Quali effetti dall’aumento dello smart working sul mercato immobiliare? Ecco come cambiano i prezzi di immobili a uso ufficio o abitativo, in città e in periferia.
Quale effetto ha lo smart working sul futuro del mercato immobiliare che ovviamente non potrà non essere pesantemente influenzato dai cambiamenti imposti dal nuovo paradigma produttivo noto come digital economy?
Il mercato immobiliare subirà cambiamenti su più fronti, che vanno dai canoni di affitto al valore di vendita dell’immobile, dalla destinazione d’uso alle potenziali attività che vi si potranno svolgere, e così via.
I fondamenti del mercato immobiliare
Prima di entrare nello specifico, definiamo gli elementi che influenzano il valore di un’immobile nel mercato.
a) La legge della domanda e dell’offerta
Come ogni bene e servizio venduto nel mercato il suo prezzo varia in base alla domanda e all’offerta. Se la domanda di quel bene o servizio aumenta o rimane elevata il suo prezzo aumenterà, mentre se la domanda è bassa o nulla il prezzo tenderà a diminuire.
Questa è una regola di base, ed in un mercato che presenta un sistema di asta continua il prezzo finale si otterrà dall’incrocio tra il prezzo più alto che chi compra è disposto a pagare e quello al quale il venditore è disposto a cederlo.
Tuttavia, negli immobili non c’è un asta in continua ma il venditore può anche aspettare molto tempo prima di abbassarne il prezzo per vendere. Esso lo farà se e solo se tenere in mano l’immobile viene a costargli troppo e si accorge che è meglio vendere ad un prezzo più basso piuttosto che dissanguarsi per tenersi l’immobile e resistere.
Le quotazioni degli immobili, quindi, si abbassano se il mercato si contrae per il tempo sufficiente a far diventare il suo mantenimento un continuo stillicidio economico. Le quotazioni crollano in modo repentino quando i proprietari si ritrovano in condizioni economiche personali tali da essere costretti a vendere per vivere, e sono quindi costretti a cederlo addirittura in perdita.
A differenza del mercato mobiliare - come ad esempio quello azionario, dove le quotazioni salgono lentamente e scendono velocemente (si dice nell’ambiente che i mercati salgono con le scale e scendono con l’ascensore) - il mercato immobiliare scende molto lentamente e sale rapidamente.
Questo avviene per via del fatto che in quest’ultimo i tempi li detta il venditore in base alle sue personale condizioni economiche mentre nel mercato azionario i tempi sono dettati dal compratore.
b) L’influenza della tassazione e dei costi di mantenimento
Ovviamente, la tassazione che grava sugli immobili è il principale elemento che rende oneroso mantenere un immobile vuoto che attende di essere venduto. Per tassazione si intendono sia quelle sulla proprietà sia tutte quelle che derivano dai servizi. A queste si aggiungono sicuramente i costi derivanti dalla manutenzione dell’immobile stesso, che anche se non usato può danneggiarsi e deteriorarsi nel tempo, oltre che essere soggetto a spese in quota parte nel caso si trovi dentro un condominio.
Se la tassazione aumenta il costo di mantenimento e la capacità di resistenza del proprietario nel non vendere a prezzo ribassato diminuisce. Cioè, se la tassazione aumenta il valore degli immobili scende più rapidamente.
Inoltre, in un’economia che va male aumentano anche i costi di manutenzione, in quanto i morosi aumentano e chi è proprietario di beni facilmente pignorabili finisce per dover anticipare le spese, che magari non vedrà mai più tornare indietro. Anche questo fa accelerare il ribasso delle quotazioni immobiliari.
c) L’influenza di una patrimoniale
La patrimoniale è il più grande spauracchio di ogni proprietario di immobili e c’è un motivo molto serio: la patrimoniale grava in modo imprevisto e veloce sui costi di mantenimento degli immobili che costringono a svendere rapidamente gli stessi per non finire a gambe all’aria.
Giusto per fare due esempi della storia recente italiana, l’introduzione dell’ICI durante il primo governo Prodi negli anni ’90 fece perdere in breve tempo il 25% del valore degli immobili italiani nel giro di 2 anni. Ovviamente il calo è calcolato come media su tutta la nazione, e quindi ci sono state zone che magari non hanno perso nulla ma altre zone che hanno visto più che dimezzare la quotazione.
