Quali sono gli scenari possibili all’interno del panorama politico dopo la sconfitta del centrodestra alle amministrative?
“Fossi in Letta io aspetterei a cantar vittoria troppo presto, sia per l’astensione da record, sia soprattutto perché questa vittoria netta ha azzerato i 5 Stelle e adesso riuscire a fare un’alleanza organica per loro sarà la vera sfida per il Pd. Auguri”. Il commento del vecchio senatore di Forza Italia è sarcastico ma rappresenta molto bene come la vittoria nel voto alle amministrative - anche se netta dal punto di vista numerico - pone il Pd in una posizione di maggiore responsabilità, sia nei confronti dell’azione di governo e sia nell’ottica di costruire quella coalizione necessaria per cercare la vittoria alle prossime politiche contro il centrodestra.
Il voto, infatti, ha decretato praticamente la fine del Movimento 5 Stelle, che rimane però ancora la forza di maggioranza relativa in Parlamento e il naturale interlocutore per il Pd. Non è un caso se Provenzano, il vicesegretario del partito, afferma senza mezzi termini che il partito adesso deve assumersi le sue responsabilità nei confronti degli elettori, ma soprattutto dei possibili alleati:
“I risultati ci affidano la responsabilità di guidare il campo progressista. Non ricadremo nell’errore esiziale dell’autosufficienza. Ma non possiamo accettare veti. La discussione va ribaltata: il tema non è cosa fa il Pd, che è il perno dell’alternativa alla destra, ma cosa fa chi si vuole alleare col Pd. Ora sta a Renzi, Calenda e Bonino scegliere: o di qua o di là”. Ma il problema è che mettere insieme la variopinta schiera, che va da Calenda a LeU a Renzi per finire con quel che resta dei 5 Stelle, appare davvero un’impresa titanica.
Ma se Atene piange Sparta non ride. Il centrodestra, infatti, esce con le ossa mezze rotte dall’esito delle elezioni amministrative che hanno dimostrato come il percorso verso la vittoria alle prossime politiche non è poi così semplice come poteva sembrare solo qualche mese fa. Il centrodestra paga sicuramente le cattive scelte dei candidati ma anche una sostanziale particolarità, come ha voluto sottolineare nella conferenza stampa post voto Giorgia Meloni, e cioè quella di avere due partiti al governo, Forza Italia e Lega, e uno all’opposizione, Fratelli d’Italia.
Trovare una sintesi in un simile scenario pare davvero complicato. Perché se Forza Italia appare sempre più convinta della sua adesione al governo di larghe intese, i malumori nella Lega, divisa con un’ala governista, capeggiata da Giancarlo Giorgetti, e un’ala più di lotta, rappresentata da Borghi e Bagnai, e in mezzo il segretario Salvini a cercare un difficilissimo equilibrio tra due posizioni così contrastanti, non fanno che acuirsi.
Se faticano a capirci qualcosa gli addetti ai lavori figuriamoci come possano sentirsi i semplici elettori. Non è un caso se la Lega sembra essere il partito a pagare di più sia in termini di consenso sia in termini di unità interna. E non è un caso se a poche ore dall’esito dei ballottaggi sia stata proprio Giorgia Meloni, unica coerentemente all’opposizione del governo, ad assumersi l’onere di parlare da leader della coalizione, annunciando la necessità di una convocazione di un vertice tra i tre leader, dove probabilmente esprimerà il suo disagio nel vivere in una coalizione così eterogenea nella sua posizione verso il governo in carica.
Ed è in questa situazione così eterogenea che si staglia all’orizzonte l’appuntamento della elezione del Presidente della Repubblica, che potrebbe a questo punto assumere tutt’altro scenario rispetto a pochi giorni fa. Perché se prima delle amministrative solo Fdi e la sua leader sembravano propensi ad andare al voto, adesso anche il Pd potrebbe essere tentato dall’azzardo di contarsi e contare il peso dei possibili alleati, partendo da quella che pare essere diventata ora una posizione di forza. Ma il problema è che una cosa sono le amministrative, con una partecipazione al voto ai minimi storici, altra sono le politiche. Lo scenario che si profila da qui alla elezione del capo dello Stato potrebbe vedere un aumento dei toni della polemica tra Pd e 5 Stelle da una parte e Lega dall’altra, con qualche incursione di un redivivo Renzi. Ma sostanzialmente questo particolare impatterà ancora meno di quello che fino a ora ha fatto sull’azione del governo Draghi, che proseguirà spedito con il suo programma, forse se possibile cercando un’accelerazione.
Il voto delle città ha contribuito a intricare ancora di più, magari per opposte ragioni, la situazione interna alle coalizioni di centrosinistra e di centrodestra.
“Il quadro politico adesso appare più chiaro. Da una parte abbiamo Letta che, forte della sua fresca vittoria elettorale, può rivendicare a ragione la leadership di un centrosinistra che non si sa come e con chi potrà essere creato. Nel centrodestra appare invece profilarsi sempre più la leadership di Giorgia Meloni, a scapito di un Salvini che pare sempre più col fiato corto”, dichiara un vecchio deputato di Italia Viva, ex democristiano. “Starà adesso ai due leader mostrarsi in grado di reggere a una sfida così impegnativa”. Una sfida che vede Letta alla ricerca di una sintesi fra forze politiche assai eterogenee tra di loro.
A Roma, Carlo Calenda ha messo il Pd di fronte alla scelta fra il suo appoggio e i grillini - se questi sono i presupposti, auguri. Inoltre Letta dovrà fare i conti con un Movimento 5 stelle sempre più debole ma anche per questo sempre meno controllabile. La Meloni forse avrà un compito ancora più complicato: non solo dovrà conquistare definitivamente sul campo la leadership della coalizione (cosa a oggi tutt’altro che scontata) ma dovrà anche essere in grado di riannodare i fili di un percorso che per la coalizione di centrodestra si sono sicuramente assai intrecciati. Le prime importanti risposte per ambedue saranno in occasione della elezione del Presidente della Repubblica, che sarà probabilmente un crocevia ben più importante di questa tornata elettorale delle amministrative.
© RIPRODUZIONE RISERVATA