SDG Group è una società italiana che ha anticipato l’economia data driven, ma pochi lo sanno, Ce l’ha raccontata chi l’ha creata, Luca Quagini
SDG Group è nata nel 1994 per iniziativa di un giovane ingegnere gestionale, Luca Quagini, che dopo un’esperienza in una società di consulenza strategica, decise che era il momento di mettersi in gioco personalmente e investire tutto il futuro sui dati.
Notare che Internet era appena nata e l’economia data driven era di là da venire,
Sin da subito la società si è data una dimensione internazionale, con l’apertura in Spagna nel 1999 (mercato che oggi, ci ha detto il fondatore, per SDG vale tre volte quello italiano).
Ma che illuminazione può avere avuto Quagini tale da preconizzare un’era economica interamente basata sui dati?
“Non potevamo fare i consulenti di strategia con alle spalle un network internazionale - ci ha detto Quagini, che ora è Ceo di SDG Group -. Ma potevamo farlo facendo leva sulle nostre conoscenze in fatto di gestione dei dati, Una consulenza da tipici ingegneri gestionali, che all’epoca stavano uscendo in forze dal dipartimento del professor Giovanni Azzone del Politecnico di Milano.
Vale la pena di ricordare che a quell’epoca l’ingegneria gestionale del Polimi era lo stato dell’arte dell’insegnamento accademico, rivaleggiava con le facoltà economiche (Bocconi su tutte) e aveva nel mirino quello che da lì a qualche anno sarebbe diventato il grande fenomeno dei Big Data.
Collocare l’IT nella consulenza strategica è un filone che ora è diventato dominante, mainstream come si usa dire.
“Ma a quei tempi le grandi società di consulenza come McKinsey e l’allora Andersen (poi diventata Accenture - ndr.) redigevano un rapporto, un vero e proprio libro cartaceo che poi i system integrator dovevano tradurre nel progetto, con il rischio di una perdita di valore dovuta ai passaggi interpretativi”.
SDG ha iniziato quindi a operare direttamente integrando progetti e dati e nel giro di 20 anni ha lavorato con grandi aziende multisettoriali che avevano, appunto, come denominatore comune una grande base dati.
Aziende dei settori farmaceutico, fashion, del lusso, banche e assicurazioni: tutti settori dove il problema del trattamento del dato non è solo un fatto di miglioramento gestionale, ma si pone direttamente alla base del business.
Una questione di esistenza stessa dell’azienda, verrebbe da dire.
2014, inizia l’era data driven
Dopo vent’anni a parlare di dati con le grandi aziende italiane, nel 2014 SDG ha fatto un investimento in sistemi avanzati, anche qui guardando lontano, puntando sui data scientist (divenuti popolari un lustro dopo), per la gestione di sistemi predittivi e di intelligenza artificiale: “se non si cambiava allora il modello di governance in logica data driven, tutto quello che si sarebbe fatto sui dati avrebbe rischiato di essere interpretato come un mero problema aggiuntivo".
Nel 2020 la SDG Group è stata acquisita dal gruppo Alten, una public company di consulenza francese da 3 miliardi di euro specializzata in innovazione tecnologica e ingegneristica.
I piani industriali di oggi, coerenti con il PNRR, dicono di mettere al centro la digital transformation, di fra diventare le aziende data driven. “Ci si affida sempre ai soliti interlocutori, ma il cambio di passo lo si fa con aziende che si sogni specializzate in trattamento di dati. Bisogna avere nel DNA la cultura del dato. La nostra azienda è l’unica riconosciuta da Gartner (con una honorable mention, perché non arriva a 250 milioni di fatturato) nei data analytics service provider, quadrante abitato dai grandi gruppi di consulenza, come BCG e McKinsey”.
Oggi SDG Group ha 1.800 consulenti fra Spagna, Italia (Milano, Roma, Firenze e Verona) e negli Usa, con cui fa sostanzialmente due macro tipi di progetti (di processo e performance aziendali, e di data & analytics), collabora con il Cloud Nazionale di Tim e Leonardo, come fornitore di soluzioni cloud analytics.
Progetti che portano il gruppo a stimare un fatturato a fine 2022 di 125 milioni di euro.
Quindi SDG Group applica la business science per il controllo e la predizione alle utility e alle aziende di servizi finanziari, ossia a strutture che hanno grandi popolazioni di utenti. Sono aziende dove l’intangibile è business, come Hera, Terna, A2A, Bpm, Credem, Generali.
“Fare progetti di Data & Analytics da noi vuol dire essere end to end: andare dalla cloud migration alla visualizzazione finale, applicando tecnologie smart e aumentate”, spiega Quagini.
In questo campo SDG lavora nel retail e nel fashion (qualche esempio: Armani, Monclair, Cucinelli, Guess, Bottega Verde, Heineken, Granarolo), settori storicamente attenti ai big data destrutturati: all’inizio ricavavano il sentiment dal web, poi dalle app, dai social, e ora forse primi motori del metaverso.
La app che legge i parametri vitali tramite smartphone
Può un’azienda internazionale di management consulting, specializzata in business analytics per le grandi aziende, fare anche cose “popolari”?
La risposta è affermativa e si chiama DocDot.
“Quando è iniziata la pandemia da Covid, a marzo 2020, ci siamo chiesti: facciamo una donazione? No, facciamo una applicazione di telemedicina, che possa essere utile a tutti”, ci ha detto Quagini.
È così nata DocDot, applicazione per il monitoraggio remoto dei pazienti, indicata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come una delle soluzioni di Digital Health più innovative su scala globale.
Per svilupparla Maurizio Sanarico, il chief data scientist di SDG Group, ha contrattato un’azienda israeliana di misurazione di segnivitali, Binah, per poter integrare i dati con un sistema di analisi in backend.
La prima versione di DocDot effettuava la misurazione dei quattro parametri vitali più rilevanti per la determinazione dello stato di salute individuale (saturazione dell’ossigeno nel sangue, frequenza respiratoria, frequenza cardiaca e variazione della frequenza cardiaca), mediante la semplice visualizzazione del volto tramite lo smartphone.
Chi utilizza DocDot, infatti, deve guardare la fotocamera dello smartphone per due minuti. Attraverso una tecnologia chiamata fotopletismografia remota la fotocamera registra la luce riflessa dai vasi sanguigni che scorrono sotto la pelle. Una combinazione di elaborazione dei segnali luminosi e di intelligenza artificiale converte queste registrazioni in misurazioni accurate in tempo reale dei parametri vitali.
Oggi a DocDot vengono aggiunte altre capacità di misurazione tramite algoritmi che consentono di determinare, ad esempio, la pressione sanguigna minima e massima del corpo e, in futuro, ulteriori parametri, come il livello di emoglobina nel sangue, il tasso alcolemico e la glicemia.
L’app è stata utilizzata da Generali Deutchland, come applicazione per il well being, non come medical device, dato che non ha ancora la certificazione.
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