Il “figlio d’arte” promette di alzare il livello del deficit per spingere in avanti l’economia
Il 19 Ottobre si sono tenute le elezioni federali per il rinnovo del Parlamento canadese. E’ risultato vincente il Partito Liberale guidato da Justin Trudeau, che ha ottenuto il 39,47% dei voti, mentre l’uscente Partito Conservatore dell’ormai ex Primo Ministro Stephen Harper (il quale, in carica dal 2006, conclude così la sua esperienza di governo) che ha invece preso il 31,89% dei voti.
Justin Trudeau, prossimo ai 44 anni, è figlio di un ex-Primo Ministro canadese, Pierre Trudeau. Nonostante la giovane età, in Canada c’è stato un capo di governo più giovane di lui (Joe Clark), ma è la prima volta che nel Paese nordamericano un figlio di un Primo Ministro riesce a eguagliare il padre nell’ottenimento di questa carica. Dopo gli studi in letteratura, si è laureato anche come ingegnere e si è dedicato ad alcune cause pubbliche (ambientaliste, pacifiste e sportive); si conta anche un ruolo di attore in una miniserie televisiva dedicata alla partecipazione del Canada alla prima guerra mondiale.
Nel 2008 entra per la prima volta in Parlamento, e nel 2013 vince le primarie del suo partito, diventandone perciò Leader, portandolo come abbiamo visto alla guida del Canada nelle recenti elezioni.
La sua vittoria è salutata con favore dai pensatori economici progressisti. Louise-Philippe Rochon, economista keynesiano della Laurentian University e coeditore della rivista scientifica Review of Keynesian Economics, scrive sul sito della CBC (il servizio pubblico radiotelevisivo canadese) che la campagna elettorale di Trudeau è stata deliberatamente volta all’aumento del deficit statale, con lo scopo di fare uscire il Canada dalla recessione ed aumentare il livello dell’occupazione: uno stato difficile dell’economia che l’ex premier Harper tendeva a negare, ma in effetti, come riporta l’ufficio statistico canadese, i primi due quarti del 2015 si sono chiusi in negativo nel Paese per quanto riguarda la crescita economica, ed il Canada è perciò entrato ufficialmente in recessione; in Luglio c’è stata un ripresa, ma ciononostante la disoccupazione è risultata in aumento (attualmente è al 7,1%, anche se l’ufficio statistico afferma che il dato si deve alla maggiore partecipazione al mercato del lavoro).
Rochon sostiene che in una tale situazione richiedere un bilancio pubblico in pareggio sostenendo che il deficit è un peso che si lascia alla generazioni future è una posizione di destra, ed è infatti quella del Partito Conservatore canadese; ma anche il Nuovo Partito Democratico (arrivato terzo alle elezioni), che si dichiara socialdemocratico, ha sposato, a suo dire opportunisticamente, queste convizioni; dunque ai canadesi, secondo l’economista, non è rimasto altro da fare che rivolgere la propria attenzione verso i liberali, viste le difficoltà in corso.
Le politiche economiche del nuovo governo dovrebbero ora volgersi in particolare alla riduzione delle disuguaglianze: dunque, più tasse sui ricchi, meno sulle classi medie e spesa pubblica rivolta in particolare alle infrastrutture. Chissà dunque se Trudeau sarà dunque fedele a quanto ha dichiarato nel suo discorso di vittoria:
“Voglio dire questo agli amici del Canada nel mondo: molti di voi si sono preoccupati che il Canada potesse aver perso la propria voce compassionevole e costruttiva, negli ultimi 10 anni. Bene, ho un messaggio semplice per voi, in rappresentanza di 35 milioni di canadesi: siamo tornati!”
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