Negli USA la pandemia ha portato anche l’aumento delle migrazioni da Stato a Stato. Il Federalismo e le diverse regole hanno creato flussi migratori verso luoghi con minori restrizioni.
La crisi del Covid è ancora in pieno svolgimento, e a fare notizia - e allarme - sono ovviamente i recenti picchi dei contagiati attribuiti alla variante Omicron, e il numero dei morti, sempre troppi ma molto meno che nel 2020 grazie all’efficacia dei vaccini.
Si parla molto meno del coronavirus, o meglio della sua gestione da parte delle autorità politiche e sanitarie quale fattore di migrazione domestica interna. Da una parte la possibilità di lavorare da casa ha inciso sulle abitudini di tanta gente, spingendola dai centri delle città ai sobborghi in cerca di migliore vivibilità. Questa corrente ha avuto nel corso del 2020 sensibili ripercussioni sul mercato degli affitti e degli acquisti di case periferiche, ed è stato un fenomeno non solo statunitense.
Squisitamente americano, invece, è stato il peso dei lockdown nel convincere tanti a cambiare aria, e residenza fissa: il federalismo ha consentito infatti ai governatori di dare risposte diverse alle questioni cruciali delle lezioni in presenza nelle scuole, delle aperture dei centri commerciali, delle palestre, dei ristoranti e dei bar, fino alle imposizioni più o meno rigide delle mascherine.
Così, a rafforzare i trend degli spostamenti dei residenti da Stato a Stato, già in essere da tempo, per esempio, per pagare meno tasse, hanno di sicuro contribuito le politiche più attraenti, in quanto rispettose delle libertà personali, di studio e di lavoro, dei governatori Repubblicani.
In senso opposto, le manovre più restrittive, punitive e allarmiste dei governatori Democratici hanno favorito gli esodi. Sono le stime dell’Ufficio del Censo dal primo luglio del 2020 al primo luglio del 2021 a raccontare con i numeri la storia dei declini delle popolazioni degli Stati cosiddetti “blu”, controllati dal partito di Joe Biden, e dei corrispondenti incrementi degli Stati “rossi’, guidati dal GOP.
I tre Stati da cui l’esodo è risultato più massiccio sono l’Illinois, la California e New York.
L’Illinois, tra la primavera del 2020 e l’estate dell’anno scorso, ha assistito a un calo della popolazione di 141.039 persone, dovuto al saldo netto negativo, tra addii e nuovi arrivi, di 151.512 cittadini. La California ha perso 300.387 abitanti, in presenza di un saldo negativo netto, tra chi se ne è andato e chi è arrivato, pari a 406.257 unità. Lo Stato di New York è quello che ha perso di più, rimpicciolendosi di 365.336 persone per aver subito un flusso netto di abbandoni pari a 406.257 residenti.
Sull’altro versante, i due Stati nettamente e prevedibilmente vincitori nell’attirare nuova popolazione sono stati il Texas e la Florida, repubblicani. Il primo ha aggiunto 382.436 residenti, di cui 211.289 provenienti da altri Stati. La Florida di Ron De Santis, sicuramente il governatore più esposto nella polemica - e nelle misure amministrative - contro i mandati a vaccinarsi, i divieti alle aperture dei locali e delle scuole e gli obblighi delle mascherine caldeggiati dal consigliere di Biden sul Covid, Anthony Fauci, conta 242.941 nuovi residenti. Il risultato è stato raggiunto grazie ai 263.958 che si sono trasferiti nello Stato di Miami, in gran numero da New York, e malgrado la popolazione media più anziana registri più morti di vecchiaia che altrove.
Il Wall Street Journal, presentando i dati in un editoriale del 29 dicembre, correttamente ricorda che la migrazione della gente dagli Stati liberal e più tassati a quelli, soprattutto nel sud degli USA, che hanno una mano fiscale e regolatoria del business meno pesante, o che addirittura non fanno pagare la tassa statale sui redditi, non è cominciata con il Covid. Innegabile, però, che nei mesi dallo scoppio del virus all’estate del 2021, la tendenza abbia preso velocità, spinta dai cittadini in fuga dalle scuole e dai business chiusi. Il flusso netto di migranti dalla California è infatti balzato del 75% dal primo luglio 2020 al primo luglio 2021, se confrontato allo stesso periodo tra il 2018 e il 2019.
Il tasso che misura la tendenza alla migrazione in uscita da New York è raddoppiato, mentre in Texas il tasso dell’incremento dei nuovi residenti è cresciuto del 40%, e in Florida di oltre il 50%.
Una eccezione nel quadro generale degli Stati blu in calo di popolazione è il Connecticut. Dal 2011, il 2021 è il primo anno in cui viene registrato un saldo netto positivo di migranti in ingresso. E non per caso.
È vero che il piccolo Stato vicino a New York City è diventato meta di tanti manager del settore finanziario che avevano dovuto lavorare fuori ufficio, ma senza dubbio l’impegno del governatore democratico Ned Lamont nel tenere aperte le scuole e nell’imporre minori restrizioni rispetto al collega di New York, Andrew Cuomo, ha favorito la migrazione stabile di tante famiglie nel proprio Stato. Cuomo, che il 10 agosto si è dovuto dimettere travolto da uno scandalo sessuale, era riuscito a fare il contrario: ha accoppiato una politica di forti aumenti fiscali (portando dal 12,7% al 14,8% l’aliquota massima della tassazione statale per i milionari, convincendone un buon numero a riparare in Florida o in Texas) a misure nelle scuole pubbliche dello Stato punitive verso gli studenti e protettive del corpo insegnante che preferiva, e imponeva, il lavoro da casa.
A conferma della ostilità crescente delle famiglie verso le lezioni da remoto, Rational Ground, ( info@rationalground.com) sito indipendente che analizza i dati e i comportamenti legati al Covid degli americani, ha calcolato che i 25 Stati con il maggior numero di scuole che facevano lezioni in presenza durante l’anno scolastico 2020-2021 hanno, complessivamente, guadagnato oltre 822mila residenti attirandoli dall’altra metà del Paese. La correlazione è chiara, conclude il Wall Street Journal.
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