Book Calling #22: All’inferno e ritorno con Carlo Cottarelli

Antonella Coppotelli

20/04/2021

Il 2020 è stato un anno che ci ha fatto sprofondare in una triplice crisi infernale. sanitaria, economica e finanziaria. Il ritorno, inteso come risalita e uscita dal tunnel, deve andare oltre a quello che eravamo nel 2019: per una vera rinascita sociale ed economica del nostro Paese.

L’articolo 3 della nostra Costituzione recita “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.” Ed è proprio su quest’ultima parte dell’articolo che è racchiuso il senso della nostra democrazia e dell’attività dello Stato nei confronti dei cittadini: il pieno sviluppo della persona umana che “meritocraticamente” viene premiata e non lascia indietro nessuno.

Questa è la dichiarazione di intenti con cui il Professor Carlo Cottarelli apre “All’Inferno e ritorno”, suo ultimo libro edito da Feltrinelli i cui diritti d’autore sono completamente devoluti a Save The Children. Neanche il sottotitolo “per la nostra rinascita sociale ed economica” lascia scampo a equivoci, confermato da una dichiarazione dello stesso autore in apertura che afferma senza mezzi termini di aver scritto con quest’ultima produzione il più politico di tutti i suoi libri che non può non basarsi in maniera concreta e diretta sul contesto economico e sociale che ha caratterizzato l’Italia nel suo annus horribilis che ha visto precipitare il Paese in tre crisi concatenate tra loro: sanitaria, economica e finanziaria con tutte le implicazioni a livello sociale che questo comporta.

All'inferno e ritorno

Non scordiamo che già prima del 2019 la crescita del nostro PIL nell’ultimo ventennio è stata tra le più basse al mondo, decremento aumentato durante la pandemia a causa delle chiusure e della drastica diminuzione della produzione e della capacità di spesa (dovuta anche a incertezza e paura) da parte degli italiani. Malgrado tutto, però, la contrazione della nostra economia è stata meno sofferente di tante altre a livello europeo. Secondo i dati ISTAT il volume del PIL è diminuito dell’8,9%, percentuale che si discosta di poco più rispetto a quella dell’Unione Europea. Non che questo debba faccia esultare, visto che dobbiamo guardare al secondo dopoguerra per trovare un dato peggiore di quello che stiamo vivendo! Semmai dovrebbe farci riflettere sui punti di forza nostrani: in primis siamo un paese manifatturiero e questo ci ha esposto meno rispetto ad altri stati; in secundis la nostra rete di piccola e media impresa ha avuto la capacità di rispondere in maniera più flessibile a ma chiaramente la resilienza (parola tanto usata e abusata nel 2020) non basta.

Uguaglianza delle possibilità, merito e solidarietà

Ripartire, ricostruire e, infine, rinascere, però, non significa guardare a quello che eravamo. Tutt’altro. Perché se è vero che la crisi non ha toccato solo noi e ha piegato anche altre economie è altrettanto onesto andare a rafforzare e puntellare una volta per tutte le basi della nostra società. Così come recita l’articolo 3 della nostra Costituzione.

Per attuare tutto ciò è necessaria la politica e una sana ideologia che non lasci indietro nessuno e a tutti possa dare le medesime opportunità senza scadere in campagne elettorali continue e populiste. Il Professor Cottarelli, in questo, è molto schietto: dare a tutti le medesime possibilità, intese come strumenti e servizi per potersi realizzare e crescere, affiancate dal riconoscimento del merito. Questo significa responsabilizzare e mettere al centro la persona con diritti e doveri e capacità di scelta nel saper sfruttare quella possibilità senza dimenticare un aspetto di solidarietà che non significa assistenzialismo calato dall’alto e dovuto senza che si faccia nulla per meritarlo.

E parlando di possibilità uguali per tutti non si poteva non partire dalla scuola e dalla pubblica istruzione che per noi italiani è da anni la grande dimenticata all’interno della spesa pubblica: basti pensare che rispetto al 2017 non è cambiato molto e all’epoca gli investimenti statali dedicati alla scuola ci ponevano quartultimi in Europa, battuti solo dalla Romania (fonte Eurostat). Come si può pensare a una ripartenza e a un livellamento delle possibilità iniziali se la scuola, il secondo posto più importante nella vita di un bambino e di un ragazzo dopo la famiglia, non riesce a fare il proprio dovere?L’investimento, chiaramente, non si riferisce solo al corpo insegnante che dovrebbe essere maggiormente pagato e formato ma anche a tutta l’infrastruttura scolastica dal momento che l’88% degli edifici non è a norma. Una percentuale inquietante, numeri che fanno male al cuore e che dovrebbero farci alzare le antenne e mettere in modo. E’ da lì che partiranno i cittadini e i professionisti di domani che dovranno affrontare la vita e il lavoro, la sanità, le grandi battaglie per la sostenibilità ambientale e la ripresa del Paese; ma se non assicuriamo basi solide potremo mai rinascere socialmente ed economicamente?

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