Nel 2012, l’introduzione dell’IMU da parte di Monti, a cui si sommava anche un crollo economico dovuto alla scelta politica di distruggere la domanda interna, fece perdere circa il 33% del valore agli immobili, sempre calcolato in media nazionale.
d) Il cambio delle esigenze
Un altro elemento che va ad influenzare il valore degli immobili è sicuramente il cambiamento delle esigenze del mercato nel tempo.
Se in un determinato periodo storico il mercato predilige le mansarde, automaticamente, la maggior richiesta di queste ultime ne faranno lievitare il prezzo. Viceversa, se immobili con determinate caratteristiche non tirano più, come ad esempio gli appartamenti a piano terra perché sono aumentati i furti in casa, allora questi vedranno un calo notevole delle quotazioni.
Come lo smart working cambia il mercato immobiliare in città
Dopo aver chiarito quali sono gli elementi che influenzano il valore di un immobile nel tempo e perché, vediamo di capire cosa accadrà al mercato immobiliare con l’introduzione dello smart working.
L’impatto che il nuovo paradigma lavorativo a distanza sarà notevolmente diverso rispetto alle dimensioni della città che andremo ad esaminare.
Le grandi città sono quelle che fino ad ora hanno ospitato la stragrande maggioranza delle attività economiche presenti in una nazione. I motivi sono semplici da capire: aprire le sedi in città permette di ottenere una facile copertura del substrato di servizi necessari a sviluppare la propria impresa, ed inoltre è più facile trovare i dipendenti con la qualifica necessaria.
Infatti, più persone vivono in un determinato territorio, più è staticamente facile trovare la risorsa con le qualifiche e l’esperienza lavorativa adatta a riempire l’organico aziendale. Di contro, aprire le aziende in zone periferiche può comportare l’avere difficoltà a trovare determinate qualifiche oppure a doversi accontentare delle risorse disponibili.
Ovviamente, anche dal lato del lavoratore c’era un grande vantaggio a lavorare in un’azienda di città, in quanto queste hanno in genere una nutrita serie di servizi che vanno dai trasporti pubblici alle scuole e quant’altro, che rende più agevole e confortevole la vita dei lavoratori e delle loro famiglie.
Tuttavia, telematizzare le attività lavorative permette di pescare in dipendenti sparsi in tutta la nazione, e perché no, in casi estremi anche in tutto il pianeta, e questo va ad eliminare il problema di trovare il dipendente adatto in un range chilometrico sopportabile da parte di un pendolare.
Diciamo che in genere questo range può essere valutato in un raggio di 30 chilometri e avere la sede in una città grande permette di pescare su una popolazione di oltre un milione di abitanti. Ma una volta che tanto puoi pescare dove vuoi, essere in città o in un isoletta in mezzo al pacifico teoricamente non fa più differenza. È un esempio volutamente estremo per rimarcare il concetto, tuttavia un’azienda tenderà a spostarsi in una zona meno costosa pur cercando di mantenere la sede in una zona non troppo defilata. Probabilmente si sposterà in periferia oppure nei comuni dell’Hinterland cittadino lungo un grande asse viario ma non troppo centrale per stare su costi di affitto contenuti. Al più, se è il caso, in base al tipo di servizio offerto manterrà un piccolo ufficio di rappresentanza in centro.
Secondariamente, in un’economia basata sulla quarta rivoluzione industriale, cosiddetta della digital economy, tutto il substrato di servizi necessari diverranno automaticamente telematizzati e di conseguenza non sarà più necessario essere in un grosso centro urbano per poterne disporre.
Ma anche a livello dei dipendenti diventa superfluo stare in centro, e anzi sarà preferito vivere lontano dai grossi centri per ottenere benefici nella qualità della vita.
Tutto ciò si tramuta nel crollo della domanda di immobili ad uso ufficio e di un calo per quelli ad uso abitativo. A questo si aggiungerà un calo considerevole di tutti quegli immobili che ospitavano i servizi destinati ai lavoratori come bar, fast-food, eccetera.
Quindi occorre aspettarsi un calo dei valori di questi immobili e dei relativi affitti.
Come lo smart working cambia il mercato immobiliare in provincia
Al contrario delle grandi città, gli agglomerati urbani più piccoli vedranno un aumento della domanda di immobili, e questo comporterà l’apprezzamento delle quotazioni e dei relativi canoni di affitto.
