Il Governo britannico e la Commissione europea continuano a lavorare sul fascicolo Brexit, ma il nodo relativo ai diritti di pesca non è stato ancora sciolto. I dettagli.
Che cosa sono i diritti di pesca che stanno impedendo al Governo britannico e alla Commissione europea di trovare una sintesi definitiva sul capitolo Brexit?
Come noto, le trattative tra le parti procedono senza sosta da settimane, nel tentativo di scongiurare una fuoriuscita disordinata del Regno Unito dall’Unione europea dopo quarantasette anni di politiche comuni. E, a ben vedere, quest’ultimo sforzo negoziale ha iniziato a conseguire i primi risultati: per stessa ammissione dei vertici europei, infatti, lo stallo relativo alla questione della governance è stato sbloccato.
La strada, tuttavia, rimane particolarmente accidentata, poiché Londra e Bruxelles continuano a scornarsi sul level playing field – ovvero la normativa che dovrà garantire una concorrenza leale tra le parti a divorzio avvenuto – e sull’accesso dei pescherecci alle acque in prossimità delle rispettive coste.
Ed è proprio quest’ultimo nodo che rischia di mandare in frantumi quella bozza di accordo che con tanta dedizione i negoziatori sono riusciti sin qui a mettere in piedi. A surriscaldare ulteriormente un clima già teso ci hanno pensato poi i media inglesi, che alle fine della scorsa settimana hanno fatto rimbalzare i piani allo studio di Downing Street per proteggere, in caso di no-deal, le aree marittime britanniche: quattro fregate – secondo le indiscrezioni dei network d’oltremanica – sarebbero pronte a pattugliare le coste per arrestare l’avanzata dei pescherecci continentali.
Ma aldilà della seppur inquietante evoluzione sul fronte della Realpolitik, non vi sono dubbi sul fatto che i negoziatori delle due sponde stiano attingendo alle energie residue per limare – prima del gong finale – le perduranti divergenze sul capitolo della pesca post-Brexit. Vediamo i dettagli.
Cosa sono i diritti di pesca che stanno frenando i negoziati sulla Brexit?
Allo stato attuale, i pescherecci europei hanno accesso alle aree marittime degli altri Paesi fino a dodici miglia dalle coste. Vi è poi anche un complesso sistema di quote che disciplina le attività di pesca in base alle specie, rinnovato ogni anno dalle autorità.
Con il referendum del 2016 – che ha sancito la volontà dell’elettorato britannico di abbandonare i partner europei – il Governo inglese si è ritrovato nella posizione di ridiscutere il funzionamento del meccanismo tanto caro a Bruxelles.
Downing Street, secondo quanto trapela dai tavoli negoziali, vorrebbe trattare annualmente con la Commissione europea le quote riservate ai pescherecci dell’UE nella zona esclusiva britannica, circa duecento miglia. In breve, l’intenzione di Boris Johnson è di ricalcare gli accordi che l’Unione europea firma periodicamente con un altro Paese extracomunitario, la Norvegia.
Uno scenario, questo, inviso a Bruxelles, poiché i 27 leader dell’Unione europea sono perfettamente consapevoli del conto che il vecchio continente si ritroverebbe a pagare in caso di rinuncia allo status quo: più della metà del pesce raccolto nelle acque inglesi finisce infatti da anni nelle reti dei pescherecci europei.
Aggirare l’impasse non sembra un esercizio agevole, dunque. In ballo, come evidenziato, ci sono interessi economici che le parti cercheranno strenuamente di difendere durante i negoziati. In tal senso, Boris Johnson ha ribadito recentemente la risolutezza del fronte britannico sul “hot topic” che sta surriscaldando l’asse Londra-Bruxelles, lasciando intendere che un eventuale accordo sarà raggiunto solo con un passo indietro dell’UE sul capitolo della pesca:
“Quello che devono capire è che il Regno Unito ha tutto il diritto di controllare le sue leggi e le sue aree marittime. Qualsiasi cosa accadrà nei prossimi giorni, sono sicuro che il nostro Paese continuerà a prosperare nei termini che concorderemo con i nostri partner europei”.
Più prudente, invece, la leader della Commissione europea, Ursula von der Leyen, che interrogata sullo stato di avanzamento dei negoziati ha parlato dei diritti di pesca come “una discussione ancora molto difficile”. Il muro contro muro, per ora, continua.
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