Il tasso di mortalità del coronavirus è più elevato nelle aree geografiche più inquinate, la conferma in uno studio condotto dall’Università di Harvard.
Aree inquinate e tasso di mortalità del coronavirus più elevato?
L’Università di Harvard conferma l’esistenza di un legame stretto tra il fattore smog e le forme più gravi di COVID-19.
Il prestigioso istituto ha condotto nelle ultime settimane uno studio per verificare se nelle zone geografiche con livelli di polveri sottili più alte si sia riscontrato un aumento nella letalità del nuovo virus.
Anche in Italia, dove i livelli di smog rimangono stabili nonostante le misure restrittive, sono stati condotte ricerche di questo tipo per comprendere come mai Lombardia ed Emilia Romagna siano state le regioni più colpite della penisola.
Coronavirus, mortalità maggiore nelle zone più inquinate
L’Università di Harvard ha deciso di scendere in campo per comprendere quale sia il vero legame tra i livelli d’inquinamento e il coronavirus. In una ricerca sottomessa per la revisione al New England Journal of Medicine sono stati analizzate le percentuali di PM2.5 nell’aria in 3.000 contee degli Stati Uniti negli ultimi 17 anni, a questi numeri sono stati poi accostati quelli più recenti riguardanti le morti per COVID-19.
Le conclusioni confermano le ipotesi degli studi condotti finora, si è scoperto infatti che un incremento di un microgrammo per metro cubo di queste polveri sottili è corrisposto un aumento del 15% nel tasso di letalità della malattia. Il collegamento era già stato verificato nelle morti per qualunque causa, tuttavia l’incremento sarebbe 20 volte più elevato nel caso del coronavirus.
Gli studiosi che hanno portato avanti la ricerca hanno parlato così dei risvolti:
“Questi dati sottolineano l’importanza di continuare a rafforzare le attuali normative sull’inquinamento atmosferico per proteggere la salute umana sia durante che dopo la crisi COVID-19”.
Viene ricordato che a fine marzo negli Stati Uniti sono state allentate le restrizioni a protezione dell’ambiente in risposta alla pandemia di coronavirus.
In Italia si studia la Pianura Padana
Anche in Italia si sta cercando di capire perché alcune regioni siano state colpite di più rispetto ad altre e se il fattore inquinamento possa aver giocato un ruolo importante. Le aree messe più in difficoltà sono state la Lombardia con 60.314 contagiati (10.901 le vittime) e l’Emilia Romagna con 20.440 infetti e 2615 morti.
Uno studio pubblicato su Environmental Pollution lo scorso 4 aprile ha analizzato proprio la situazione in Pianura Padana, una delle località più inquinate d’Europa. Le conclusioni anche qui sono le stesse degli esperti di Harvard, confermando il legame stretto tra l’elevata mortalità del coronavirus e i livelli di polveri sottili registrati nell’aria.
Questa la spiegazione del ricercatore ambientale Dario Caro, nonché coautore della ricerca, ai microfoni di Repubblica:
“Noi sappiamo che i decessi legati al COVID-19 sono per lo più causati da gravissime polmoniti, la cosiddetta sindrome da distress respiratorio acuto (Ards), che sua volta è causata da un rilascio massivo di citochine infiammatorie. Dal punto di vista medico abbiamo notato che nelle popolazioni sottoposte ad alti livelli di inquinamento queste citochine infiammatorie sono persistentemente elevate, anche nei soggetti sani”.
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