Servono 5-7 miliardi per arginare il caro-bollette e già spunta la coperta di Linus della «lotta all’evasione». Mentre l’Eurotower mostra i numeri disaggregati del Pepp: senza scudo, Italia già ko
What a difference a day makes cantava una straordinaria Dinah Washington. Nel caso del governo italiano, i giorni sono stati due. Ma la differenza davvero enorme. Abissale. E rivelatrice: la crisi è già qui. Il problema è che il governo dei Migliori la stava attendendo sull’uscio, quando invece questa è già spaparanzata sul divano del salotto.
La prima differenza è questa: Mario Draghi avrebbe dovuto guidare un esecutivo in modalità banca d’affari, quindi in grado di anticipare gli eventi. E non rincorrerli. O, peggio, subirli. Altrimenti, tanto valeva tenersi uno qualsiasi dei governi degli ultimi venti anni. Seconda differenza: in 48 ore, Palazzo Chigi e dintorni hanno aperto a un intervento diretto e di grande entità contro il caro-bollette e, soprattutto, all’abolizione di obbligo del green pass per negozi e banche dalla prossima primavera. Presumibilmente, a partire dal 1 aprile, primo giorno di fine dello stato di emergenza prorogato.
Pesce in vista? Ormai occorre attendersi di tutto ma questa volta la gravità della situazione e soprattutto la velocità del suo precipitare fanno propendere per una riapertura di economia e società davvero spedita. E reale. E non perché viviamo un tempo nuovo, come ha poeticamente sottolineato il ministro Speranza, confermando la svolta. Bensì perché siamo disperati. Le imprese chiudono. Le banche hanno anticipato la crisi e operato sulla cessione crediti in maniera che ora obbliga la politica a intervenire. L’inflazione galoppa. Il debito non cala e lo spread resta elevato. In compenso, Piazza Affari pare scoppiare di salute.
Che differenza. Siamo al 10 febbraio e l’entrata in vigore dell’obbligo di green pass per esercizi commerciali e sportelli del credito è scattato solo il primo del mese: rimangiarsi tutto con questa solerzia, ancorché solo con un’ipotesi di ritiro a breve, equivale a un’ammissione non solo di colpa ma di allarme conclamato. Consumi a zero. Città in modalità lockdown di fatto. L’Europa sta già riaprendo. Noi rincorriamo. Già con l’affanno e la lingua a penzoloni. Terza differenza: se di colpo, come prospettato dal titolo di apertura del Sole24Ore, il reperimento dei fondi necessari per tamponare il caro-bollette arriverà dalla lotta all’evasione, evitiamo di prenderci in giro.
Quel termine equivale alla coperta di Linus, di fatto nel nostro Paese ha due sole declinazioni possibili. Una estrema ed è condono. L’altra, edulcorata, che è scudo fiscale. O rientro dei capitali. O voluntary disclosure, sperando così che l’inglese confonda la componente grillina dell’esecutivo. Se però si arriverà a questo per reperire i 5-7 miliardi necessari, allora il mercato comincerà a prezzare davvero una crisi strutturale: perché dopo aver raschiato il fondo del barile del DEF con l’assalto alla diligenza della campagna elettorale per le regionali, ecco che ora il governo ammette di non poter fare scostamenti. E gioca la solita carta della lotta all’evasione.
Come? Facile. Si vende a Bruxelles un extra-gettito fiscale come già introitato, ovviamente sparando in alto con le cifre (i 10 miliardi di cui parla il quotidiano di Confindustria) e in questo modo si spera che alla Commissione si bevano per l’ennesima volta l’ennesima partita di giro sul deficit. Il guaio? Altrettanto semplice. Stavolta Bruxelles sicuramente consentirà a Roma di preservare le forme e salvare le apparenze, al fine di non far saltare il governo e piombare in campagna elettorale anticipata ma chiederà garanzie sottobanco e in maniera informale, in caso la lotta all’evasione si riveli - come è facile vaticinare - un buco nell’acqua. O, comunque, mossa da 3-4 miliardi al massimo.
A quel punto, condono di massa o sottoscrizione lampo della ratifica del nuovo MES da parte del Parlamento e via con le cambiali in bianco. Magari, l’abuso di SuperBonus edilizio potrà tornare utile, in questo contesto di crisi. Perché il 31 marzo si avvicina e con esso a fine dello scudo Bce alla sostenibilità del nostro debito pubblico. Questi tre grafici parlano chiaro:
al netto delle promesse dello scorso settembre, nel mese di gennaio l’Eurotower ha comprato per oltre 50 miliardi netti in seno al Pepp e 19 tramite la sigla-ombrello dell’App. Ovvero, sostegno al debito sovrano per 70 miliardi.
E la seconda e terza immagine lasciano poco all’interpretazione: l’Italia è tornata ampiamente a beneficiare della deviazione sul criterio di capital key, ovvero i BTP sono stati overbought dall’Eurotower. Nonostante questo, lo spread resta in area 150-160 punti base. Cosa accadrà dal 1 aprile? Casualmente, giorno in cui presumibilmente tg, giornali e chiacchiere al bar saranno monopolizzati dal primo ritorno alla normalità. E non da un eventuale spread in direzione 200 punti base.
There’s a rainbow before me/ Skies above can’t be stormy cantava sempre Dinah Washington. I nostri cieli, invece, sono già oggi pieni di nubi. E l’arcobaleno non si vede all’orizzonte. Se sarò condono, qualcuno potrebbe essere tentato di scatenare l’inferno sui mercati. Perché, a quel punto, il governo dei Migliori sarà stato disperatamente costretto ad agire come un qualsiasi governo Berlusconi.
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