Brexit: ecco tutte le promesse fatte prima del referendum ma non ancora mantenute dal Regno Unito. La Brexit è un bluff?
Brexit: le promesse mai mantenute - A 5 mesi dal referendum che ha sancito l’abbandono dell’UE da parte del Regno Unito, la Brexit continua ad occupare le prime pagine dei giornali.
È degli ultimi giorni, infatti, la notizia secondo cui il Regno Unito sarebbe pronto a pagare per poter continuare a partecipare al mercato unico dopo la Brexit. È stato lo stesso governo britannico ad ammetterlo e la notizia è parsa come una delle tante promesse fatte prima del referendum ma mai mantenute.
David Davis, ufficiale governativo della Brexit, ha confermato che il Regno Unito prenderà in considerazione l’idea di contribuire economicamente ai bilanci dell’UE in modo da poter accedere al mercato unico anche dopo il divorzio.
La promessa di non dover più pagare nulla all’UE aveva rappresentato un elemento centrale della campagna pro-Brexit e molti saranno pertanto delusi dal probabile cambiamento di rotta del governo di Theresa May. In realtà per il Regno Unito l’accesso al mercato unico è fondamentale dal punto di vista delle imprese, ma rappresenta comunque un tradimento della fiducia di quanti hanno votato “Leave”. Ecco tutte le promesse sulla Brexit mai mantenute dal Regno Unito.
Brexit: le promesse non mantenute. UK pagherà il mercato unico?
Come già accennato, dal governo hanno reso nota la possibilità di pagare per continuare ad accedere al mercato unico dopo la Brexit.
“Certo che prenderemo in considerazione questa possibilità”,
ha affermato il già citato Davis.
Come dicevamo, il mercato unico è fondamentale dato che il 45% delle esportazioni del Regno Unito finiscono in UE e dato che molte società e banche utilizzano il paese come porta d’ingresso per l’Europa. Perdere l’accesso al mercato unico con Brexit sarebbe un brutto colpo per il commercio e potrebbe forzare aziende e banche - tra le quali anche quelle più note - ad abbandonare il Regno Unito.
In quanto membro dell’UE il Regno Unito paga circa 10 miliardi di sterline l’anno, cifra questa più volte contestata dai sostenitori della Brexit secondo cui quei soldi sarebbero da indirizzare a spese interne. Durante la campagna che ha preceduto il referendum di giugno, infatti, molti politici avevano promesso di destinare quel denaro extra alle spese sanitarie, mentre ora i passi indietro governativi appaiono sempre più lampanti.
“Non avrei mai fatto un’affermazione del genere. È stato uno degli errori commessi dalla campagna per il Leave,”
ha affermato Nigel Farage, leader pro-Brexit che durante la campagna aveva fatto riferimento proprio a tale spostamento di soldi nell’ambito sanitario.
Brexit: ecco le altre promesse non mantenute dal Regno Unito
Non è solo la promessa sul mercato unico ad essere stata disattesa dal Regno Unito. Il governo ha già espresso perplessità su altri aspetti centrali nel processo Brexit, come l’immigrazione ad esempio. Ecco di seguito le altre promesse infrante dal Regno Unito.
Brexit, promessa n°1: il controllo dei confini
Durante la campagna pro-Brexit, i sostenitori del “Leave” hanno ripetutamente attaccato il governo del Regno Unito sostenendo che solo uscendo dall’UE si sarebbe messo un freno all’immigrazione. Molti britannici hanno votato a favore della Brexit proprio per questo motivo.
Uno dei sostenitori della campagna “Leave”, l’avvocato Nigel Evans, ha affermato che ci deve essere stato qualche fraintendimento in merito al problema della riduzione dell’immigrazione. Evans ha affermato che l’adozione di un nuovo sistema post-Brexit potrebbe portare ad un maggior controllo del fenomeno, ma non ha comunque parlato di un crollo o dell’eliminazione della problematica.
Boris Johnson, un altro dei più accaniti sostenitori della Brexit ha invitato gli inglesi a non preoccuparsi.
“I britannici saranno ancora in grado di lavorare in Europa, di viverci, di studiarci, di comprare case e di sistemarsi”,
ha affermato. Il problema è che garantire tali libertà ai britannici su suolo europeo significherà garantirle anche agli europei su suolo britannico dopo la Brexit. Come si concilierà tutto ciò con il controllo dei confini e delle frontiere?
2) Brexit, promessa n°2: “l’economia starà bene!”
Prima della Brexit molti analisti, ma anche il FMI, si erano detti convinti che l’abbandono dell’UE avrebbe causato un vero e proprio caos economico nel Regno Unito. I sostenitori della Brexit hanno additato tali previsioni come catastrofiste e volte solo ad influenzare il voto dei britannici nell’ambito del cosiddetto “progetto paura”.
Si consideri, tuttavia, che dal 23 giugno scorso la sterlina è arrivata a toccare i minimi di 30 anni contro il dollaro statunitense, i titoli bancari sono collassati e le stime di crescita del Regno Unito sono state mozzate di netto.
Dopo la Brexit nessuna azienda è più propensa ad investire nel paese e molte società e banche stanno pensando di trasferirsi altrove. Lo scorso lunedì George Osborne, cancelliere dello scacchiere britannico, ha confermato quanto temuto da molti: l’economia del Regno Unito soffrirà e così anche le finanze del governo. Un budget di emergenza non ci sarà finché non sarà eletto il nuovo primo ministro il prossimo ottobre.
“Il governo deve agire con urgenza per minimizzare tutte quelle incertezze relative agli investimenti che rallentano la creazione di nuovi posti lavoro”,
ha affermato Carolyn Fairbairn, direttore generale della CBI. Insomma, a conti fatti sembra che a quasi 6 mesi dalla Brexit, le promesse non mantenute dal Regno Unito siano sempre più evidenti e andranno tutte a gravare sulle spalle del prossimo primo ministro.
“Lui, o lei, non sarà in grado di mantenere la promessa del risparmio di 350 milioni generato dall’uscita dall’UE. Non sarà in grado di raggiungere accordi commerciali vantaggiosi e non sarà neanche in grado di controllare l’immigrazione senza tener conto delle conseguenze economiche”,
ha affermato Holger Schmieding della Berenberg. La Brexit si rivelerà soltanto un bluff?
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