di risoluzione unico (Single Resolution Fund), alimentato in questi anni dai contributi versati dalle banche dei paesi partecipanti. La funzione primaria del fondo sarà quella di intervenire, attraverso la concessione di prestiti o il rilascio di garanzie, qualora risulti necessario per esempio, assorbire perdite al posto dei creditori esclusi, riducendo l’ammontare del bail in.
Il meccanismo unico di risoluzione sarà gestito da un’autorità accentrata a livello europeo, il Comitato Unico di Risoluzione e dalle autorità di risoluzione nazionali, nel nostro caso ricopre questo ruolo la Banca d’Italia.
© RIPRODUZIONE RISERVATA