Classifica Paesi con più analfabeti digitali: Italia prima in Europa

Camilla Carè

2 Dicembre 2019 - 18:01

Analfabeti digitali: l’Italia tra i Paesi peggiori nella classifica 2019. Ecco la lista completa e cosa comporta il triste primato per il mondo del lavoro.

Classifica Paesi con più analfabeti digitali: Italia prima in Europa

L’Italia è il paese con più analfabeti digitali in Europa, e tra le peggiori al mondo nella classifica mondiale. Questo il verdetto dell’OCSE in un’analisi sulle competenze informatiche dei cittadini di 29 Paesi.

Questo triste primato, ahinoi, non è così sorprendente: anche nella classifica dei popoli più ignoranti al mondo l’Italia è prima in Europa e 12^ nel mondo.

La nostra popolazione avrebbe scarse capacità di calcolo e alfabetizzazione informatica, che rischia —tra le altre cose— di lasciare l’Italia indietro nel mondo del lavoro.

Italiani popolo di analfabeti digitali: peggio di noi solo Cile e Turchia

Come detto dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE): “La popolazione italiana non possiede le competenze di base necessarie per prosperare in un mondo digitale, sia in società sia sul posto di lavoro”. In Italia solo il 21% della popolazione possiede un buon livello di alfabetizzazione digitale, classificandosi al terzo posto come peggior Paese nella classifica dell’OCSE, davanti solo a Cile e Turchia.

Vediamo nel dettaglio la classifica completa, i rischi che l’analfabetismo digitale comporta e l’analisi dell’OCSE in merito alle competenze digitali.

Analfabeti digitali: classifica 2019

La classifica sull’analfabetismo digitale 2019 è stata condotta in merito alla relazione Skills Outlook 2019 dell’OCSE, analisi che voleva evidenziare quali Paesi fossero attualmente in grado di far fronte alla digitalizzazione dal punto di vista sociale.

L’analfabetismo digitale è un grave campanello d’allarme per le nazioni che si sono classificate insufficienti nel test, perché i cittadini si sono dimostrati incapaci di adattarsi alle future trasformazioni del mondo, che va dal lavoro alle attività quotidiane.

Ecco la classifica sull’alfabetismo digitale dell’OCSE, dal migliore al peggiore, e dove è l’Italia:

  1. Giappone
  2. Olanda
  3. Finlandia
  4. Svezia
  5. Norvegia
  6. Belgio
  7. Nuova Zelanda
  8. Danimarca
  9. Repubblica Slovacca
  10. Australia
  11. Estonia
  12. Repubblica Ceca
  13. Germania
  14. Austria
  15. Canada
  16. Regno Unito
  17. Corea
  18. Lituania
  19. Stati Uniti
  20. Polonia
  21. Irlanda
  22. Francia
  23. Slovenia
  24. Israele
  25. Spagna
  26. Grecia
  27. Italia
  28. Cile
  29. Turchia

L’analisi sull’alfabetismo digitale è stata condotta dall’OCSE tramite il PIAAC - Programme for the International Assessment of Adult Competencies.

Il programma esiste dal 2011 e consiste in un questionario da compilare al computer in 120 minuti durante un’intervista.

Il test utilizza diversi dati dell’individuo, per considerare la sua condizione socio-anagrafica nella totalità attraverso:

  • percorso d’istruzione intrapreso;
  • formazione lavorativa;
  • storia professionale;
  • status occupazionale;
  • atteggiamenti sociali personali;
  • famiglia attuale e famiglia d’origine.

I test cognitivi misurano, oltre agli aspetti biografici le competenze personali, ossia:

  • abilità nella lettura e nella comprensione;
  • conoscenze matematiche;
  • capacità di risolvere problemi in ambienti tecnologicamente avanzati.

Analfabetismo digitale in Italia: le conseguenze

Perché il dato dell’analfabetismo digitale è così grave in Italia? Il problema nasce principalmente riguardo il mondo del lavoro, dove solo il 36% dei cittadini è in grado di utilizzare Internet per compiti complessi.

Il che significa che nel mondo del lavoro del futuro, non tutti i candidati saranno in grado di pensare digitale, rischiando così la disoccupazione e il licenziamento.

In Italia infatti, il 13,8% dei lavoratori è attualmente impiegato in ruoli a rischio automazione, ossia compie lavori che saranno spesso sostituiti dalle macchine.

Se non si attua il prima possibile una campagna di formazione digitale per i lavoratori, che impiegherebbero da uno a tre anni per acquisire le competenze digitali mancanti, arrivando già potenzialmente in ritardo sulle necessità del mondo del lavoro.

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