Ecco come gli esperti smentiscono la teoria complottista del coronavirus creato in un laboratorio cinese: la spiegazione del primario dell’Ospedale Sacco di Milano, Massimo Galli.
Sin dalla scoperta dei primi casi di coronavirus, circolano teorie sulla sua origine. Uno dei miti più ‘affascinanti’ che ha preso piede molto rapidamente è quello della creazione del virus in laboratorio.
Secondo alcuni sarebbe stato introdotto in natura erroneamente da un centro di ricerca di Wuhan, per poi diffondersi in tutto il mondo. L’ulteriore evoluzione della stessa teoria è che il COVID-19 sia stato creato come arma batteriologica contro gli Stati Uniti.
Sulla questione sono intervenuti diversi scienziati. Ne ha parlato anche Massimo Galli, esperto di malattie infettive e primario dell’ospedale Sacco di Milano.
Coronavirus creato in laboratorio? L’origine del virus
Gli esperti interrogati sulla questione dell’origine del nuovo coronavirus non hanno saputo dare risposte certe. Non ci sono prove che si stato creato all’interno di un laboratorio. Le possibilità che sia ‘scappato’ a un centro di ricerca, comunque, sono minime. Nel 2004 l’OMS ha aggiornato le linee guida per il monitoraggio della SARS proprio per evitare situazioni del genere. In quell’occasione fu chiesto ai laboratori di seguire alcune procedure per evitare epidemie incontrollate.
L’ipotesi che però sembra essere la più ragionevole è quella della trasmissione da un animale, escludendo esperimenti o manipolazioni genetiche. Questo perché anche gli altri coronavirus si sono comportati così. Come il SARS-CoV-2 che dai pipistrelli è passato alla civetta delle palme comune e poi agli umani. Nonostante il nuovo virus presenti differenze rispetto agli altri noti, dovute soprattutto a mutazioni, non sono state riscontrate aggiunte di materiale genetico.
Coronavirus, il primario del Sacco: “Virus cresciuto in natura”
Sulla questione è intervenuto anche il primario dell’ospedale Sacco di Milano, Massimo Galli, che si occupa di malattie infettive. La prima cosa che Galli sottolinea è che considerato l’andamento e il comportamento del coronavirus è “evidente” che si tratti di un virus “cresciuto ed evolutosi in natura”. Se fosse stato creato in laboratorio sarebbe identico a quelli già esistenti e avrebbe avuto una partenza più “piatta”. Galli ha poi evidenziato come il COVID-19 sia “uguale a quello del pipistrello per l’88%, a quello della Sars per il 79% e a quello della Mers per il 50%”.
Sull’ipotesi del supervirus ha poi aggiunto:
“Se io volessi fare un supervirus dell’influenza che di per sé è costituito da 8 geni, dovrei mettere insieme 8 geni di provenienza diversa, il cui percorso potrebbe essere individuato facilmente da un esperto del campo. Quello che abbiamo è invece un virus che si è evoluto a partire da quello del pipistrello, a cui è uguale per l’88%”.
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