L’intervista a Jonathan Figoli, Founder & CEO di ProfessioneFinanza, nonché ideatore dell’evento PFEXPO, per delineare lo stato dell’arte di un comparto in continua evoluzione e dove gli attori hanno un ruolo sociale cruciale.
Dietro le quinte del PFEXPO 2020, l’evento di riferimento per i professionisti del settore finanziario, che si è tenuto oggi a Milano, c’è Jonathan Figoli, Founder & CEO di ProfessioneFinanza, società leader nell’ambito della formazione dei consulenti finanziari, nonché ideatore dell’evento.
Money.it lo ha incontrato a margine della conferenza, per fare il punto con il suo sguardo da insider sul settore della consulenza finanziaria e sul futuro e le sfide che oggi si pongono di fronte a chi ne fa parte.
Domanda: Questo evento rappresenta un punto di vista, un osservatorio sullo stato dell’arte del settore della consulenza. Facciamo il punto sul presente?
Risposta: “Quello attuale è un mondo che sta attraversando un enorme cambiamento, direi epocale, iniziato circa due anni fa, quando però non era messa al centro del settore in modo particolare la figura del consulente finanziario.
Oggi, la direzione del gioco ce l’hanno in mano le realtà bancarie e la sfida attuale si gioca sul loro compito di non permettere che si perdano due elementi fondamentali: fiducia e professionalità. Mentre finora si è lavorato per lo più con lo stesso modello di business, ho notato con piacere, anche dai confronti emersi oggi nella sala dedicata alla Wealth Architecture, ognuno inizia quasi a specializzarsi e a proporre qualcosa di nuovo, sia in termini di servizi, sia di prodotti, proprio per attirare la figura del consulente finanziario.
Questo è un bene per la crescita della categoria, dove il concetto di “scelta” assume un valore chiave. Quando hai la possibilità di scegliere puoi mettere in moto meccanismi virtuosi”.
D: Quali azioni concrete possono essere messe in campo nell’immediato?
R: “Penso che l’impegno principale debba essere soprattutto orientato all’evoluzione della consulenza finanziaria cercando davvero di puntare alle professionalità e alle peculiarità di ogni singolo consulente finanziario e alimentare la specializzazione dei ruoli che si possono ricoprire.
Oggi più che mai, le esigenze del cliente sono a 360° e sono tutte importanti, sarebbe quasi impossibile definirne una meno importante delle altre, ma il problema è che oggi il risparmiatore italiano tende a lasciare i soldi sul conto corrente, anzi ritiene questa quasi la miglior forma di diversificazione e l’investimento non è la sua priorità.
Per smuovere questo ristagno è necessario puntare alla qualità della consulenza mettendo il proprio ruolo professionale al centro dei bisogni del cliente, per aiutarlo a identificarli oltre che a soddisfarli, aiutarlo a comprendere che quella del consulente non è una figura sostituibile con la tecnologia poiché si fonda sulla fiducia. Questa è senza dubbio la sfida più importante per la categoria, lo status quo della professione, creare valore e ottenere la fiducia dei propri clienti”.
D: Questo è un approccio che guarda al singolo professionista, quali considerazioni si possono fare in ottica invece di collaborazione tra gli attori di un settore notoriamente chiuso?
R: “Ci sono punti di vista molto diversi relativamente al tema dell’unione delle professionalità e richiederebbero quasi un evento a parte per poter essere esplorati a dovere. Da un lato vi è l’unione con le altre professionalità, come l’avvocato, il notaio, l’assicuratore, il commercialista, dove traspare una grande apertura alla sinergia per migliorare non solo il confronto tra professionalità complementari, ma anche il confronto con il cliente stesso. Sono quelli che ho appena citato i primi a volersi davvero aprire al mondo della consulenza finanziaria, un mondo particolare comunque, non di facile comprensione.
Dal punto di vista della sinergia tra consulenti finanziari, invece, emerge ancora una certa chiusura e le sinergie sono confinate tra colleghi della stessa azienda, dove possono esserci competenze trasversali da integrare efficacemente tra loro, ma difficilmente esce dalle pareti dell’ufficio di competenza. A volte rimane persino solo all’interno dello stesso team di un mandato.
Non so dove si andrà effettivamente nel breve periodo a livello di struttura e di forma della consulenza finanziaria, ma già che si parli di tematiche nuove è un primo passo verso un cambiamento sempre più positivo”.
D: E per quanto riguarda il futuro?
R: “Credo che il mondo della consulenza finanziaria abbia perso un’opportunità quest’anno sul piano della trasparenza dei costi, se il settore si fosse fatto paladino di questo aspetto sarebbe riuscito a esprimere realmente il valore aggiunto che porta la consulenza finanziaria rispetto alla mera vendita di prodotti bancari.
La prossima sfida che mi auguro non perda la consulenza finanziaria, è quella della PSD2, cioè quella di approfondire la conoscenza le disponibilità del cliente presso tutti gli intermediari bancari, in modo da fare davvero una consulenza a 360 gradi sulle esigenze di quest’ultimo.
Tutto ciò sarà possibile solo se il sistema darà maggiore centralità alla figura del consulente finanziario e non la gestirà a monte a livello di direzione. Dove sarà il mondo della consulenza tra cinque anni non saprei dirlo, ma sicuramente la categoria dei liberi professionisti, meno di quella degli agenti, sarà più impegnata nell’identificazione di competenze specifiche e innovative per elevare la professione e per migliorarne la qualità e il percepito. Il futuro della consulenza per questo, sicuramente sarà nelle mani dei giovani”.
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