Vertice Cina-Usa a Roma: cosa si sono detti i leader sulla guerra in Ucraina? Gli Stati Uniti sono stati chiari, un appoggio a Mosca avrebbe delle conseguenze.
Iniziamo a intravedere i primi esiti del vertice Cina-Usa tenutosi il 14 marzo a Roma. Dopo la non troppo velata minaccia americana a Pechino, la Cina si affretta a rimarcare la sua estraneità al conflitto. Non a caso l’obiettivo era stanare in ogni modo possibile il governo di Xi Jinping dalle ambigue posizioni mantenute finora.
L’incontro a porte chiuse, durato otto ore e tenutosi presso il lussuoso hotel Cavalieri Waldorf Astoria di Roma, ha visto i rappresentanti di Stati Uniti e Cina confrontarsi sul conflitto in Ucraina. Le due delegazioni hanno lasciato l’hotel senza parlare con i giornalisti poiché nessuna dichiarazione stampa è stata rilasciata a fine meeting. Sono giunte soltanto delle dichiarazioni stringate da parte di entrambe le fazioni.
Da quel che traspare dalla nota della Casa Bianca, qualora però questi equilibri si rompessero o fossero solo una facciata, Washington, nella persona del Consigliere per la sicurezza nazionale americano Jake Sullivan, ha specificato che «ci sarebbero delle conseguenze».
Alla Cina conviene non intervenire
La Cina, con particolare solerzia, si dice impegnata a promuovere i negoziati di pace per l’Ucraina. Ad affermarlo è il responsabile della politica estera del partito comunista cinese Yang Jiechi. Secondo quanto riporta l’agenzia Bloomberg, dopo l’incontro romano con il consigliere alla Sicurezza nazionale americano Sullivan, il rischio d’interventismo è minimo.
Le parole di Jiechi sono state:
«Tutte le parti devono esercitare moderazione per proteggere i civili».
Non ci sarebbe neanche un passaggio di armi sottobanco, come sospettato dagli americani:
«Essendo un grande e potente Paese, la Russia non ha bisogno delle nostre armi».
O perlomeno, queste erano le dichiarazioni del portavoce del ministero degli Esteri cinese Hua Chunying, intervenuto al briefing del 24 febbraio rispetto a una domanda sulla possibile assistenza passata o futura di armi a favore del Cremlino.
Sulla stessa linea oggi la Cina scredita disinformazione e calunnie ai suoi danni lanciando una frecciatina al Financial Times che l’accusava di rifornire gli arsenali di Putin.
Come interpretare tutto questo? Un parere degno di nota è quello di Yun Sun, direttrice del China Programme allo Stimson Center di Washington:
“La Cina sta chiaramente mirando a un atto di bilanciamento: non incolpare la Russia, ma allo stesso tempo cercare di lavorare con l’Occidente. Anche se la Cina vede le relazioni con gli Stati Uniti come una causa persa, vuole comunque mantenere l’Europa come una forza amica. Questo è il dilemma per Pechino”
Ai microfoni di Repubblica l’esperta dice anche che:
“Se l’Ucraina risulta essere un’opportunità per la Cina per far leva sugli Stati Uniti e forzarli a una certa cooperazione, Pechino ci salterà su. Questo non significa che la Cina abbandonerà la Russia. Ma significa che se gli Stati Uniti sono disposti a ricambiare alcune richieste cinesi, l’interesse di Pechino nel mettere più pressione sulla Russia aumenterà esponenzialmente”.
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Le intenzioni di Washington
Dopo l’incontro arriva solo una nota della Casa Bianca, uno stringato comunicato dove viene rimarcata l’importanza di «mantenere aperte le linee di comunicazione» e qualche parola del portavoce del dipartimento di Stato americano, Ned Price.
A suo dire, qualsiasi tipo di supporto, sia economico che militare della Cina nei confronti di Mosca porterebbe a delle “implicazioni” che ovviamente per l’amministrazione Biden si traducono in sanzioni.
Non è la prima volta che questa minaccia viene avanzata, già la scorsa settimana Washington si diceva pronta intervenire nel caso in cui la Cina violi le sanzioni imposte alla Russia. Sempre Pierce ha detto però che neanche la neutralità è sufficiente e che anzi «la Cina potrebbe fare più di altri nell’aiutare a mettere fine alla guerra».
Se però fossero gli Stati Uniti a chiedere un aiuto specifico secondo Yun Sun «la Cina si aspetterà un qualche tipo di reciprocità» su altri temi caldi oggi sul tavolo delle trattative tra le due superpotenze. Non certo una posizione subalterna come potrebbe sembrare a una prima lettura.
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