Attuare un piano di assunzioni straordinarie per il personale medico che continua a mancare nella sanità italiana, questo uno degli obiettivi del governo Conte. E mentre si registra l’emergenza di carenza di medici, tanti decidono di andare all’estero.
Conte mette la sanità al primo posto e si dichiara pronto a far fronte all’emergenza carenza medici che ha colpito il nostro Paese e che, nei prossimi anni, produrrà una situazione allarmante.
Questo quanto emerso dalla parole del premier bis nella giornata di ieri dove, tra le altre cose, ha portato a casa la fiducia alla Camera.
Un discorso essenziale, e che poco arricchisce lo striminzito paragrafo Sanità del programma di governo giallorosso, ma che va dritto al punto “il governo si impegnerà a difendere la sanità pubblica e universale, valorizzando il merito e predisponendo un piano di assunzioni straordinarie di medici e infermieri, potenziandone i percorsi formativi”, spiega Conte.
Il governo manda un complessivo segnale di attenzione nei confronti di un settore sanitario più volte vessato dallo spettro del taglio dei fondi e dall’attuale emergenza di carenza del personale, dai medici agli infermieri, che aiutata dal Quota 100 e dai naturali pensionamenti va verso una vera e propria epidemia nei prossimi anni.
Il nuovo esecutivo tra le priorità mette subito l’accento, accanto all’abolizione del superticket da 10 euro e al divario regionale, sull’implementazione di un piano straordinario volto all’assunzione di medici e infermieri che vadano a tamponare l’attuale situazione di scarsità che, come ribadito dal ministro della Salute, Roberto Speranza, vedrà “nei prossimi 5 anni un picco di pensionamenti che aggraverà il problema”.
Piano assunzioni per medici e infermieri: quanto costerà?
Il piano di assunzioni straordinarie promosso, e promesso, dal governo bis di Conte è quanto mai necessario contando che al momento mancano circa 8mila medici, 36mila infermieri e circa altri 2mila dirigenti. Quanto costerebbe una misura che ripari alla situazione?
Non pochi spiccioli, si parla di qualcosa che viaggia intorno a 1,5-2 miliardi di euro. Le stime sono restituite da Carlo Palermo, segretario Anaao Assomed, il principale sindacato dei medici ospedalieri, che suggerisce inoltre al ministro Speranza di partire subito con una serie di provvedimenti che vadano a tamponare l’emorragia.
Un esempio? Attuare il decreto Calabria, approvato dal precedente governo, che permetterebbe di stanziare i fondi per lo sblocco del turnover generazionale che tanto manca, ma anche approvare i decreti che permetterebbero l’assunzione a tempo determinato degli specializzandi al quarto e quinto anno; contratto che poi deve essere trasformato in un indeterminato.
Così facendo si potrebbero assumere circa 9mila giovani che stanno completando la loro formazione, liberando al contempo risorse da destinare all’aumento delle borse di specializzazione.
Contrattualizzare gli specializzandi significherebbe infatti liberare circa 12mila borse da spalmare nel 2020, 2021 e 2022, proprio quando ci sarà il picco massimo di carenza di medici.
Italia senza medici, il paradosso della fuga di cervelli
L’Italia ha quindi un disperato bisogni di medici e se non si interviene la situazione, guidata da Quota 100 e dai naturali pensionamenti a cui manca il corrispettivo turnover generazionale, sarà strutturale.
Ma ecco il paradosso. L’Italia è anche il Paese che vanta il record di fughe di medici all’estero. In Europa un medico su due che decide di emigrare è italiano e, secondo i dati, ad oggi sono 1.500 i camici bianchi che ogni anno lasciano l’Italia.
E questo succede non solo al Sud, storicamente soggetta alla “fuga di cervelli”, ma anche al Nord che conta le Regioni più ricche. Ma le colpe sono sempre le stesse. Le stesse che si potrebbero imputare a qualsiasi altro settore: stipendi bassi, orari di lavoro disumani e anni di blocco del turnover.
Il nostro è un sistema poco attrattivo e in Europa nessuno si avvicina a questo sconfortante primato. Senza contare che si tratta di un incredibile spreco di risorse e talenti: basti pensare che servono circa 250mila euro per formare un medico. Ogni anno insomma regaliamo 350 milioni di euro in medici già belli che formati.
Questo il paradosso. L’Italia vive una situazione di emergenza di carenza di medici e infermieri e, al contempo, i camici bianchi se ne vanno. Le Regioni sono così costrette a richiamare in servizio i pensionati, o i camici militari. E mentre si aspetta che il governo vari il piano di assunzioni straordinario, l’emorragia continua.
Numero chiuso, abolire o tenere?
Il governo giallorosso potrebbe rimettere sul tavolo politico la questione dell’accesso a numero chiuso per diventare medico. I 5 Stelle già nel corso dello scorso esecutivo hanno appoggiato il superamento del numero chiuso.
Nel Ddl pentastellato presentato lo scorso agosto, si ipotizzava l’adozione del modello francese con un primo anno aperto a tutti e un test di selezione a partire dal secondo anno, andando così ad abolire la “lotteria” dell’attuale accesso programmato a livello nazionale.
Il decreto potrebbe trovare il via libera anche del Pd che già durante l’esperienza di governo Renzi nel 2015 tentò, con la ministra Giannini, di riformare l’accesso alla facoltà di medicina modellandolo proprio sul modello francese.
A levare una voce di dissenso è invece il segretario Anaao Assomed Palermo secondo cui, data anche la situazione del Paese, “Non si possono formare 70mila studenti, bisogna programmare in base ai fabbisogni oppure lancio una provocazione: se l’Europa è d’accordo e ci finanzia formiamo noi i medici per gli altri Paesi europei”.
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