Come Tesla e Meta possono cambiare la classifica delle aziende più grandi del mondo (e la nostra vita)

Felice Bianchini

18 Novembre 2021 - 09:32

Tesla e Meta, Musk e Zuckerberg: con i loro nuovi business le due società possono ribaltare le classifiche delle società più ricche del pianeta e rivoluzionare la vita delle persone.

Come Tesla e Meta possono cambiare la classifica delle aziende più grandi del mondo (e la nostra vita)

Nell’era della transizione digitale, con l’aumento dei processi digitali, sia pubblici che privati, nonché l’aumento del numero di persone «connesse», si prospetta una nuova rivoluzione tecnologica.

A guidarla saranno probabilmente i soliti noti. Il mondo digitale (IA, internet, ecc.) è infatti dominato dalle grandi imprese americane, che finora hanno governato questa fetta di mercato (ormai come detto sempre più grande e importante), senza particolare fastidio in termini di concorrenza, se non tra di loro.

Elon Musk e Mark Zuckerberg sono due protagonisti: le loro aziende sono nei primi posti della classifica delle aziende più ricche e potenti (e loro stessi come individui spiccano nella classifica degli uomini più ricchi). Tra la fine dell’estate e l’inizio dell’autunno di quest’anno, entrambi hanno lanciato dei nuovi business per le rispettive società (Facebook ha addirittura cambiato nome).

Quanto e come impatteranno le loro scelte sulle classifiche? Ma soprattutto: quanto impatteranno le loro nuove idee sulla vita delle persone?

La classifica dei giganti: 2005 vs 2021

Se si guarda la classifica delle più grandi aziende per capitalizzazione di borsa del 2005, si nota come le aziende siano molto più variegate per settore e molto più piccole per volume. Nel corso degli ultimi 15 anni è avvenuta una radicale trasformazione in entrambi i sensi:

  • in termini di volume, la prima in classifica 2021 è più grande di 6 volte rispetto alla sua controparte del 2005, aumento accelerato dalla pandemia;
  • in termini di settore, se si esclude la Saudi Aramco, attiva nel campo dell’energia (petrolio), le restanti sono tutte aziende che si occupano di digitale;
Classifica aziende per capitalizzazione (2005 vs 2021) Classifica aziende per capitalizzazione (2005 vs 2021) https://www.statista.com/chart/22677/the-age-of-the-tech-giants/

Un altro aspetto rilevante della classifica 2021 riguarda le nazioni di appartenenza delle multinazionali lì elencate: sono quasi tutte statunitensi. Gli unici a infastidire in maniera sempre più rilevante gli americani sono i player cinesi.

L’Europa si deve accontentare di vedere tra i posti più alti della classifica unicamente il gruppo del lusso LVMH (che controlla marchi come Louis Vuitton), a dimostrazione del fatto che in termini di digitale noi europei siamo fortemente dipendenti dall’estero.

In compenso - e forse proprio per questa mancanza di importanti soggetti economici -, siamo all’avanguardia nel campo della regolamentazione del mondo digitale.

Elon Musk e il Tesla Bot

Verso la fine di agosto 2021, Elon Musk ha presentato al mondo la sua nuova idea: un robot umanoide. Il nome è Tesla Bot. Né il nome, né l’idea in sé sono originali: da tempo si prospetta, per mezzo della letteratura e del cinema di fantascienza, un mondo condiviso con delle macchine umanoidi intelligenti.

Musk, che probabilmente ha letto Asimov (Io, robot), si è preso la briga di rendere la fantascienza realtà: se tutto andrà secondo i piani, il prototipo di Tesla Bot vedrà la luce entro la fine del 2022.

Rischi e obiettivi di Tesla Bot

Il compito di questo semi-umano è molto semplice: liberarci dai lavori più pesanti e noiosi. Dovrebbe in un certo senso essere uno schiavo, una sorta di estensione del nostro corpo che subisca la fatica al posto nostro (a meno che non decidessimo di subirla volontariamente).

