Guida completa al funzionamento dei certificati a capitate non protetto, strumenti di investimento di medio e lungo periodo che permettono all’investitore di partecipare linearmente alle performance del sottostante di riferimento. Ecco tutto quello che c’è da sapere
I certificati a capitale non protetto sono una delle tre categorie con cui ACEPI suddivide l’universo degli Investment Certificates.
La peculiarità di questa tipologia di Certificates è quella di non contemplare alcun livello (barriera) o condizione di protezione sul capitale investito nello strumento. I certificati a capitale non protetto infatti consentono agli investitori di investire in un determinato sottostante esponendosi alla performance realizzata da quest’ultimo, sia al ribasso che al rialzo, in maniera lineare (Benchmark Certificates) o con effetto leva (Outperformance Certificate).
Emessi dalle maggiori istituzioni finanziarie che si occupano della loro costruzione e successivo collocamento in Borsa, i certificati a capitale non protetto (come del resto tutte le altre tipologie di Investment Certificates) sono negoziabili in Italia sul segmento SeDeX di Borsa Italiana o sul circuito Cert-X di EuroTLX secondo gli orari di ciascun mercato. La liquidità è costantemente garantita dalla presenza di un market maker, tipicamente il trading desk dell’emittente.
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Certificati a capitale non protetto: cosa sono e come funzionano
Come gli altri Investment Certificates, anche i certificati a capitale non protetto sono strumenti finanziari derivati utilizzati per replicare le performance di un’attività finanziaria sottostante, sia essa un indice, un’azione, una commodity, una valuta, un fondo o un ETF.
Dal punto di vista meramente tecnico, la struttura del payoff dei certificati a capitale non protetto è la più semplice fra tutte le tre tipologie di Investment Certificates. Questo perché, come abbiamo scritto, questi certificati si limitano a riprodurre in maniera lineare, salvo l’eccezione degli Outperformance che sono gli unici certificati di questa categoria a contemplare l’effetto leva (solo per i rialzi), il payoff del sottostante.
Logicamente anche i certificati a capitale condizionatamente protetto, una volta violata la condizione di protezione del capitale (la barriera), acquisiscono le peculiarità proprie dei certificati a capitale non protetto, ossia replicano in maniera lineare il sottostante.
Le tre declinazioni dei certificati a capitale non protetto
All’interno della subcategoria dei certificati a capitale non protetto si possono distinguere tre tipologie principali di strutture:
- Benchmark Certificates,
- Discount Certificates,
- Outperformance Certificates.
Tra questi ultimi il Benchmark certificate è il più semplice, poiché consente una replica lineare del sottostante. Anche noti commercialmente come Tracker Certificate, i Benchmark sono strumenti il cui valore in ogni momento è pari al livello dell’attività sottostante moltiplicato per il suo multiplo.
Concettualmente il payoff di un certificato Benchmark è simile a quello derivante da un investimento in ETF: le uniche differenze sono legate ad un diverso rischio emittente ed una maggior efficienza fiscale del Certificate. A favore dell’ETF vi è invece la possibilità di beneficiare di eventuali proventi periodici (dividendi), presenti invece in quest’ultimo.
Certificati a capitale non protetto: a quali investitori sono rivolti?
Date le loro peculiarità i certificati a capitale non protetto sono rivolti ad investitori evoluti con un’alta propensione al rischio e con una visione chiaramente direzionale sull’attività finanziaria su cui investono.
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Questo articolo fa parte delle Guide della sezione Money Academy.