Coronavirus, UE invia soldi per i rimpatri ma l’Italia non li usa: il retroscena

Leonardo Pasquali

30/04/2020

L’UE ha messo a disposizione soldi per il rimpatrio di cittadini comunitari da tutto il mondo durante l’emergenza coronavirus, l’Italia però non li starebbe sfruttando: cosa sta succedendo?

Coronavirus, UE invia soldi per i rimpatri ma l’Italia non li usa: il retroscena

L’Italia non sta utilizzando i soldi messi a disposizione dall’UE per completare i rimpatri dei cittadini comunitari dal resto del mondo. Perché?

Mentre il nostro Paese sta per entrare nella Fase 2 dell’emergenza coronavirus, ci sono circa 7mila italiani bloccati all’estero, dal sudamerica all’Australia e stanno pagando biglietti salatissimi per il rientro.

Eppure una soluzione migliore ci sarebbe e sono i finanziamenti di Bruxelles ma finora il Governo italiano ha deciso di non sfruttarli: vediamo costa sta succedendo e i motivi dietro questa decisione.

Coronavirus, soldi UE per i rimpatri ma l’Italia non li usa

Sin dall’inizio dell’emergenza l’Italia si è impegnata nel rimpatrio di circa 70mila persone, con 500 diverse operazioni. 7mila italiani però sono ancora bloccati in diverse parti del globo, dal Sud America all’Australia.

I loro voli sono stati cancellati o riprogrammati all’infinito mentre il biglietto è stato già pagato tempo fa. I rimborsi per ora sembrano solamente una chimera e i passeggeri sono pronti a pagare per quattro volte il prezzo standard per tornare a casa.

I voli sarebbero stati organizzati proprio grazie al Ministero degli Affari esteri, che tuttavia potrebbe ovviare alla situazione sfruttando i finanziamenti messi a disposizione dall’UE che coprono il 75% del costo del viaggio, a patto che vengano fatti rientrare nella stessa operazione anche cittadini di altri Paesi membri.

Il 27 marzo scorso la Commissione europea ha messo a disposizione 75 milioni di euro del budget dell’Unione per aiutare gli Stati membri a riportare a casa i cittadini che durante l’emergenza coronavirus si sono trovati bloccati in un’altra nazione. La Farnesina dice di aver valutato l’opzione ma questa doveva essere riservata solamente a Paesi in cui non esiste una soluzione commerciale di cui poter usufruire.

La smentita da Bruxelles

Direttamente da Bruxelles è arrivata la smentita a riguardo. Non ci sarebbe infatti nessun limite numerico per questo tipo di viaggi, l’unica condizione è quella di comprendere in uno stesso volo cittadini provenienti anche da altri Paesi della Comunità europea. Il Paese che deve effettuare il volo può decidere se sia militare o commerciale e la maggior parte delle persone a bordo non paga, è raro che venga chiesto il 25% del costo rimanente ai passeggeri.

Per ora l’Italia ha sfruttato l’opzione solamente a febbraio, per un’operazione dal Giappone: un aereo proveniente da Tokyo il 21 del mese, con a bordo 19 italiani, 17 cittadini europei e 1 persona senza passaporto UE. Le altre nazioni europee invece hanno usufruito dei finanziamenti in misura maggiore. Con il sistema messo a punto dall’UE sono stati rimpatriati gratuitamente oltre 30mila tedeschi, 3400 spagnoli, 2257 austriaci e 2470 belgi.

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