Musk non si limita a proporre soluzioni ma mostra anche i rischi: da un punto di vista etico, bisogna assicurare la cordialità del robot, far sì che rispetti le leggi della robotica se preferite; mentre da un punto di vista economico bisogna sopperire con un reddito universale ai danni che saranno arrecati ai livelli occupazionali.

La concorrenza di Tesla Bot

Il mercato della robotica è da tempo sondato da varie società, che hanno collezionato ricerche e fallimenti pur di giungere un giorno alla realizzazione di un vero robot, efficiente a tal punto da svolgere mansioni lavorative - come vorrebbe Musk.

Anche Amazon è nel settore, ma con ambizioni molto meno alte per ora: Astro, così si chiama il piccolo robot domestico, con un sistema di telecamere gli consentono di distinguere le persone e di controllare la casa da remoto. Inoltre, risponde alle domande, mette musica, tutto grazie al suo cervello, ossia Alexa, l’intelligenza artificiale di Amazon. Non svolge veri e propri lavori (anche perché non ha «il fisico» per farlo). Il rischio, infatti, è che sia ciò che i suoi inventori non vorrebbero che fosse: un’Alexa con le ruote.

I giapponesi di Honda hanno contribuito alle ricerche sviluppando il piccolo Asimo, un robot in grado di calciare un pallone e portare al proprietario un bicchiere di succo di frutta (non proprio capacità rivoluzionarie, ma da qualche parte bisognava iniziare).

Chi forse più di tutti ha emozionato il pubblico è la Boston Dynamics, un gruppo di ricerca operante in America sotto l’ala protettiva della coreana Hyundai. I ricercatori di Boston hanno dato alla luce vari prototipi, tra cui Atlas, un robot dalle movenze molto più accurate e fluide dei suoi simili, tanto da permettergli di fare parkour (percorsi a ostacoli).

Tutto sommato, non c’è una concorrenza spietata.

Dojo, il supercervello

La forza che dovrebbe possedere Tesla Bot sta nel suo cervello, potenzialmente molto più performante di quelli dei suoi «colleghi». Prima di presentare il suo robot, Tesla ha infatti presentato Dojo, che è un computer che ha come compito quello di sviluppare le capacità di apprendimento.

Per muoversi in maniera totalmente autonoma, le macchine di Tesla hanno bisogno di capire il mondo che le circonda, al fine di orientarsi, riconoscere pattern ed elaborare risposte conseguenti. In breve, devono imparare - e farlo sempre meglio.

Lo stesso Musk ci tiene a definire Tesla come la più grande società attiva nel campo della robotica, in quanto le macchine che producono non sono altro che «robot semi senzienti su ruote».

La sfida è mettere il cervello delle macchine Tesla in una macchina dal «telaio» simile al corpo umano. Riuscirci significherebbe rivoluzionare il mercato del lavoro. Bisognerà aspettare un anno per vedere se la promessa di un prototipo sarà mantenuta.

Mark Zuckerberg e il Metaverso

L’altro rivoluzionario californiano è ovviamente Zuckerberg, che un po’ per smania di rivoluzione, un po’ per migliorare ancora la posizione in classifica della sua società, un po’ - come sostengono maliziosamente alcuni - per distogliere l’attenzione dai «panni sporchi» di Facebook (da ultimo, la vicenda di whistleblowing di Frances Haugen), ha deciso di cambiare rotta e mettere al centro degli sforzi della società un nuovo modo di collegare le persone: il Metaverso.

Questa nuova piattaforma è ancora inesistente, ma Meta (il nuovo nome di Facebook) si candida a essere protagonista del mercato del Metaverso. Sarà importante anche il ruolo dell’Europa, continente in cui Zuckerberg ha deciso di investire una buona parte della somma destinata al progetto.

Rischi e obiettivi di Metaverso

La nuova dimensione dovrebbe essere un’espansione di internet nella realtà, un mondo virtuale in cui accedere tramite l’utilizzo di visori. L’idea è quella di creare un social network che renda possibile incontrarsi fisicamente (in presenza anche se lontani) con chi entriamo in contatto, tramite l’uso di avatar, o addirittura ologrammi (in breve una sorta di chat in 3D).

