L’attuale riforma Fornero ha modificato le direttive riguardanti il meccanismo di funzionamento del mondo del Lavoro.
Per quanto riguarda soprattutto i contratti, la situazione appare ad oggi poco chiara.
Forexinfo vuole saperne di più e a questo scopo ha intervistato il Dr. Vincenzo Pennisi, Esperto in materia di Amministrazione del personale e di Normativa del Lavoro, sul tema dei contratti a tempo determinato.
Cinquantasette anni, libero professionista, il Dr. Pennisi svolge il suo lavoro nella città di Catania, dove compie attività di supporto alle aziende, curandone la gestione del personale.
Ha maturato esperienze anche in qualità di Direttore del Personale in aziende del comparto Impiantistico, Industriale e Farmaceutico, con competenze nell’ambito della formazione, della selezione, nonché nell’organizzazione e nelle politiche di sviluppo del personale.
E’ Associato a Gruppi di lavoro e Associativi del mondo del lavoro, quali AIDP (Associazione Italiana Direttori del Personale), GIDP (Gruppo Intersettoriale Direttori del Personale), FEDERMANAGER (Gruppo Dirigenti Federazione Nazionale), ODCEC di Catania (Ordine dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili), ANDAF (Associazione Nazionale Direttori Amministrativi e Finanziari).
Andiamo quindi a leggere le risposte che il Dr. Pennisi ci ha gentilmente dato, cercando di saperne di più sui contratti a tempo determinato.
Che cos’è un contratto di lavoro a tempo determinato e qual è la durata minima/massima prevista?
Il contratto di lavoro a tempo determinato, innovato dalla recente riforma Fornero, è un contratto che rientra nelle finalità della “flessibilità in entrata”.
La suddetta flessibilità prevede la possibilità di concedere alle aziende un periodo, limitato, di inserimento di nuove risorse.
Secondo le linee guida della disciplina, in generale, ogni contratto di lavoro deve intendersi convenzionalmente “a tempo indeterminato”, pertanto, qualsiasi tipo di condizione diversa da questa, implica un carattere puramente transitorio e non stabile, tale però da evitare una condizione di precarietà a vita.
Per quanto riguarda la durata del contratto, non è prevista una durata minima; al contrario invece, la durata massima, presso la medesima Azienda, non può superare, complessivamente, i trentasei mesi.
Quante volte può essere rinnovato un contratto a tempo determinato e qual è la durata prevista per un rinnovo?
Il contratto a tempo determinato non può superare la durata di un anno e deve trattarsi del primo rapporto fra le parti.
Il suddetto contratto non può essere prorogato o reiterato.
Per i contratti superiori a sei mesi è ammessa la successiva stipula di altri contratti a termine solo trascorsi 90 giorni e, in questo caso, la durata non ha un vincolo specifico, salvo il rispetto dei trentasei mesi complessivi della durata del contratto a tempo determinato.
Essa non può essere in ogni caso oltrepassata, perché, superati i tre anni, il contratto si considera a tempo indeterminato.
Qual è la differenza tra rinnovo e proroga del contratto?
Per rinnovo di un contratto si intende la stipula di un nuovo contratto a tempo determinato, che può essere sottoscritto trascorsi i periodi di intervallo previsti dalla legge di riforma e pari, rispettivamente, a 60 giorni per i contratti di durata sino a sei mesi, e a 90 giorni per i contratti di durata superiore a sei mesi.
La proroga è invece la prosecuzione temporale di una contratto a tempo determinato che può essere applicata, dopo averne accertato le ragioni (che possono essere esclusivamente di carattere tecnico, organizzativo e produttivo), solo per una volta nel’ambito del periodo contrattuale.
Una volta ottenuta la proroga di un contratto a tempo determinato (ad esempio trimestrale), quali sono le prospettive? Rinnovo o licenziamento?
Come descritto in precedenza, la stipula di un contratto a tempo determinato per la durata di un trimestre può essere, alla scadenza, rinnovata, con una procedura di proroga del contratto, per un successivo trimestre.
Alla nuova scadenza il contratto deve essere risolto e non può più essere prorogato.
Come comportarsi in caso di licenziamento?
A mio parere, nelle ipotesi considerate, il termine “licenziamento” è improprio, in quanto trattandosi di forme di contratto a durata predeterminata, la risoluzione del rapporto di lavoro è di fatto un automatismo insito nel contratto stesso, liberamente accettato da entrambe le parti.
Pertanto, escludendo le situazioni messe in atto con fini fraudolenti o erronei, si determina un’eccezione (licenziamento) alla risoluzione del contratto di lavoro stipulato.
Il licenziamento rientra infatti nelle forme regolari e flessibili di inserimento nel mondo del lavoro, favorendone l’accesso, soprattutto da parte dei giovani, e promuovendo le iniziative aziendali, anche di breve durata.
D’altronde la legge di riforma ne ha ridisegnato i confini, con l’affermazione, precedentemente espressa, che il contratto di lavoro a tempo indeterminato “costituisce la forma comune di rapporto di lavoro”.
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