Così il Covid ha sfavorito le donne sul lavoro

Giorgia Bonamoneta

19 Gennaio 2022 - 23:18

L’impatto negativo del Covid-19 sul mercato del lavoro ha raggiunto in particolare le donne. La categoria più colpita è quella delle giovani donne. I dati sulla disparità di genere sono drammatici.

Così il Covid ha sfavorito le donne sul lavoro

Le conseguenza della pandemia di coronavirus sono tante e diversificate. Nel mondo del lavoro l’impatto negativo maggiore è stato visto per le categorie delle donne e dei giovani, le due categorie più fragili del mercato del lavoro.

Non solo è difficile l’ingresso nel mondo del lavoro, in particolare per le donne che si ritrovano a svolgere anche lavori di cura di bambini e anziani in casa; ma contestualmente alla pandemia le unità di lavoro perse sono risultate in grande maggioranza donne. Solo nel 2020 su 101 mila posti di lavoro persi, 99 mila erano donne.

La disparità di genere, non solo lavorativa, continua a crescere. Lo scorso anno ha fatto discutere la dichiarazione per la quale ci sarebbero voluti 99,5 anni per raggiungere l’uguaglianza; un anno dopo lo studio è stato aggiornato: ci vorranno 136 anni per eliminare la disparità tra uomo e donna. La pandemia non ha solamente sfavorito le donne, le ha costrette a fare degli involontari passi indietro.

Covid e occupazione femminile: dati drammatici

Gli effetti della pandemia sull’occupazione femminile e la parità di genere sono “drammatici”, a dirlo è Maria Cecilia Guerra, sottosegretaria all’Economia (Leu). Dallo scoppio della pandemia i dati sono andati peggiorando. Dopo un timido passo oltre la soglia del 50% delle donne occupate nel mondo del lavoro (dato del 2019) il tasso di occupazione è nuovamente sceso al 49%, contro una media europea del 62,7%.

L’impatto della pandemia è stato particolarmente negativo sulle donne: si è tradotto non solo in una significativa perdita di posti di lavoro in settori dominati dalla presenza femminile - ha detto ancora Guerra - ma anche in condizioni di lavoro peggiori, in un’accresciuta fragilità economica e in un conflitto vita-lavoro ancora più aspro del passato”.

Le donne pagano un prezzo più alto e lo fanno sia come donne che come madri. Basti pensare al numero di lavoratrici passate da contratti full time a part time. La riduzione dell’orario non è voluta e in Italia è una condizione normalizzata, tanto che il 61,2% delle donne ha un contratto di questo tipo, rispetto alla media europea del 21,6%. L’instabilità e la non indipendenza economica rendono il quadro della condizione femminile ancora più asfissiante.

Donne e giovani: categorie fragili e poco considerate

Donne e giovani sono le categorie più fragili, quelle la cui condizione nel mercato del lavoro non sono neanche prese in considerazione. Basti pensare che solo lo 0,56% del bilancio dello Stato è speso per ridurre le disuguaglianze di genere. Seppur in crescita dello 0,30% (2019) rappresenta ancora soltanto 5,5 miliardi della spesa totale del bilancio italiano.

Il numero di donne che non studiano, non lavorano e non si formano è salito dal 27,9% al 29,3%, mentre la media europea è del 18%. Questi dati rappresentano bene il divario, presente fin dall’età scolastica, tra le possibilità di occupazione. Nel 2020 le donne tra i 15 e i 34 anni occupate erano il 33,5% (-2,4% rispetto al 2019). Per le donne tra i 35 e i 44 anni (61,7%) e tra i 45 e i 54 anni (61,8%) la riduzione, rispetto al 2019 è pari allo 0,7%.

Unendo queste informazioni, la categoria è quella delle giovani donne con figli, che è stata costretta non solo al part time, ma anche ai congedi Covid (79%), contro un appena 21% dei padri. Un dato positivo si può provare a estrapolare. Il carico di lavoro domestico e di cura grava per il 62,8% sulle spalle delle donne, ma almeno la quota gestita dagli uomini è cresciuta di 9,1 punti in dieci anni (2011-2020).

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# Donne

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