Le critiche mosse a quest’idea richiamano alcune distopie messe nero su bianco in alcuni film e libri, come ad esempio Matrix o Snow Crash (libro in cui venne coniato il termine Metaverso). In sostanza, si mettono in guardia utenti e produttori sull’abuso e la dipendenza che potrebbe derivare dalla possibilità di accedere a un mondo parallelo.

È facile immaginare, visti gli studi e le esperienze di dipendenza caratterizzanti i social network come li conosciamo oggi, che da masse piegate sugli smartphone si possa passare a masse «intrappolate» nell’uso dei visori per la realtà virtuale.

La concorrenza

L’esposizione mediatica di Meta non rende onore all’attività nel mercato in espansione della realtà aumentata e virtuale. In sintesi, si parla molto di Zuckerberg e poco degli altri investitori.

Come fanno notare alcuni sinologi italiani e osservatori economici, imprese come Tencent (proprietaria, tra le altre, di WeChat, app usata per la messagistica e per i pagamenti in Cina) già dal 2020 parlano di Metaverso e hanno registrato marchi legati al termine Metaverso. Come Tencent, anche un altro grande big cinese, Alibaba, ha iniziato a muoversi nella stessa direzione.

Sulla sponda americana, non trascurabile è il ruolo di Microsoft, che ha lanciato, tra i vari progetti, Mesh, un’applicazione che ha l’ambizione di creare una realtà mista, che tradotto significa la possibilità di interagire con altre persone in una forma digitale di presenza (ologrammi e simili).

Merita una menzione anche Niantic, la società che in collaborazione con Nintendo ha sviluppato PokemonGo. La realtà aumentata è sicuramente pane per i loro denti, anche se non possiedono lo stesso potere di Meta in termini economici.

Metaverso: non solo un social

La potenza rivoluzionaria del Metaverso non sta tanto nella «semplice» creazione di un mondo parallelo in cui accedere con un visore. La sfida forse più grande è quella di creare una realtà mista (o realtà aumentata che dir si voglia), come avere le proprie timeline social fluttuanti nella stanza in versione olografica e potervi interagire con il solo ausilio delle mani.

In altre parole significa stravolgere il mercato dei device. Attualmente, per accedere a Facebook, Instagram e le altre app, oltre che per poter usufruire dei servizi di telefonia, è necessario rivolgersi ad Apple, Microsoft, o chi per loro produce computer e smartphone.

Se il progetto di Zuckerberg andasse a buon fine, in futuro basteranno un paio di occhiali per poter «scrollare» Instagram e chiamare o messaggiare con altre persone tramite Whatsapp. In pratica, lo smartphone e il computer diventerebbero cimeli da museo.

Che ruolo ha l’Italia in questi processi?

In tutto questo movimento, l’Italia cerca il suo spazio. Gli investimenti sull’IA sono in aumento ed è stato addirittura elaborato un piano dal Ministero dello sviluppo economico (MISE) per delineare i settori e le strategie in cui investire adottando questa tecnologia.

In termini di utilizzo e investimento nella robotica industriale, l’Italia è la prima degli ultimi (sesta) per installazione di robot con circa 8 mila unità, distaccata di circa 15 mila unità dalla Germania, quinta al mondo dietro Cina (con 164 mila unità, pari a circa la metà delle vendite mondiali), Giappone (38 mila), Usa e Corea del Sud (30 mila a testa).

Sul fronte dei visori e della realtà virtuale e mista è da segnalare la collaborazione tra Meta ed EssilorLuxottica, la società italo-francese nata dalla fusione di Essilor con Luxottica, il colosso degli occhiali di Leonardo Del Vecchio proprietario del marchio RayBan.

Sono entrati da non molto in commercio i RayBan stories, un tipo di occhiali collegabili via bluetooth al telefono, con cui è possibile registrare video, ascoltare musica ed effettuare chiamate.

La collaborazione andrà probabilmente avanti, puntando alla realizzazione di un paio di occhiali autonomi, in grado di supportare le tecnologie del Metaverso.

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