Durante un giudizio, ciascuna parte ha la facoltà di nominare un nuovo avvocato. Tuttavia cambiare ripetutamente avvocato per dilatare i tempi del processo è un abuso del diritto; ecco cosa si rischia.
Cambiare ripetutamente avvocato nel corso di un giudizio configura un abuso del diritto. La Corte di Cassazione infatti, pur riconoscendolo come un diritto delle parti, ha dichiarato che cambiare ripetutamente avvocato nel corso del giudizio è un abuso di diritto se finalizzato a prolungare i tempi del processo.
Secondo la legge italiana, la parte può cambiare avvocato e affidare un nuovo mandato senza limiti di tempo, penali o giustificazioni, ma solo se questo è necessario ad assicurare una difesa migliore.
Però in alcuni casi è una vera e propria strategia per allungare i tempi del processo: ciò perché il nuovo avvocato ha il diritto di chiedere al giudice un termine per la difesa, ovvero un periodo di tempo per studiare gli atti in cui il giudizio viene sospeso. Il rischio maggiore è che la dilatazione dei tempi del processo possa far decorrere i termini di prescrizione del reato.
La Corte di Cassazione si è recentemente espressa sull’argomento ed ha stabilito che quando le parti abusano di questo diritto i termini di prescrizione vanno sospesi.
Cambiare avvocato: un diritto o un abuso?
La Corte di Cassazione con sentenza n. 43593 del 2 ottobre 2018 si è espressa sulla pratica, purtroppo molto diffusa, di cambiare ripetutamente avvocato nel corso del giudizio, quando non c’è una concreta necessità difensiva.
Tale condotta è finalizzata ad allungare i tempi del processo con la speranza di favorire il decorrere della prescrizione, ovvero il periodo di tempo determinato per legge trascorso il quale il reato si estingue.
La Corte di Cassazione ha sancito che quando il cambiamento dell’avvocato è continuo ed ingiustificato, la parte commette un abuso dei mezzi processuali e che il giudice è legittimato a non concedere il termine per la difesa oppure a concederlo ma sospendendo i termini di prescrizione; in questo modo si contrasta la tattica dilatoria della parte.
Con questa sentenza, la Corte non vuole snaturare il diritto della parte di avere l’assistenza legale più opportuna, ma intende ostacolare l’uso distorto dei mezzi processuali e dei diritti a disposizione delle parti in giudizio.
Quindi, se la parte cambia ripetutamente avvocato, il giudice - a sua discrezione - può decidere di non concedere il termine per la difesa a chi ha ricevuto il nuovo mandato. Al contrario, quando il nuovo avvocato ha bisogno di un periodo di tempo per acquisire tutte le informazioni del caso, il giudice può concedere il termine per la difesa e può sospendere il decorso dei termini per la prescrizione.
In conclusione, la sentenza della Corte è volta a disincentivare le parti dal tenere una condotta scorretta durante il giudizio ma non vuole in alcun modo ledere il diritto a rivolgersi ad un altro legale.
Quando cambiare avvocato è legittimo
Cambiare avvocato durante il giudizio è un diritto delle parti. Infatti la legge consente di modificare l’avvocato sia durante la causa che prima del giudizio, senza particolari oneri e termini. La parte non è tenuta a fornire una motivazione specifica né al giudice né all’avvocato revocato. Inoltre, per il rispetto della privacy, il cliente non è tenuto ad indicare all’avvocato il nominativo del sostituto.
Non c’è una forma particolare per cambiare avvocato: la dichiarazione di revoca può essere scritta, orale o a mezzo PEC e non è sottoposta né a termini né a condizioni.
La ratio della norma è garantire alla parte in giudizio l’assistenza più aderente alle sue esigenze. Le ragioni che spingono a cambiare avvocato sono diverse: perdita di fiducia nella linea difensiva adottata, disaccordo o semplicemente la volontà di rivolgersi ad un professionista con maggiori competenze.
Quando si cambia avvocato trova applicazione l’articolo 108 del Codice di procedura penale, che dice:
“Nei casi di rinuncia, di revoca, di incompatibilità, e nel caso di abbandono, il nuovo difensore dell’imputato o quello designato d’ufficio che ne fa richiesta ha diritto a un termine congruo, non inferiore a sette giorni, per prendere cognizione degli atti e per informarsi sui fatti oggetto del procedimento”.
Quindi il nuovo avvocato ha il diritto ad ottenere dal giudice un termine per la difesa per analizzare e studiare la documentazione del caso e scegliere una linea difensiva. Conseguentemente il processo si allunga, ma questa dilatazione viene giustificata dalla necessità di fornire alla parte una difesa adeguata. Invece, quando il cambiamento è finalizzato unicamente ad estendere la durata del processo, il giudice può respingere la richiesta del termine di difesa dell’avvocato, e, se invece lo concede, può disporre la sospensione dei termini di prescrizione.
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