Coronavirus e lavoro: le assenze sono retribuite?

Teresa Maddonni

24/02/2020

Coronavirus e lavoro: le assenze dei lavoratori sono retribuite? Vediamo quali sono le misure del governo in materia, tutele, quando è possibile assentarsi e quando invece può scattare il licenziamento come comunicato anche da un approfondimento dei Consulenti del Lavoro sul tema.

Coronavirus e lavoro: le assenze sono retribuite?

Il Coronavirus e lavoro: le assenze sono retribuite? Cosa succede ai lavoratori delle zone in quarantena? E a quelli che si mettono in quarantena volontaria?

Il Coronavirus e la forma influenzale a esso legata, la COVID-19, sta creando il panico in Italia, specie nelle regioni del Nord, Lombardia e Veneto in testa, dove in alcuni comuni è stato chiesto alle persone di non lasciare le proprie abitazioni e le scuole sono state chiuse con ripercussioni anche e soprattutto economiche.

Molti lavoratori, specie quelli delle imprese, che non possono andare a lavoro e non possono svolgere lavoro agile o anche smart working dalla propria abitazioni, sono messi a riposo forzato.

Un decreto del 23 febbraio ha stabilito la sospensione delle attività e dell’accesso alle strutture pubbliche nelle zone affette da Coronavirus.

Per le zone dove sta circolando il Coronavirus le persone non si potranno recare al lavoro, ma il ministero del Lavoro, come ha confermato il suo capo, la ministra Nunzia Catalfo, ha previsto delle misure straordinarie. A tal proposito, su Coronavirus e lavoro, anche i Consulenti del Lavoro hanno pubblicato un approfondimento per fare chiarezza.

Coronavirus e lavoro: assenze retribuite e tutele per le aziende

Per chi nelle zone colpite da Coronavirus non potrà recarsi a lavoro perché in quarantena, il ministero del Lavoro ha previsto assenze retribuite e tutele.

Infatti, secondo quanto disposto, per chi è sottoposto a quarantena nei comuni in cui è vietato uscire di casa, scatta la malattia in modo automatico che è quindi viene retribuita.

In un approfondimento pubblicato dai Consulenti del Lavoro si legge a tal proposito:

«Assenza a causa dell’ordine della pubblica autorità, che impedisce ai lavoratori di uscire di casa. In questa situazione si realizza la sopravvenuta impossibilità a recarsi al lavoro per cause indipendenti dalla volontà del lavoratore, che resterà, dunque, a casa ma con la retribuzione pagata.»

Alcuni lavoratori impossibilitati a recarsi sul proprio luogo di lavoro, qualora la tipologia di lavoro lo consenta, può beneficiare dello smart working , vale a dire il lavoro da casa.

Il problema ovviamente si pone per le aziende che si trovano a dover sospendere l’attività con i lavoratori a casa che devono essere pagati. Anche per le imprese il governo ha pensato a delle misure necessarie come la cassa integrazione ordinaria che scatterebbe automaticamente e a confermarlo è stata la stessa ministra del Lavoro Nunzia Catalfo dalla sua pagina Facebook. La ministra pentastellata ha scritto:

“Dopo quella che ho già annunciato ieri, cioè la concessione della Cassa integrazione ordinaria per i dipendenti di queste imprese, un’altra, condivisa oggi con sindacati e associazioni datoriali, è relativa alla possibilità - sia per la Pubblica amministrazione sia per i privati - di fare ricorso al lavoro agile anche in deroga ai limiti percentuali stabiliti dai contratti collettivi e dalla legge.”

Il decreto n.6 del 23 dicembre ha anche stabilito che per chi è in quarantena nelle zone a rischio può essere applicata la legge 81/2017 sullo smart working che per l’eccezionalità dell’evento non deve avvenire previa accordo scritto tra le parti.

Sempre in un post su Facebook di qualche ora fa la ministra Catalfo ha informato che:

“Allo studio del mio Ministero ci sono ulteriori forme di tutela, che prevedono l’estensione degli ammortizzatori sociali, il rafforzamento del fondo di integrazione salariale e l’introduzione della cassa integrazione in deroga per le aziende con meno di 6 dipendenti. Il nostro obiettivo è quello di raggiungere l’intera platea di lavoratori coinvolti, compresi quelli che non sono residenti in queste zone ma dovrebbero recarsi lì per cause di servizio.”

Coronavirus e lavoro: le assenze che fanno scattare il licenziamento

Nonostante il Coronavirus sia un evento straordinario e quindi le assenze sul lavoro siano giustificate, il discorso vale per le aree con contagi e dove ci siano state disposizioni particolari di quarantena.

Il decreto legge n.6 del 23 febbraio ha stabilito misure straordinarie per contenere i contagi con il diffondersi della COVID-19. Questo discorso non vale ovviamente per alcune tipologie di lavoratori.

La quarantena volontaria è prevista per chi vive in zone a rischio attualmente anche qualora non presenti i sintomi da Coronavirus o che sia rientrato da zone in cui è presente l’emergenza. In questo caso l’assenza è giustificata.

Non sono giustificate però le assenze di coloro che si mettono in quarantena senza motivo oggettivo di pericolo. Come si legge sempre nell’approfondimento dei Consulenti del Lavoro:

«Un’assenza determinata dal semplice “timore” di essere contagiati, senza che ricorra alcuno dei requisiti riconducibili alle fattispecie previste, non consente dunque di riconoscere la giustificazione della decisione e la legittimità del rifiuto della prestazione. In tal caso si realizza l’assenza ingiustificata dal luogo di lavoro, situazione da cui possono scaturire provvedimenti disciplinari che possono portare anche al licenziamento.»

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