Gli hacker della Corea del Nord hanno messo a segno sette attacchi cyber nel settore delle criptovalute, per un valore di 400 milioni di dollari. L’anteprima del Crypto Crime Report di Chainalysis.
Il 2021 ha segnato un anno record per il settore delle criptovalute e degli NFT. Oltre alle aziende private, anche gli Stati hanno iniziato ad attuare una propria strategia rispetto a questo nuovo settore. Ad esempio, El Salvador è stato il primo Paese al mondo a riconoscere il Bitcoin come valuta legale per gli acquisti di tutti i giorni. Restando in Sudamerica, il Messico ha recentemente annunciato che, entro il 2024, la Banca Centrale nazionale lancerà il “Peso digitale”.
Al tempo stesso sono diversi i Governi, tra cui quello di Hong Kong, pronti ad approvare al più presto delle normative per regolamentare il comparto delle criptovalute, con l’obiettivo di limitare le truffe cyber. Un fenomeno questo sempre più diffuso. Secondo un rapporto della società di analisi britannica Elliptic, nel 2021 le truffe sulle piattaforme di finanza decentralizzata (DeFi) che si servono della tecnologia Blockchain hanno raggiunto la cifra di 10,5 miliardi di dollari.
Tra questi, sembra essere particolarmente attivo il gruppo hacker della Corea del Nord, noto come “Lazarus Group”. I membri, come è stato recentemente riportato nell’anteprima del Crypto Crime Report di Chainalysis, avrebbero lanciato nel 2021 almeno sette attacchi alle criptovalute, riuscendo a minare circa 400 milioni di dollari in valute digitali.
Corea del Nord: nel 2021 rubati $400 milioni in criptovalute
Il Lazarus Group era già balzato agli onori delle cronache internazionali nel 2014, quando i server della Sony subirono dei cyber attacchi per far ritirare dal mercato The Interview, il film parodia sul regime nordcoreano e il suo leader Kim Jong-un.
In seguito a questa azioni, il gruppo hacker si è specializzato nei furti di criptovalute, centrando una media annuale superiore a 200 milioni di dollari dal 2018 a oggi.
Il 2021 si è rivelato un anno particolarmente fruttuoso, poiché, sempre secondo il documento di Chainalysis, rispetto al 2020, si è assistito a un incremento del 40%.
Tali attacchi hacker sono doppiamente dannosi per la comunità internazionale. Infatti, non solo si tratta di veri e propri furti nei confronti di chi investe nelle criptovalute, ma, come era già stato segnalato dall’ONU, gli introiti vengono utilizzati da Pyongyang per finanziare lo sviluppo del proprio programma di armi nucleari, aumentando in questo modo le tensioni geopolitiche mondiali.
Ethereum è la criptovaluta più colpita
La criptovaluta maggiormente colpita dagli hacker della Corea del Nord è Ethereum, la quale rappresenta il 58% dei fondi rubati, mentre i Bitcoin sono solamente il 20% del volume totale, dietro anche al 22% costituito da token ERC-20 o Altcoin.
Inoltre, Chainalysis ha individuato metodi sempre più complessi di riciclaggio, grazie agli scambi che avvengono su piattaforme meno rigorose in materia di controlli e utilizzano servizi di mixing.
A questi si aggiunge la strategia di non incassare in tempi immediati il denaro in forma liquida delle valute digitali rubate. Come osservato, infatti, gli hacker sono pronti a bloccare questi fondi anche per anni prima di passare all’incasso dei proventi.
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