Tuttavia, il valore che perderà la grande città non si concentrerà nei comuni dell’hinterland ma si diluirà su diverse tipologie di centri urbani con caratteristiche differenti in base alla tipologia di immobili.
Le aziende, come detto poc’anzi, si sposteranno dalla città alle zone periferiche della città o nell’hinterland ma si collocheranno sempre in prossimità di un’autostrada o di un arteria stradale principale. Questo perché difficilmente potranno sempre lavorare con i dipendenti in remoto e periodicamente potrebbero avere necessità di chiamare a turno i dipendenti per coordinare i lavori o quant’altro.
A questo punto sarà necessario essere ubicati in una zona che agevoli i dipendenti che si recano in sede e arriveranno, in genere, con un’automobile percorrendo una delle strade principali. Auto che come detto in passato rispetto alle abitudini dei dipendenti probabilmente crescerà di dimensione e sarà poco pratica da usare dentro i centri molto urbanizzati.
Oltre a ciò, l’azienda potrebbe optare per collocarsi vicino ad una stazione ferroviaria o una fermata del metro o del passante ferroviario. Questo avverrà in particolar modo nelle imprese che manterranno una sede di rappresentanza in città e potrebbe nascere una via vai di dipendenti che potrebbe, di tanto in tanto, fare la spola tra la sede principale e quella di rappresentanza usando i mezzi pubblici.
In casi particolari, tipicamente presenti in aziende con vocazione internazionale e che ricevono frequentemente visite da manager o clienti esteri, l’ubicazione potrebbe essere collocata, oltre che rispettando il criterio stradale e quello ferroviario, anche quello aeroportuale. Insomma, si piazzeranno vicino ad un aeroporto per rendere semplice il raggiungimento della sede per qualcuno che prende il taxi in aeroporto e va in sede.
Quello che dobbiamo aspettarci è l’aumento delle quotazioni di immobili ad uso ufficio e aziendali in generale che si trovano vicino ad un’uscita autostradale e/o lungo un arteria stradale importante, oppure ancora vicino ad una stazione ferroviaria o ad una fermata di metropolitana o passante ferroviario, oppure ancora, vicino all’aeroporto.
Se tale immobile si trova vicino all’autostrada, alla ferrovia e all’aeroporto contemporaneamente il suo valore decollerà.
Tuttavia, il fatto che gli immobili ad uso ufficio beneficeranno di questi servizi la cosa non si rifletterà sul valore degli immobili ad uso abitativo perché chi si sposterà dalla città per lavorare in smart working non sarà motivato ad avere questi servizi vicino casa, anzi.
Chi si trasferisce fuori città cerca tranquillità, quindi prediligerà centri urbani lontano dal traffico veicolare, e sicuramente lontano dalle rumorose rotte di aerei in atterraggio.
Al più potrebbe essere interessato alla fermata ferroviaria, ma questo verrà ponderato rispetto ad altri aspetti più importanti rispetto che alla comodità di trasferimento, che in futuro sarà un esigenza sempre meno importante.
A livello abitativo mi aspetto l’aumento dei valori delle case in zone più turistiche, come ad esempio vicino a laghi, al mare, a parchi, boschi. Oppure in zone non lontano dalla città ma che presentano immobili unifamiliari e villette.
Come lo smart working influenzerà le tasse sugli immobili
Un altro elemento che occorre tenere conto per valutare il futuro del mercato immobiliare è la variazione della tassazione, come già anticipato.
In particolar modo abbiamo due tipi di imposizione fiscale che gravano sugli immobili: quelle che sono dirette emanazione dello Stato e quella che invece ha origine locale.
Molto probabilmente entrambe le componenti si impenneranno per gli immobili ubicati dentro i grandi centri urbani mentre gli immobili di provincia potrebbero subire un’imposizione maggiore rispetto alle tasse nazionali ma, al contempo, potrebbero ridursi quelle di tipo locale.
a) La situazione dei grandi centri urbani
I grandi centri urbani vedranno un calo notevole del numero dei residenti che renderà meno profittevoli e sostenibili i vari servizi comunali forniti al cittadino, dai trasporti pubblici ai servizi scolastici fino alla manutenzione dell’arredo urbano.
