Fare colazione al bar potrebbe diventare un lusso. Causa l’inflazione galoppante: quanto si spenderebbe, e cosa c’è dietro l’aumento dei prezzi?
Quanti di noi la mattina si siedono al bar per fare una buona colazione a poco prezzo, specie in Italia? Sembra però che l’inflazione causata da molteplici fattori derivanti dalla pandemia stia facendo crescere vertiginosamente i prezzi di alcuni beni.
La denuncia arriva da Assoutenti, associazione no profit per la tutela dei consumatori, che spiega come molti beni fondamentali per le attività ristorative, a partire dai bar, potrebbero vedere schizzare i costi variabili in alto, con una conseguente ricaduta sui prezzi al pubblico.
I numeri della questione
Secondo Assoutenti, ogni giorno, circa 5,5 milioni di italiani fanno colazione nei bar in tutto il territorio italiano, consumando tutti i prodotti che riguardano questo tipo di filiera. Il Presidente di Assoutenti, Furio Truzzi, tuttavia, crede che questa abitudine potrebbe venir meno per via dell’aumento di alcuni beni.
Il costo delle materie prime per preparare i prodotti che si vendono nei bar è cresciuto a seguito dell’inflazione, raggiungendo i prezzi più alti degli ultimi 10 anni. Per esempio:
- le quotazioni del caffè sono aumentate dell’80%;
- il latte è aumentato del 60%;
- lo zucchero segna un rialzo del 30%;
- uova a più 26%;
- cacao a circa più 20%.
Inoltre, l’innalzamento delle bollette causa anche una crescita dei costi di gestione delle attività: anche questo fenomeno incide sul prezzo dei prodotti finali.
Innalzamento complessivo a 3,40 euro
Se finora, in media, con 2,30 euro si poteva consumare una colazione decente al bar, ora ci si aspetta un aumento di circa il 40%, facendo lievitare il prezzo totale a 3,40 euro.
Per la classica tazzina di caffè espresso, sempre a detta dell’associazione Assoutenti, i listini dei prezzi potrebbero passare dagli attuali 1,09 euro a 1,50 euro, con un aumento del +37,6% derivante dalle percentuali in rialzo che prima abbiamo esposto.
Ciò comporterebbe una variazione delle abitudini del consumatore, e una perdita di domanda per tutti quei bar che solo con il primo pasto riescono a coprire moltissime spese.
Le cause dell’aumento dei prezzi
I prezzi sono aumentati vertiginosamente a seguito della ripresa delle attività economiche dopo il blocco della pandemia. Le cause di questa situazione sono diverse, alcune dirette conseguenze della pandemia, altre più legate ad un discorso di pianificazione politica/economica. Da non sottovalutare anche le crisi climatiche e sociali in alcuni paesi produttori.
In primis, le imprese lavorano in un’ottica just in time, per ottimizzare i costi ed essere più efficienti, tendono a non accumulare scorte. Durante la pandemia questo fenomeno è aumentato a dismisura. Con la ripartenza, ogni impresa ha tentato di approvvigionarsi di ciò che mancava: la ripartenza generale ha causato un aumento della domanda complessiva, quindi un aumento del prezzo dei beni.
Un altro aspetto da tenere in considerazione è di tipo finanziario. Durante gli ultimi tempi, le materie prime sono diventate un investimento interessante per gli speculatori, perché, essendo valutate in dollari, moneta attualmente debole, risultano più convenienti per chi le acquista in euro o altre valute più forti: inflazione finanziaria.
Per ultimi c’è da considerare l’impatto dell’aumento dei costi trasporto, che per quanto riguarda le attività ristorative, ha interessato queste per i sempre più elevati costi di trasporto: l’aumento degli oneri dei noli marittimi è aumentato del 605%.
Le cause sono molte, ma una delle più pregnanti è l’introduzione del nuovo regolamento dell’Organizzazione marittima internazionale che, tra le altre cose, fissa il limite massimo di zolfo presente nel carburante delle navi: deve essere 0,5%, mentre prima era del 3,5%. La rottamazione e l’innovazione sono stati scaricati sui contratti di nolo. Inoltre, l’aumento dei carburanti ha contribuito ad innalzare il prezzo complessivo dei viaggi marittimi.
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