Mentre Jerome Powell blandiva i mercati, la Fed pubblicava l’ultimo documento di sintesi economica. Il cui sunto era una smentita totale della narrativa ufficiale. E qualcuno, già opera in de-risk
Troppo presto per ritirare gli stimoli. Dell’audizione di Jerome Powell di fronte al Comitato finanziario del Congresso è rimasto solo questo: di fatto, l’unica cosa che conta per i mercati. Della seconda e ultima presenza istituzionale del numero uno della Fed, quella di oggi al Senato, nemmeno menzione. C’è però un problema. Il governatore della Banca centrale Usa ha lanciato la sua ennesima secchiata di acqua gelata sui bollori da tapering degli investitori nella medesima giornata di pubblicazione dei Beige Book dell’istituzione che guida.
Cosa sia, è presto detto. Otto volte l’anno, la Fed pubblica un documento di sintesi della situazione economica del Paese che nasce dall’elaborazione delle informazioni che i vari Distretti ottengono sul territorio di competenza, interpellando i cosiddetti contatti. Ovvero banche, aziende, economisti ed esperti. Un bell’esame di sangue di controllo, insomma. E cosa è emerso dall’ultimo documento reso noto, quello del 14 luglio? Basta una frase, la stessa che i partecipanti del mercato hanno sottolineato in rosso: Mentre alcuni contatti ritengono che le pressioni sui prezzi siano transitorie, la maggioranza si attende ulteriori incrementi nei costi alla fonte e nei prezzi di vendita nei prossimi mesi. Insomma, la Fed smentisce se stessa. Clamorosamente.
E anche la retorica, sempre meno convinta, del proprio numero uno, il quale prosegue con la narrazione riguardo la transitorietà dell’inflazione ma che, proprio oggi al Senato, ha dovuto ammettere come il tasso attuale sia già ben al di sopra del 2% e permarrà tale per un periodo di tempo più prolungato del previsto. Se le dinamiche dei prezzi registreranno un trend di aumento sostenuto, la Fed interverrà e dovrà cambiare la propria politica, ha concesso Jerome Powell. Ma c’è dell’altro. E sempre contenuto nel Beige Book, quindi in un documento ufficiale della Federal Reserve. Questo grafico
Fonte: Federal Reserve/Zerohedge
mostra il numero di volte in cui è menzionato il termine carenza, relativo alle componenti necessarie all’industria. Di fatto, la certificazione di un rischio di stagflazione per l’economia Usa.
Perché con una dinamica dei prezzi che, nel migliore dei casi, resterà comunque ben al di sopra del target ufficiale del 2% per tutto il 2021 e un trend da collo di bottiglia nella supply chain globale, in primis relativo ai chip e ai semi-conduttori che toccano comparti esiziali come automotive e tech , il risultato prospettico di questa addizione appare decisamente elementare da ricavare. E questo grafico
Fonte: Bloomberg
mostra come una conferma sia arrivata in tempo reale, proprio mentre Jerome Powell prendeva posto al Senato e si preparava al fuoco di fila. Se il dato della produzione manifatturiera Usa a giugno ha segnato nel suo complesso un -0,1% su base mensile contro attese di un +0,3% e dopo il +0,9% di maggio, a operare da driver al ribasso ci ha pensato proprio il -5,4% su base mensile della produzione di veicoli e componentistica.
Per ora, però, nessun allarme. Almeno, se si guarda alla superficie. Ma sotto il pelo dell’acqua qualcosa ha già cominciato a muoversi. Questo grafico,
Fonte: Goldman Sachs
infatti, è contenuto nella trimestrale record di Goldman Sachs e mostra una dinamica poco incoraggiante, quantomeno se letta in tandem con la prospettiva di stagflazione pocanzi evocata. La banca d’affari ha infatti silenziosamente ma aggressivamente scaricato 5,5 miliardi di esposizione equity in un solo trimestre, di fatto più di un quarto del suo intero portfolio equity al 31 dicembre scorso. Perché? Alla luce di quanto elencato, la ragione appare basica: seppur mascherata con la terminologia tecnica molto esotica e tranquillizzante di distribution phase, quella posta in essere da Goldman Sachs altro non è che una palese dinamica di de-risk sulle detenzioni. E chi ha comprato? Ovviamente, la clientela retail, tornata prepotentemente in giostra per il last hurrah da programmi di sostegno federale anti-pandemia. Just in time, insomma.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Argomenti