Se vi è un calo demografico si verificherà, in automatico, un abbassamento proporzionale del gettito fiscale comunale. Questo significa che i servizi comunali non potranno essere mantenuti con le stesse modalità precedenti.
Parte dei servizi diminuiranno per una minor richiesta e con esso si necessiterà di meno fondi per mantenerli, tuttavia molti servizi non sono così facilmente modulabili e si verrà a creare un’esigenza di fondi economici che rimangono elevati a fronte di un calo del gettito.
Questo provocherà un ammanco di cassa che i comuni cercheranno di appianare facendogli fronte con un consistente aumento dell’imposizione fiscale delle imposte locali. In subordine, non potendo aumentare di troppo la tassazione, si provvederà a privatizzare alcuni servizi (che quindi costeranno molto di più alla cittadinanza) oppure richiedendo un contributo di utilizzo più elevato (tipo i biglietti dei mezzi pubblici che rincarano).
Tutto questo finirà per gravare sulle tasche dei cittadini delle grandi città e che tenderà a farli scappare da questi grandi centri a gambe levate.
Anche se gli ammanchi dovessero essere trasferiti a livello statale, quello che comporterebbe sarebbe l’aumento della tassazione nazionale e la cui unica differenza sarebbe quella di spalmarla anche su chi non vice nei grossi centri, oppure di applicare l’obolo della tassazione su beni e servizi non legati alle abitazioni (l’aumento dell’IVA, oppure delle accise sui carburanti, eccetera).
Questa soluzione sarebbe però elettoralmente penalizzante, visto e considerato che la maggioranza dell’elettorato si ritroverebbe a vivere fuori dai grandi centri, e quindi difficilmente si opterà per trasferire i costi dai comuni alla nazione. Anche perché questo poi garantirebbe il poter gestire allegramente le contabilità degli enti locali e spalmarli sugli altri innescando un sistema di gestione a spreco.
b) La situazione dei piccoli centri di provincia
Nei piccoli centri di periferia, invece, l’aumento della popolazione o della concentrazione di aziende farà aumentare notevolmente il loro gettito fiscale.
Siccome, però, nei piccoli centri molti servizi non si possono implementare (ad esempio in un piccolo comune non ha senso istituire un servizio di trasporto pubblico), l’aumento del gettito fiscale non verrà tutto speso per i servizi ma rimarranno notevoli attivi di cassa.
A questo punto, i sindaci dei piccoli centri urbani utilizzeranno questi maggiori fondi per avviare servizi accessori supplementari, cosa che migliorerà ancora di più la vivibilità dei comuni di provincia rispetto ai grandi centri urbani, oppure opteranno per un calo delle imposte comunali per attirare ancora più gente e aziende dentro i loro confini.
Anzi, per la precisione, i comuni che saranno avvantaggiati dalla concentrazione delle aziende, per la presenza delle vie di comunicazione illustrate all’inizio di questo articolo, punteranno all’abbassamento delle imposte locali per attirare sempre più aziende. I comuni che invece sono più adatti ad un incremento di cittadinanza che vuole abitarvi opteranno per la miglioria e l’avvio di sempre più servizi comunali.
c) La situazione a livello nazionale
A livello nazionale ci sarà un sicuro aumento dell’imposizione fiscale in quanto si concentreranno più fenomeni: da un lato in molti perderanno il reddito, e quindi si dovranno attivare tutta una serie di ammortizzatori sociali che hanno dei costi. Secondariamente, occorrerà investire in infrastrutture che agevolino questa transazione da un paradigma lavorativo a quello nuovo, e anche questo costerà molto denaro.
Molte attività, inoltre, saranno spazzate via anche per via degli strascichi del lockdown, e questo farà precipitare il PIL e il connesso gettito fiscale.
A questo punto si procederà aumentando notevolmente la tassazione, in particolar modo con l’applicazione di patrimoniali che sicuramente graveranno soprattutto sugli immobili. Secondariamente si interverrà tagliando le spese pubbliche e privatizzando anche l’aria che respiriamo.
Detto ciò, l’aumento delle imposte sia nazionali che locali che gravano nei grandi centri urbani ne farà crollare il valore economico e le rendite d’affitto. Invece, nei piccoli centri potrebbe verificarsi l’aumento delle imposte nazionali ma un calo di quelle locali che manterranno stabili le quotazioni degli immobili, e che anzi aumenteranno per via della maggior richiesta.
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