Con le ultime notizie riguardo la presa della centrale nucleare di Zaporizhzhia da parte dell’esercito russo, le preoccupazioni salgono: l’Italia è preparata contro un disastro nucleare?
In Italia non esistono centrali nucleari, ma basta guardare una qualsiasi mappa aggiornata relativa alle dislocazioni dei vari impianti esistenti in Europa per accorgersi che il nostro Paese ne è letteralmente circondato.
Quella del nucleare è una minaccia che vive dietro l’angolo, e forse questo è uno dei principali motivi per cui l’Italia - già dal 2010 - ha messo a punto un piano contro le emergenze radiologiche.
Il Piano Nazionale delle misure protettive contro le emergenze radiologiche è stato redatto il 24 maggio 2010 e viene aggiornato dal Dipartimento della Protezione civile ogni tre anni. Coinvolge il Dipartimento dei Vigili del Fuoco, le Prefetture, la Protezione civile e punti strategici del sistema di allerta; ecco cosa prevede.
Il piano dell’Italia in caso di emergenza nucleare: in cosa consiste
“Il Piano c’è ed è in continuo aggiornamento, speriamo di non doverlo mai utilizzare”, ha detto il capo della Protezione civile Fabrizio Curcio, ed è la speranza di tutti.
Il Piano, strutturato nel 2010 grazie anche alla supervisione dell’’Ispra, viene aggiornato ogni tre anni per poter considerare l’eventuale influenza di nuovi fattori, modificare le sezioni e quindi garantire una maggior protezione al Paese.
Quella nucleare è un’emergenza da evitare in tutti i modi, ma nel caso avvenga una tale crisi, il nostro Paese sembra essere ben preparato. Il Piano Nazionale delle misure protettive da applicare in caso di emergenza radiologica è ben studiato e suddiviso in quattro parti:
- la prima parte illustra gli obiettivi generali del Piano Nazionale, quali l’individuazione e l’organizzazione delle misure necessarie per fronteggiare le conseguenze di eventuali incidenti che avvengano in centrali nucleari attive, ubicate fuori dal territorio nazionale (le più vicine sono quelle della Germania, della Francia, della Slovenia e della Svizzera). In questa sezione sono anche inseriti i presupposti legislativi;
- la seconda parte illustra lo scenario di riferimento, i presupposti tecnici e la stima delle conseguenze radiologiche (come l’entità del rilascio delle radiazioni);
- la terza parte si occupa invece della strategia operativa, dal sistema di allerta allo scambio delle informazioni nazionali e internazionali, dal monitoraggio dell’ambiente e degli alimenti alle misure di tutela per la salute pubblica, fino all’informazione alla popolazione;
- l’ultima parte riguarda i modelli d’intervento, il sistema di coordinamento, l’attuazione del piano, e procedure operative per la valutazione degli eventi e le fasi di preallarme e di allarme.
L’Italia e il NO al nucleare
È vero, in Italia non ci sono centrali nucleari, ma non è sempre stato così: l’esclusione di questi impianti dal nostro Paese è frutto di un’evoluzione storica.
L’Italia, agli inizi degli anni Settanta, aveva tre piccole centrali nucleari in funzione: Garigliano, Latina, Trino Vercellese, e pensava di costruire una quarta centrale a Caorso (PC), che sarebbe diventata operativa nel 1981.
I dubbi sulle centrali nucleari, però, continuavano a circolare, a causa della poca sicurezza dei reattori, dell’inquinamento dovuto alle emissioni, delle alterazioni ambientali e dell’inevitabile formazione di residui ad alta radioattività.
Anche dopo il grave incidente avvenuto il 28 marzo 1979 al reattore nucleare di Three Mile Island in Pennsylvania, negli Stati Uniti, la favola della sicurezza delle centrali nucleari venne ancora più messa in discussione e il 19 maggio 1979 si svolse una grande marcia antinucleare a Roma.
Le ambizioni nucleari italiane non sfumarono del tutto. Infatti, fra il 2009 e il 2010, ci fu un nuovo tentativo da parte del governo di far comprare all’ENEL due o quattro reattori EPR di produzione francese Areva, gli stessi che stavano avendo innumerevoli guai e ritardi nelle due località in Francia e Finlandia.
Nel giugno 2011 ci fu un nuovo referendum con cui tale tentativo fu respinto a larga maggioranza anche sull’onda dell’incidente ai reattori della centrale giapponese di Fukushima.
© RIPRODUZIONE RISERVATA