Cos’è un censimento e perché quello sui Rom potrebbe essere incostituzionale?

Maria Stella Rombolà

20 Giugno 2018 - 13:16

Il Ministro dell’Interno Matteo Salvini ha proposto un legge che promuova un censimento sul Rom; la questione ha sollevato molte polemiche ma prima di tutto bisogna capire se è davvero possibile e legittima una simile procedura.

Cos’è un censimento e perché quello sui Rom potrebbe essere incostituzionale?

Nelle ultime ore la parola più usata è censimento: Salvini ha annunciato il censimento dei Rom, Di Maio quello dei raccomandati Rai e della Pubblica Amministrazione. Ma questa pratica non è nuova per l’Italia e per l’umanità in generale che si sottopone a censimento fin dai tempi di Mosè.

I motivi per i quali si può procedere in questo senso sono i più disparati ma la ragione fondamentale per cui si opera è la stessa: il censimento è un procedimento importante e utile all’amministrazione di uno Stato poiché grazie ai dati raccolti si hanno notizie aggiornate sulle persone che vivono in quel momento sul territorio.

Nonostante la pratica sia molto diffusa e prevista dall’Ordinamento, il censimento sui Rom proposto dal Ministro dell’Interno potrebbe essere dichiarato incostituzionale. Cerchiamo di capire quali sono le ragioni per cui questo procedimento, di solito legittimo, potrebbe subire uno stop.

Cos’è il censimento?

Il censimento è uno strumento che offre una precisa radiografia del Paese e che fornisce dati fondamentali per conoscere e migliorare uno Stato.

Tramite il censimento è possibile sapere quante sono le persone residenti in un determinato territorio, come sono strutturati gli edifici e come sono suddivise le unità abitative. I censimenti in Italia vengono indetti e finanziati dall’ISTAT che è l’Istituto Nazionale di Statistica il cui vertice viene nominato dal presidente della Repubblica su proposta del presidente del Consiglio. L’ISTAT in particolare si occupa di fornire censimenti sulle questioni più rilevanti come:

  • popolazione;
  • industria;
  • agricoltura;
  • indagini su famiglie;
  • indagini economiche.

Il censimento più diffuso è quello sulla popolazione che è una rilevazione statistica che offre il computo esatto di tutta la popolazione residente sul territorio. I dati risultanti dal censimento possono fornire informazioni sulla consistenza e sulle principali caratteristiche socio-demografiche della popolazione residente e sulla consistenza e le caratteristiche del patrimonio abitativo. Oltre all’ISTAT vi è un altro centro di ricerca, il Censis, che fotografa lo stato dell’arte della società attraverso indagini e ricerche.

L’importanza del censimento

Il censimento è essenzialmente una valutazione delle informazioni raccolte sugli abitanti di un Paese; infatti il termine deriva dal latino “censere” e significa appunto valutare.

I dati censurati costituiscono quindi un supporto fondamentale alle decisioni prese a ogni livello: Stato, Regione, Provincia, Comune. Questi dati possono anche avere un rilievo particolare sulle imprese e sulle associazioni di categoria che li sfruttano per pianificare attività e progetti o per offrire servizi ai cittadini italiani e agli stranieri residenti in Italia.

Il censimento rappresenta quindi un momento conoscitivo indispensabile per uno Stato perché consente di dare vita a un patrimonio informativo importantissimo per la collettività, un bene pubblico utile a tutti per valutare, programmare, decidere.

L’incostituzionalità del censimento sui Rom

Cerchiamo di capire perché allora il censimento sulla popolazione Rom presente in Italia potrebbe essere ritenuto contrario ai principi fondanti della nostra Costituzione. Un censimento di questo tipo in Italia è già stato tentato con un decreto del maggio 2008 dall’allora Ministro dell’Interno Roberto Maroni che parlò di identificazione, fotosegnalazione e rilievo delle impronte digitali; allora quel decreto suscitò parecchio scandalo e le relative critiche da parte dell’Unione Europea e dell’Onu. In quel caso il decreto rimase tale e non divenne mai legge.

Innanzitutto andrà chiarito che se nulla vieta di fare un’indagine utile a fornire il numero preciso di Rom in Italia la schedatura, la registrazione e il trattamento dei dati personali di essi andrebbe sicuramente contro il principio di uguaglianza enunciato all’articolo 3 della Costituzione Italiana che garantisce la tutela dei diritti dell’uomo “senza distinzioni di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.

Questa attività di indagine quindi incontra il limite della individuazione dei soggetti e dei gruppi: non è possibile raccogliere e catalogare dati che mirati alla individuazione di categorie specifiche e pertanto anche la raccolta di informazioni deve avvenire in forma anonima e generica.

Il precedente tedesco

Un precedente illustre di questa spinosa questione è riscontrabile nel territorio della Repubblica Federale Tedesca dove il censimento sulla popolazione residente previsto per il 1983 fu preceduto da innumerevoli proteste che trovarono attuazione nella sentenza del 15 dicembre 1983 del Tribunale Costituzionale Federale che decise allora di sopprimere il censimento già organizzato.

La ragione della protesta era in quel caso la tutela la dignità umana che sarebbe stata lesa dalla raccolta delle informazioni personali riguardante gli individui. Secondo la sentenza è compito del legislatore determinare gli scopi leciti e i requisiti tutelati, anzitutto proteggendo il segreto statistico e stabilendo l’anonimato dei dati elaborati.

Quanto deciso dal Tribunale tedesco ha valore ancora oggi per tutte le democrazie costituzionali che tutelano il cittadino, la sua privacy e quindi la sua dignità.

Una legge che promuovesse un censimento su specifiche categorie di persone sarebbe viziata da incostituzionalità per le stesse ragioni già esposte dal Tribunale costituzionale tedesco che troverebbero in Italia una identica applicazione.

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